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I comunisti russi: “il sostegno a un qualsiasi gruppo della borghesia equivale alla sconfitta operaia”

Nuove manifestazioni per il 17 agosto a Mosca, dopo quelle dei liberali nei passati fine settimana e in attesa di altri meeting fino alle elezioni amministrative del 8 settembre. Sabato prossimo sono i comunisti del PCFR e altre organizzazioni – Fronte di Sinistra, Unione degli ufficiali sovietici, Komsomol, Partito Comunista Unito, Unione nazionale patriottica, ecc. – a riunirsi sul Prospekt Sakharov, nella parte centro-settentrionale della capitale, “Per elezioni oneste e limpide”.

La municipalità ha però permesso solo il concentramento, vietando il previsto corteo. Vedremo cosa succederà.

Se il pretesto dichiarato per i concentramenti liberali è stata la mancata registrazione di alcuni candidati, in particolare per il voto alla municipalità di Mosca, in questo senso anche il PCFR può accampare diversi motivi per protestare: dal caso della Karačaevo-Čerkesija, un mese fa, a quello della settimana scorsa a Tula (la città industriale metallurgica, un paio di centinaia di km a sud di Mosca, in cui Pietro I vestì i panni da fabbro), allorché quattro candidati del PCFR alla Duma regionale e il loro avvocato sono stati trattenuti per diverse ore dalla polizia; e in precedenza, non erano mancate intimidazioni e aggressioni agli stessi candidati, da parte di esponenti del partito governativo Russia Unita.

A fine luglio, erano state annullate le registrazioni in precedenza accordate a due candidati del PCFR per la Duma di Mosca e davanti alla Commissione elettorale della capitale è tuttora aperto il ricorso di 45 candidati del PCFR. A Vladikavkaz, capitale dell’Osetija del nord-Alanija è stata eliminata l’intera lista del PCFR. Il “filtro municipale” blocca candidature anche alle elezioni regionali: succede nelle regioni di Leningrado, Pskov e di Vologda, in Kalmikija.

Ora, la Commissione senatoriale per la sovranità statale ha in programma di inasprire i regolamenti sulle manifestazioni, in particolare per permetterle solo in ben delimitati “Hyde park” lontani dai luoghi di aggregazione.

Il presidente della Commissione, Andrej Klimov, mentre denuncia interferenze e appoggi esterni (di cui è difficile dubitare) all’opposizione liberale – dalle iniziative lobbistiche yankee, alle campagne di Deutsche Welle, ai milioni raccolti dall’emigrazione “democratica” per sponsorizzare su Euronews le attività di Aleksej Navalnyj – conferma che in effetti è allo studio “la possibilità di obbligare le autorità regionali e municipali a individuare spazi pubblici in cui possano riunirsi, diciamo, 50-100.000 persone. In nessun caso dovremmo permettere di tenere tali eventi di massa in modo incontrollato”.

Invece di risolvere i problemi del paese” scrive il deputato del PCFR Denis Parfenov, “ancora una volta il potere sta cercando di usare la “frusta” contro il proprio popolo”. Questa norma “colpirebbe duramente non gli show-party dei liberali, che portano apposta la gente alle azioni non autorizzate, al massimo un paio di volte l’anno; le nuove restrizioni colpiranno la sinistra, che organizza proteste sistematicamente e su le più varie questioni. Questa “frenesia proibitiva” dev’esser combattuta nel modo più deciso”.

Più “cauto” (ma è dir poco) il leader del PCFR, Gennadij Zjuganov, che il 14 agosto ha dichiarato: “In questa situazione di massiccia insoddisfazione sociale, non possiamo seguire la strada dello scontro frontale”. Anch’io sono per la libertà, ha detto, “ma quando a dettare la libertà sono ladri, avventurieri e corruttori, non c’è alcuna libertà: il povero non è libero”.

