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Il Donbass sempre sotto le bombe ucraine

Sta proseguendo oramai da tempo il martellamento delle città del Donbass da parte delle truppe ucraine. Al cessate il fuoco ”della mietitura”, è seguito (formalmente è tuttora in corso) quello “della scuola”, in attesa dell’inizio dell’anno scolastico, il prossimo 1 settembre. Nonostante ciò, Kiev non ha mai osservato né la prima né la seconda tregua. I centri colpiti più pesantemente e con più insistenza sono quelli lungo la direttrice che unisce i capoluoghi delle due Repubbliche popolari, Donetsk e Lugansk.

Già dalle prime luci dell’alba di martedì, la 72° brigata delle truppe ucraine, con mortai e artiglierie da 152 mm, ha ripreso il bombardamento su Gorlovka, una delle cittadine più martoriate (oltre 200 civili morti e quattromila tra edifici e strutture distrutti in 4 anni di guerra) sin dall’inizio dell’aggressione ucraina. Per ribadire il carattere terroristico dell’azione golpista, si colpiscono spesso gli impianti di filtraggio dell’acqua potabile, le condutture del gas e dell’energia elettrica. I

eri, il fuoco ucraino si era concentrato sull’area meridionale della DNR. Nei giorni immediatamente precedenti, sul fronte della Repubblica di Donetsk era stata presa particolarmente di mira la linea delle aree minerarie di Donetsk e Gorlovka e, all’estremo sud della Repubblica, l’area dei villaggi di Kominternovo e Bezymennoe; colpiti anche i villaggi di Trudovskie e Aleksandrovka.

Nella LNR, colpiti soprattutto i villaggi di Želobok, Logvinovo e Pankovka, con l’uso di lanciagranate automatici pesanti, mortai da 82 mm e armamenti dei veicoli blindati. Come per il passato, nonostante le “assicurazioni” della junta di ritirare dal fronte le formazioni neonaziste, risultano ancora attivi reparti di vari battaglioni, tra cui “Ajdar” e “Lugansk”.

Sul fronte interno ucraino, quelle stesse formazioni nazionalistiche e apertamente neonaziste minacciano la popolazione ucraina di andare incontro “alla stessa sorte del Donbass”, se non faranno “le scelte giuste”. Se uno non “capisce il prezzo che sta pagando la terra” ha dichiarato al canale tv ZIK il capobanda del “Esercito volontario ucraino” Andrej Červen; “se uno non impara la lingua ucraina, se non stima la nostra storia e la nostra scelta attuale, allora non c’è posto per lui in mezzo a noi. Ce ne sono in gran quantità di persone così. Che queste persone di Kiev, Kharkov, Odessa guardino il prezzo dell’ignoranza, della scelta sbagliata che stanno pagando gli abitanti di Donetsk e Lugansk”. Per di più, ha detto Červen, “in Donbass potrebbe esserci ancora un piccolo numero di patrioti, che reputano quello ucraino il popolo scelto; il destino degli altri mi è indifferente: li ritengo potenziali nemici, separatisti, collaborazionisti” di Mosca.

Per tutti loro, per “separatisti e collaborazionisti”, per continuare la guerra, il Segretario del Consiglio di sicurezza Aleksandr Turčinov ha annunciato che, a fronte di un budget complessivo statale per il 2019 di 3,9 trilioni di grivne, il bilancio militare aumenterà di 2,5 volte, dovendo raggiungere il 5% del PIL e passerà dunque dagli attuali 83 a 200 miliardi di grivne. Nessun problema, se, d’altra parte, in compenso mancano 7 miliardi di grivne (casualmente, lo scorso 1 agosto, il Congresso USA ha destinato 250 milioni di dollari – 7 miliardi di grivne, per l’appunto – per aiuti militari all’Ucraina) per garantire sussidi sociali fino alla fine dell’anno.

Il Ministro per le politiche sociali Andrej Reva ha detto che dei 71 miliardi stanziati, già ora ne sono stati spesi 55 e la fine dell’anno è ancora lontana, tanto più che la Banca centrale prevede un aumento del 25% su tariffe per gas e servizi domestici; non potendo pronunciare la formula liturgica del “ce lo chiede l’Europa”, Reva avrà certamente fatto perno sul più diretto “ce lo impone il FMI”.

E mentre a Piter, qualche capannello di “dissidenza intellettuale” russa prende le difese della junta ucraina e invoca “il pentimento della Russia”, il golpista numero uno chiede a UE e NATO di farsi carico della ricostruzione del Donbass. “Faremo in modo che ogni paese dell’Unione europea si assuma la responsabilità del ripristino di una concreta cittadina del Donbass, nelle regioni di Donetsk e Lugansk”, ha dichiarato Petro Porošenko due giorni fa, in occasione dell’inaugurazione del gasdotto ad alta pressione di Avdeevka, sotto controllo golpista.

Ovviamente, Petro si riferisce a quella parte del Donbass occupata da esercito e battaglioni neonazisti (e a cui la UE, in aggiunta ai miliardi già elargiti con le più escogitate “finalità”, dovrebbe destinare ulteriori 50 milioni di euro, per il recupero di abitazioni, infrastrutture, strade, scuole, ospedali, impianti sportivi, ecc.) e in cui si erano recati domenica scorsa il ministro degli esteri Pavel Klimkin e un’ottantina di ambasciatori ucraini che dovranno portare il verbo golpista in giro per il mondo.

Porošenko ha proposto, ad esempio, alla Germania, di occuparsi del “patronato” di Kramatorsk, alla Gran Bretagna, di Volnovakha, alla Grecia, di Mariupol, ecc. Per la cittadina di Avdeevka, Pavel Klimkin ha proposto la stessa idea alla Lituania, da tempo partner “privilegiato” di Kiev per l’addestramento di cecchini che sparano sulle milizie e sui civili delle Repubbliche popolari.

Che dire: pare questa una ghiotta occasione, per i Pittella e le Boldrini italici, di rivendicare la propria primogenitura nel “patronato” della junta golpista.

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