Nel giorno del 14° anniversario della fondazione dell’ALBA, a Catania, al CSP Graziella Giuffrida, si è tenuto un incontro con il compagno Luciano Vasapollo della Rete dei Comunisti su “Aggressione imperialista e resistenza in America Latina”.
La serata, che si inquadrava all’interno di un ciclo di incontri sull’“Imperialismo oggi”, si è sviluppata a partire da alcune riflessioni sul libro “Soldati delle idee. Allerta che cammina! La scuola di Fidel e del Che per l’America Latina”, scritto a più mani da compagni cubani, quali Efrain Echevarria, Gerardo Hernande e Ramon Labañino (due de “los cinco” cubani arrestasti per 15 anni negli Usa), e da compagni italiani (Rita Martufi e lo stesso Luciano Vasapollo).
Le domande e le questioni intorno alle quali si è snodata la discussione erano le seguenti: la guerra economica è un aspetto dell’imperialismo odierno? Che rapporto c’è tra recrudescenza dell’aggressione imperialista in America Latina e la crisi sistemica del capitale? Quali sono le forme di resistenza messe in atto nei paesi dell’America Latina che maggiormente si sono caratterizzati per il loro carattere antimperialista? Che rapporto c’è tra economia pianificata e integrazione economica complementare, solidale e socialista messa in atto dall’ALBA? Dato il livello di integrazione e competizione economica globale, è possibile immaginare vie al socialismo senza immaginare contestualmente e contemporaneamente forme di relazioni economiche tra paesi che si sottraggono al giogo imperialista e capitalista?
La lunga chiacchierata con Luciano ha ricostruito la genesi del continente ribelle, partendo dalla rivoluzione cubana, dai primi esperimenti di Fidel e Guevara, andando più indietro a rintracciare le radici martiane e poi bolivariane di un’idea di continente indipendente dall’imperialismo, popolare e solidale, prima ancora che essere socialista, per giungere all’oggi dell’esperienza dell’ALBA. Un’antica matrice continentale e un’antica necessità all’integrazione ha animato, al fondo, l’esperienza cubana, quella venezuelana o quella boliviana, ancora oggi vive a livello popolare.
In questa ricostruzione, non può essere dimenticata, senza peccare di unilateralità storica, il peso di esperienze peroniste di governo come quella argentina della Kirchner o quella progressista del Brasile di Lula e Dilma, le quali hanno avuto un ruolo politico ed economico nel creare un’area economica e politica indipendente dall’imperialismo statunitense.
La transizione al socialismo (dunque non già il socialismo stesso) passa attraverso questi processi di liberazione dal giogo imperialista, che può anche basarsi su movimenti elettoralisti. Questo è, ovviamente, un primo livello, la cui velocità non dipenderà tanto, o soltanto, dallo strumento prescelto (la via elettoralista o la via armata), ma anche dai rapporti di forza esistenti a livello mondiale.
E oggi, data la crisi sistemica, i rapporti di forza sono tali che la competizione globale, o meglio, la competizione inter-imperialistica, ha reso necessaria un’accelerazione nel processo di aggressione imperialista: non si capirebbe tutta la guerra economica messa in atto nel continente, una guerra che è anche monetaria, finanziaria (l’Italia ne ha avuto un piccolo assaggio al tempo di Berlusconi) e non ultimo anche militare (come nel caso delle “rivolte” venezuelane, dove sono morti diverse centinaia di persone a opera di movimenti controrivoluzionari).
L’imperialismo non si caratterizza solo per il suo lato militare, ma ha una radice prima di tutto economica, tutta capitalista, dimenticando la quale non distingueremmo il nuovo dal vecchio imperialismo colonialista cinque-seicentesco. Non capiremmo, soprattutto, l’attuale situazione mondiale, e la tendenza alla guerra in atto, dove gli USA stanno perdendo sempre più terreno e capacità egemonica e si trovano affiancati da potenze (imperialiste e non, come la UE, la Russia e la Cina) che cercano di smarcarsi dall’egemonia economica, politica e militare “americana”.
