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I comunisti del Donbass lottano per il potere sovietico

Tra i partiti e le organizzazioni comuniste che lo scorso giugno hanno partecipato a Mosca alla Conferenza internazionale su “I 100 anni del Komintern”, organizzata dal Partito Comunista Operaio Russo-Partito Comunista dell’Unione Sovietica (RKRP-KPSS), c’era anche il rappresentante del Partito comunista operaio della Repubblica popolare di Lugansk, il quale, tra le altre cose, ha accennato anche alla situazione non facile dei comunisti, di fronte a un progressivo recupero di potere da parte di rappresentanti della vecchia oligarchia.

Di alcuni problemi che affiorano nelle Repubbliche popolari, aveva parlato di recente anche l’ex speaker del Parlamento della DNR, Andrej Purghin, che, pur non toccando le questioni del conflitto sociale interno alle Repubbliche, aveva evidenziato varie situazioni di “regresso”, che non vanno nella direzione auspicata cinque anni fa dalla popolazione del Donbass.

“Discutiamo delle elezioni in Ucraina, della situazione al di là del nostro confine” aveva detto Purghin, “ma non parliamo dei nostri problemi, ad esempio del quinto anno di coprifuoco, esteso a tutte le zone della Repubblica, nonostante questa sia divisa in zone “rosse”, “gialle” e “verdi”; non parliamo della disoccupazione, delle miniere ferme, dei salari non pagati, della giornata di otto ore che è un ricordo, a causa dell’industria pressoché ferma”.

Riguardo alla situazione al fronte: “Discutiamo del fatto se Zelenskij inasprirà o meno gli attacchi, dimenticandoci che non è lui a decidere, ma sono quei “ragazzi” che parlano inglese, dimenticandoci che sono loro e non i comandi ucraini a spiegare ai corrispondenti stranieri cosa faranno o non faranno”, aveva detto, ricordando così il ruolo decisivo dei cosiddetti “istruttori” americani, canadesi, inglesi, ecc. “Ma si tace sui problemi sociali interni… ad esempio, perché nella zona “rossa” si smerci alcol, anche ai minori. Si tace sulla carenza di normali servizi sanitari, sulla pazzesca burocrazia totale, l’irresponsabilità verso la propria popolazione, che diviene schiava dei funzionari, della burocrazia, delle carte”.

Il Partito comunista operaio della Repubblica popolare di Lugansk non è che una delle organizzazini comuniste presenti nella LNR, accanto a quella che, almeno formalmente, appare la più significativa – non foss’altro, per i legami con il PCFR – cioè il Partito Comunista della LNR.

Nell’intervento del rappresentante dei comunisti di Lugansk, non tutto appare condivisibile, anche solo ricordando la responsabilità degli stessi comunisti del Donbass nei rapporti con le milizie popolari, agli inizi della resistenza contro l’aggressione ucraina. Ciononostante, dalle sue parole, è possibile ricavare quantomeno un’impressione generale sulle difficoltà in cui si trovano a operare i comunisti.

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Rapporto del Partito comunista operaio della LNR alla conferenza internazionale “Comintern-100 anni”

Salve, cari compagni, partecipanti all’incontro dei partiti comunisti, sostenitori della rinascita dell’Internazionale Comunista. Prima di tutto, permettete di congratularmi con voi per l’apertura di questo significativo e fondamentale evento di portata mondiale, quali sono i lavori del nostro forum.

E’ necessario rilevare che le sfide politiche dello sviluppo mondiale e la loro direzione negativa per l’intera società, hanno oggettivamente condotto alla necessità di contrapporsi e resistere alla rinascita della peste bruna che, come un’idra, si affaccia di nuovo all’orizzonte dell’Europa.

Sappiamo tutti che la storia è ciclica. Ma nessuno di noi avrebbe potuto immaginare che l’Europa, in gran parte sotto i dettami USA, avrebbe dimenticato quegli orrori e i milioni di vittime causate dal fascismo negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso. Di nuovo, come nel 1935 al VII Congresso del Comintern, noi discuteremo le questioni della contrapposizione e della lotta della comunità mondiale contro il fascismo.

