Ieri ad Ankara si è tenuto il vertice dei presidenti di Turchia, Russia e Iran per discutere sulla situazione della guerra in Siria. Erdogan, Putin e Rohani si sono impegnati, con una dichiarazione congiunta, a cooperare per ottenere un “cessate il fuoco sostenibile in Siria”.
Il vertice è stato preceduto, il 3 aprile, da un incontro bilaterale tra Erdogan e Putin, nel quale si è parlato soprattutto di forniture di armamenti, in particolare, del possibile acquisto di sistemi di difesa aerea russi S-400 da parte del governo turco.
Nel teatro di guerra siriano la Russia e l’Iran si trovano schierate dalla stessa parte, schierati apertamente al fianco del governo di Assad, il quale è invece fortemente osteggiato dalla Turchia, che ha scatenato una offensiva militare nel nord della Siria con il pretesto di combattere i guerriglieri kurdi.
Russia, Iran e Turchia sono inoltre gli sponsor dei negoziati di pace ad Astana (Kazachistan) tra il governo siriano e alcune delle organizzazioni ribelli.
Nella nota congiunta, i presidenti “hanno sottolineato il loro forte e continuo impegno nei confronti della sovranità, dell’indipendenza, dell’unità e dell’integrità territoriale della Siria”. “Nessuna delle azioni, indipendentemente da chi siano state intraprese, dovrebbe minare questi principi”.
I rappresentanti di Ankara, Mosca e Teheran, inoltre, “hanno espresso la loro determinazione a schierarsi contro i programmi separatisti volti a minare la sovranità e integrità territoriale della Siria, nonché la sicurezza nazionale dei paesi vicini”. Il prossimo vertice tra Russia, Iran e Turchia, è stata programmato il 14 e il 15 maggio.
In conferenza stampa il presidente iraniano Hassan Rohani è stato sferzante verso gli Usa, affermando che: “Gli americani cambiano idea ogni giorno e non sono affidabili. Vogliono soldi dai governi arabi nella regione per restare in Siria” ha denunciato Rohani, rispondendo alla domanda di un giornalista sull’annuncio di Donald Trump di un possibile prossimo disimpegno Usa dalla Siria, un disimpegno confermato poche ore dopo l’annuncio dalla stessa Casa Bianca.
Rohani è tornato a criticare Stati Uniti e Israele denunciandone le “ingerenze” in Siria. “Gli americani sono contrari al fatto che il governo siriano ristabilisca la sua autorità su tutto il Paese – ha detto Rohani – Pensano persino a una spartizione”.
Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, a margine di un incontro con i leader dei Paesi baltici, ha detto che è tempo di lasciare la Siria e di riportare le truppe Usa a casa, ma nella stessa giornata ha avuto un lungo colloquio telefonico con il re saudita Salman Al Saud in cui si è parlato anche degli sforzi comuni in Siria.
Sul fronte di guerra, nell’ultimo mese le due principali novità sono stati l’offensiva del governo di Damasco sull’enclave jihadista della Ghouta orientale e la conquista della città curda di Afrin da parte dell’esercito turco. Nella Goutha, dopo oltre un mese di durissimo assedio, le forze fedeli al presidente Assad hanno ormai riconquistato l’area. Domenica scorsa gli jihadisti hanno iniziato a lasciare Douma, l’ultima città rimasta sotto il loro controllo. Gli jihadisti del gruppo di Jaish al Islam hanno raggiunto un accordo con Mosca, alleata del presidente Assad.
I miliziani jihadisti e le loro famiglie espulsi dalla Goutha si sono diretti a Idlib, la provincia ancora in mano ai miliziani nella Siria nord-occidentale, una delle zone di de-escalation stabilite da Turchia, Russia e Iran durante il processo di pace di Astana.
Nel frattempo l’esercito di Ankara è invece ancora impegnato sul fronte settentrionale. Le truppe turche a gennaio hanno scatenato l’operazione militare “Ramoscello d’ulivo” (sic!) per sottrarre ai curdi i territori più vicini al confine con la Turchia e, in particolare, alle milizie dell’Ypg, le Unità di protezione popolare curde che Erdogan considera un’organizzazione terroristica.
Il 18 marzo 2018 le forze armate della Turchia, affiancate dai miliziani dell’Esercito Siriano Libero, hanno annunciato la conquista della città di Afrin, a nord di Aleppo.
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