Mentre arriva in Italia Vladimir Putin, continuano a tener campo in Russia le sue parole nell’intervista concessa al Financial Times alla vigilia del G20 a Osaka, in cui ha dichiarato che in Russia non ci sono oligarchi, ma solo grosse compagnie e tra esse non ce ne sono che beneficino di particolari facilitazioni grazie alla loro “vicinanza” al potere.
A proposito di tale dichiarazione, il portavoce presidenziale Dmitrij Peskov ha poi puntualizzato che Putin si sente vicino al liberalismo, ed è molto più liberale di coloro che tali si definiscono e che si qualificano come “oppositori”.
Allo stesso tempo, a detta di Peskov, il Presidente ritiene che l’idea liberale abbia fatto il suo tempo e non ne condivide l’aggressività e la smania di dominio su tutte le altre visioni del mondo. Proprio per questo, ha affermato il portavoce, Putin ritiene che l’idea liberale si sia definitivamente screditata.
Dunque: Putin è, o si sente, liberale; oppure no? La risposta non è semplice.
Da parte sua, proprio a proposito della “vicinanza al potere”, il leader del PCFR, Gennadij Zjuganov, da tempo mette in guardia dalle minacce – da un lato – di un’unione tra oligarchi, fautori del nazionalista Vladimir Žirinovskij, con il loro antisovietismo, e sostenitori russofobi di Aleksej Navalnyj, dall’altro.
Più specificamente, sul tema dell’intervista di Putin al Financial Times, il politologo e membro del presidium del PCFR, Sergej Obukhov, ha detto che se questa si considera come una dichiarazione programmatica, allora sembra che nell’élite di potere i “fluidi” della perestrojka possano coesistere con un piano “anti-perestrojka”.
Questa è un’intervista molto diversa da altre, afferma Obukhov: sembra che Putin lanci una sfida alle “vacche sacre” dell’epoca del globalismo e del liberalismo. Pensavamo che l’intervista “anti-liberale” di Putin fosse una sfida diretta alla “lobby democratica” e al progetto di globalismo, scrive il dirigente del PCFR; il messaggio “anti-liberale” è comunque un indicatore di alcuni cambiamenti.
Ma ecco la spiegazione del suo portavoce: “Le idee di Putin, come per il passato, sono vicine al liberalismo”! Così che siamo qui a interrogarci “sulla dichiarazione di Putin e sulla sua confutazione da parte di Peskov. Di che si tratta: “sdoppiamento” politico? Oppure “sdoppiamento” e lotta di clan?”.
Di fatto, sempre più biznessmeny portano all’estero le proprie “risorse finanziarie; sorge dunque la domanda su cosa ci attenda: piena rivincita liberale o tentativo di attuare un preciso progetto “senza il dollaro”? Oppure, è tutta una sorta di manovre diversive, mentre il sistema sta cercando di arrivare a una “transizione” senza shock?“.
Più prosaicamente, ROTFront scrive che il Ministro delle finanze, Anton Siluanov, ha esortato a prestare aiuto ai biznessmeny, a proteggerli, curarli e coccolarli, perché sono loro che investono risorse nell’economia russa, rischiando i propri patrimoni. Siluanov non ha detto nulla di nuovo, chiosa ROTFront; ha solo “ripetuto gli slogan preferiti dei liberali, dei “nobili” biznessmeny che “rischiano” risorse; risorse che però non sono state guadagnate da loro, ma sono soldi per il lavoro non pagato degli operai”. Tanto più che in Russia il business gode di “condizioni particolarmente favorevoli.
La legislazione lede in modo significativo i diritti dei lavoratori: proibisce praticamente gli scioperi, dà la possibilità di non indicizzare i salari, e così via. Anche la legislazione fiscale è favorevole al business: nella migliore delle ipotesi, le imprese pagano il 13%, mentre i lavoratori salariati pagano fino al 50% di tasse. Quindi di quale ulteriore supporto al business si può parlare? Se qualcuno ha bisogno di essere sostenuto, sono i lavoratori che hanno una paga da mendicanti nel presente e pensioni ancora più misere per il futuro: ovviamente, se ci arrivano”.