Oggi, noi comunisti, non solo siamo tenuti, ma anche obbligati a reagire alle minacce nello sviluppo degli eventi mondiali. Tuttavia, ciò non deve significare la rinuncia al progressivo sviluppo delle idee comuniste e all’instaurazione di un sistema giusto, caratterizzato dal ruolo decisivo del PROLETARIATO e della sua avanguardia: il partito comunista. Si deve in sostanza tener conto dell’esperienza precedente e degli errori precedentemente commessi. Per questo, dobbiamo ricordare i risultati del VII Congresso del Comintern, in cui furono prese decisioni molto importanti, che si sono rivelate attuali anche oggi.

Il congresso si svolse nel luglio-agosto 1935 e dette al movimento comunista del pianeta un indirizzo antifascista. Fu al VII Congresso del Comintern che si stabilì il corso per la creazione di fronti popolari delle forze antifasciste, fino alla formazione di governi di fronte unico. Questo non costituiva una rinuncia alla natura rivoluzionaria e bolscevica dei partiti comunisti, che in quegli anni erano sezioni del Comintern, non era un’abdicazione alla dottrina marxista-leninista della dittatura del proletariato.

Il 14 giugno 1935, intervenendo alla riunione della commissione preparatoria del VII Congresso del Comintern, il Segretario dell’IKKI Manujlskij dichiarò: “Tutte le nostre direttive erano tali che la socialdemocrazia era il nostro nemico principale… Ignorando la lotta contro il fascismo, avevamo concentrato tutto il fuoco sui socialdemocratici, ritenendo che, lottando contro la socialdemocrazia, con ciò stesso avremmo distrutto il fascismo… Ma il risultato non è stato quello che pensavamo al VI Congresso. A liquidare la socialdemocrazia non sono stati i comunisti, ma i fascisti… Credo che la conclusione sia che la questione della lotta contro il fascismo debba essere posta in un modo un po’ diverso da come l’abbiamo posta sinora”. Le decisioni conclusive del settimo Congresso del Comintern diedero una spinta al consolidamento delle azioni di tutti i partiti comunisti nella lotta di classe e antifascista. Le decisioni assunsero la forma di una guida per l’azione:

1 Creazione di un fronte unico antifascista con la partecipazione di comunisti, socialdemocratici e liberali;

2 Necessità di una lotta comune dei comunisti di tutti i paesi per la sicurezza dell’Unione Sovietica.

Prendiamo pure atto che, per ora, l’Unione Sovietica sia stata rimossa dalla mappa del mondo. Ci sono comunque, anche se al momento non sufficientemente organizzati, individui sovietici. Non è un caso che la congrega liberale della Fondazione “Egor Gajdar” indaghi affannosamente il fenomeno della riproduzione del popolo sovietico 30 anni dopo il crollo dell’URSS. Tra la popolazione di Russia e Donbass, giovani compresi, cresce la simpatia per Stalin e l’URSS, quale futura via di sviluppo.

E, proprio come 84 anni fa, l’imperialismo mondiale cerca di soffocare, distruggere e dividere il paese, annientare il popolo che, a dispetto di tutte le sfide, gli si contrappone e gli impedisce di dominare incontrastato nell’arena mondiale. Vorrei sottolineare l’azione, in questo senso, del RKRP-KPSS, erede conseguente, di principio e degno continuatore della linea leninista-staliniana del Partito bolscevico.

Ma torniamo alla situazione nell’arena mondiale. Come risultato delle decisioni del VII Congresso del Comintern, il movimento comunista mondiale elaborò una degna risposta alla peste bruna, che iniziava a spandersi nel mondo, inghiottendo paesi e continenti. Quella risposta fu la lotta armata contro tale mostro, che assunse la forma della costituzione di brigate internazionali, che apparvero per la prima volta in Spagna. Ad esempio, lo scrittore e pubblicista britannico Eric Arthur Blair, meglio noto al grande pubblico con lo pseudonimo di George Orwell, non solo scrisse la distopia “1984” e “La fattoria degli animali”, ma introdusse anche il termine “guerra fredda”, saldamente inserito nel discorso sociale e politico seconda metà del XX secolo. Ma pochi sanno che c’è anche un’altra pagina nella biografia di Orwell. Riguarda la sua partecipazione come volontario alla guerra civile spagnola dalla parte della Repubblica.