Per inquadrare il livello dello scontro in atto, occorre dismettere le lenti della critica da social forum alla globalizzazione neoliberista e andare a utilizzare strumenti interpretativi che non sono facili da usare e che spesso anche i compagni non sanno maneggiare: ci si riferisce alle categorie interpretative utili a leggere le dinamiche del commercio internazionale, delle politiche delle relazioni internazionali e delle politiche monetarie (quest’ultime strettamente connesse alle prime due).
È con queste armi che si combatte la guerra economica dell’imperialismo odierno. Conoscerne il funzionamento, per i marxisti e i comunisti, significa attrezzarsi quanto meno a capire il quadro mondiale entro cui si è obbligati a muoversi. Ma significa anche capire il significato delle esperienze dei paesi dell’ALBA.
In questo senso, il libro “Soldati delle idee”, nella sua doppia versione, italiana e spagnola, riveste il ruolo di proposta politica innanzi tutto per il “continente ribelle”, ma non solo; per attuare al meglio forme di integrazione economica come quelle dell’ALBA occorrono due strumenti: la proprietà sociale dei mezzi di produzione e la pianificazione socialista.
Sono dunque questi i livelli che si intrecciano nel libro e nella proposta politica antimperialista e anticapitalista: proprietà sociale dei mezzi di produzione, pianificazione in senso socialista e integrazione economica internazionale. Questi tre strumenti o piani di intervento, occorre ricordarlo, non hanno un significato a se stante, non sono garanti di per se stessi della bontà dell’esperienza socialista o di transizione al socialismo. Sono “soltanto” le condizioni necessarie, il cui uso va visto sempre all’interno dello scontro di classe in atto a livello mondiale. Un conto è progettare la pianificazione socialista in una situazione di calma internazionale, un’altra in un quadro aggressivo economico e militare come quello odierno.
Ogni esperienza di transizione socialista si rinforza se nel mondo esistono altre esperienze simili o forme di appoggio internazionale. È per questo che, come Rete dei comunisti, portiamo avanti da tempo, in Italia e nel sud dell’Europa, la proposta dell’ALBA euro-afro-mediterranea, che mette assieme i paesi PIGS e alcuni paesi africani dell’altra sponda del Mediterraneo, per creare forme di integrazione economica complementare (al di fuori della logica del valore), popolare e solidale.
Non si esce dal proprio imperialismo che assieme ad altri, anche se si possono certamente avviare processi di rottura a casa propria che aprano la strada a nuove forme di aggregazioni e di sovranità economica sovranazionali (è antistorico infatti pensare che si possa tornare al livello delle economie nazionali), fuori dalla dimensione del mercato capitalistico e della legge del valore.
Ma questo non si può fare senza un forte radicamento popolare che possa, non solo fomentare la rottura, ma anche sostenere l’urto conseguente della reazione internazionale che l’imperialismo è sempre pronto a scatenare.
Infatti, un’ALBA simile non metterebbe in discussione solo la UE, ma anche la stessa potenza statunitense, che si troverebbe nel Mediterraneo un’area economica e politica in grado di minare il suo dominio con relazioni economiche e politiche incentrati su altri principi.
Si troverebbe un’altra relazione con i paesi africani (contro i quali la guerra economica è continua e silenziosa), si troverebbe un mare e una terra al di fuori del suo controllo militare: chi lotta contro la militarizzazione dei territori e le basi americane, deve sapere che la sua lotta non può che mirare a questo, lasciando perdere le chiacchiere di chi sostiene che indebolire l’Unione Europea significa rafforzare gli Stati Uniti.
Il modello di lotta di classe e internazionalista che ci proviene dall’esperienza dell’ALBA apre varchi di speranza nel futuro e nell’immediato presente se, e solo se, si è in disposti ad uscire da visioni occidentalo-centriche e ci si ponga al livello della solidarietà di classe internazionalista.
*Rete dei Comunisti
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