Quello del liberalismo è dunque il tema del giorno in Russia; o anche al di fuori dei suoi confini.
Lucy Dickerson (nata Ljusinè Avetjan; da tempo cittadina britannica, si definisce “armena russa” e considera propria patria l’URSS) afferma che l’odierno liberale russo è un “semplice chiacchierone ignorante, indottrinato e poco istruito: stupidità e magniloquenza sullo sfondo di una formazione mediocre e molto superficiale, sono questi i caratteri distintivi del iliberale’ professionale russo”.
E continua. “Non dirò nulla di quanto sia totalitaria l’idea liberale in sé e l’idea liberale nell’applicazione moderna, che non lascia spazio di manovra nella sua realizzazione… I bolscevichi potrebbero solo sognare il totalitarismo e il dogmatismo dei liberali”. Basta anche solo “confrontare le vittime delle ‘terribili’ repressioni staliniane, che, tra il 1928 e il 1953, sono state circa ottocentomila – molte, ovviamente – con le vittime del moderno liberalismo russo, che per il solo ‘sacro’ decennio degli anni ’90, sono ammontate a sette-otto milioni di persone; quel liberalismo che ora sta di nuovo affondando la Russia nel precipizio demografico”.
Un punto dolente, questo. Rambler.ru, mentre riporta le parole della vicepremier Tatjana Golikova, secondo cui la Russia sta perdendo “popolazione in misura catastrofica: il saldo negativo per i primi quattro mesi del 2019 è stato di 149 mila persone”, cita anche i sarcastici commenti su twitter a tale situazione.
Si ironizza con “E’ la popolazione stessa da biasimare: moriamo in modo non pianificato, in violazione di leggi, norme e regole“, scrive @Alpetrovich. “Medvedev ha detto che il numero dei poveri in Russia sarà ridotto di 2 volte entro il 2024. Tutto sta andando secondo i piani“, aggiunge @Andrew_Samara. E ancora: “Hanno aumentato l’IVA, l’età della pensione, le tariffe municipali, i prodotti alimentari, la benzina per la popolazione, e gli stipendi di 2-3 milioni per sé, ma la popolazione, ‘ingrata’, non ne vuol sapere di riprodursi!“, scrive @Kirk_SAT.
“Hanno semplicemente calcolato male. Ora calcoleranno correttamente e ci sarà una crescita della popolazione“, aggiunge @Vmoyscha, sul modello di quanto accaduto poche settimane fa col rating di Putin rilevato dall’ufficiale VTsIOM. “Droghe, ubriachezza, fumo, malnutrizione, prodotti scadenti con emulsionanti e conservanti nocivi che causano nuove malattie, parassiti, infezioni e batteri“, scrive già più seriamente @ jannaramazanov1.
Poi l’affondo: “Putin è una roccaforte del liberalismo”, scrive Leonid Tjutjunnikov su Facesbook; “il signor Putin è il principale liberale! Dal punto di vista economico, il liberale è sostenitore del capitalismo e della proprietà privata; dell’intervento statale minimo nella gestione economica; dell’integrazione nel mercato globale; dei meccanismi di mercato e della regolamentazione del mercato“.
Ed ecco, dal discorso di Putin all’Assemblea federale: “Sono convinto che la libertà economica, la proprietà privata e la concorrenza, una moderna economia di mercato e non il capitalismo di stato debbano essere al centro del nuovo modello di crescita …”. E il suo portavoce Dmitrij Peskov, alla rivista Itogi: “Putin è un liberale non a parole, ma nei fatti, sia in economia che in altre sfere”. Di sicuro, ancora poco per tutti coloro che oggi, a Roma, c’è da scommetterci, lo accuseranno di “dittatura”.
Dittatura liberale.
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