Allora in Spagna c’erano molte migliaia di volontari come Orwell. E andarono in guerra contro il fascismo da tutta Europa e persino dall’America. Erano soprattutto persone di sinistra: socialisti comunisti, anarchici. D’altra parte, c’erano anche liberali di sinistra e persino nazionalisti. Da essi, il governo repubblicano di Madrid formò, secondo il principio nazionale, unità armate dell’esercito repubblicano: le brigate internazionali.

La decisione di formare le brigate internazionali era stata presa dal Comitato Esecutivo del Comintern il 18 settembre 1936. Il primo gruppo di volontari giunse in Spagna il 13 ottobre. Già il 2 ottobre dello stesso anno, il governo repubblicano aveva dichiarato ufficialmente che le Brigate internazionali facevano parte delle proprie forze armate.

Io rappresento la Repubblica popolare di Lugansk, non riconosciuta. Ho preso parte ai combattimenti contro i fascisti saliti al potere in Ucraina. Ha preso parte alle operazioni nell’area Černukhino-Debaltsevo. Ma sono originario di Odessa e ho partecipato agli eventi del campo Kulikovo e alla Casa dei sindacati. Sono stato arrestato e rilasciato nello scambio di prigionieri di guerra del dicembre 2014. Vale a dire: sono testimone dei crimini dei neonazisti a Odessa. E, quindi, per esperienza personale, posso valutare la continuità del movimento internazionale delle Brigate internazionali al momento storico attuale.

Nel nostro battaglione c’erano sette italiani, un finlandese e due francesi. In quale altro modo ciò può essere definito, se non come eredità dei tempi gloriosi della lotta contro il fascismo sui teatri europei negli anni trenta del secolo scorso? Anche oggi ci sono brigate internazionali nelle forze armate di DNR e del LNR. Quale esempio, possiamo citare la brigata “Prizrak” (“Fantasma”) nella LNR, in cui c’era un reparto volontario comunista, la cui forza sostanziale era costituita da una inter-brigata di 30 uomini, essenzialmente serbi, ma anche di altri paesi. Sotto questo rispetto, nella DNR, si distingue particolarmente la cosiddetta “Pjatnaška” (“Macchia”), in cui sono stati presenti polacchi, tedeschi e francesi. Da notare che, contro la “Pjatnaška” i fascisti hanno schierato mercenari polacchi e lituani.

Ma basta con la retorica e passiamo a problemi urgenti. Come vive la nostra organizzazione nelle condizioni e sul territorio della Repubblica popolare di Lugansk? Rispondo apertamente, così come stanno le cose. Da noi, è giunto al potere il capitale oligarchico e, dal momento che ci troviamo nelle condizioni di legge marziale e coprifuoco, vi è divieto di registrazione e di concreta attività di tutti i partiti.

Particolarmente prevenuto è l’atteggiamento nei confronti dei comunisti. Non ci viene negata l’attività: semplicemente, mettono in atto condizioni tali per cui è meglio non fare nulla, piuttosto che cercare di aggirare tutti gli ostacoli che ci vengono frapposti. Nonostante ciò, esistiamo e operiamo ancora.

Nella LNR ci sono grossi problemi finanziari: stipendi e pensioni bassissimi; e noi contiamo sulle quote di partito. I membri della nostra organizzazione che sono inquadrati nella Milizia popolare (le forze armate della LNR) non hanno diritto di professare apertamente le proprie convinzioni. Nel complesso, nella LNR è proibita ogni attività di agit-prop con contenuti diversi dalle posizioni ufficiali del governo.

Si deve riconoscere che il governo ci teme e non ci consente di esprimerci in dialoghi aperti. Non so – e questa non è solo la mia opinione – come potrebbe sussistere la nostra organizzazione se non ci fosse il sostegno del RKRP-KPSS e l’assicurazione, da parte del gruppo di lavoro del CC, delle condizioni per le onorificenze ai combattenti distintisi in battaglia contro il regime fascista ucraino, le decorazioni di combattimento e lo spirito di lotta per il potere sovietico, per il ristabilimento dell’URSS.

Con questo concludo. Grazie per l’attenzione.

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1 Commento


  • Diego

    Chi la letto tutto? P:s se lo avete letto potete riassumerlo?

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