Ma è la complessiva linea “oligarchica” del governo a esser presa di mira a sinistra. Per bocca di Sergej Obukhov, il PCFR solleva anche il tema del “nuovo predatorio Codice forestale” voluto da Russia Unita e che, con la privatizzazione di larga parte del patrimonio boschivo, ha dato prova di sé nei catastrofici incendi di questa estate nelle regioni di Irkutsk, Amur, Krasnojar, Jakutija.

“Il governo rifiuta di riportare in patria e investire i giganteschi capitali esportati “oltre cortina”, afferma Obukhov; “il procedimento penale per riciclaggio, aperto contro il “Fondo per la lotta alla corruzione” di Navalnyj, dimostra ancora una volta che i liberali al potere in Russia e i loro presunti “oppositori” servono la stessa classe di nuovi ricchi. Secondo uno studio del Centro Levada, commissionato dal Fondo per lo sviluppo sociale (pro-Cremlino) il 37%, cioè 4,5 milioni di moscoviti approva le proteste nella capitale. Si tratta di persone che per la maggior parte rifiutano l’attuale corso socioeconomico; ai russi non importa quale clan continui a saccheggiare la Russia. E, però, tanto il potere, quanto gli ultra-liberali stanno cercando di allontanare i manifestanti dai comunisti, per incanalarne le energie sui canoni classici delle rivoluzioni arancioni”.

In una risoluzione del PCU (che il 17 sarà comunque in piazza insieme al PCFR) è detto che “le manifestazioni hanno polarizzato le principali forze politiche. Il ventaglio di opinioni spazia dal supporto acritico all’opposizione liberale, alle richieste di “schiacciare agenti stranieri”. Ancora una volta, a sinistra, spicca un’ala di “socialisti” reazionari che vede nelle proteste la manifestazione della “lebbra arancione” e, di fatto, si salda con la classe dirigente. Comprendendo che l’iniziativa delle proteste in questa fase è nelle mani dell’opposizione borghese, noi crediamo allo stesso tempo che i comunisti non abbiano il diritto di prendere le distanze dalla lotta per i diritti politici. È impossibile influenzare la natura del movimento di massa, rimanendo a guardare quanto sta accadendo”.

Al contrario, la “sinistra dovrebbe essere in prima linea nel movimento democratico, avanzare richieste più radicali per lo smantellamento del regime bonapartista e non limitarsi allo scarno slogan di “elezioni giuste”. I comunisti del 21° secolo, se non vogliono che l’opposizione liberale guidi la protesta, e il proletariato si trasformi in una semplice appendice della democrazia borghese, devono accettare la sfida”.

In effetti, la discussione su quali forze ci siano realmente dietro le proteste, anima da settimane il mondo socio-politico. Ci si sbizzarrisce sui soggetti, nominando gli oppositori, ovviamente, ma addirittura anche le cosiddette “torri del Cremlino”, in “una feroce lotta di tutti con tutti, in cui il potere si sta indebolendo”.

Si parla del Sindaco di Mosca, Sergej Sobjanin, figura chiave nei prossimi passaggi di potere statale; e non può naturalmente mancare Washington: “le dimissioni dell’ambasciatore USA Jon Huntsman indicano il malcontento del Dipartimento di Stato, che sperava che la situazione sfuggisse al controllo delle autorità russe”. Infine, lo stesso Cremlino: in fase di transizione di poteri, il tema elettorale delle proteste offre l’opportunità di cambiare sistema elettorale e creare un panorama partitico favorevole al governo.

Su Svobodnaja Pressa, Zakhar Prilepin affronta la questione dal punto di vista della situazione sociale, partendo dalla constatazione di come oggi ci siano in Russia 172.000 milionari (in dollari) e 106 miliardari, mentre il numero di persone considerate ufficialmente sotto la soglia di povertà è costante da diversi anni attorno ai 20 milioni, oltre il 13% della popolazione.

Secondo Forbes, ricorda Prilepin, nel 2017 il patrimonio complessivo dei duecento più grandi magnati russi è cresciuto di 25 miliardi di dollari, attestandosi a quota 485 miliardi, consentendo ai beneficiati di acquistarsi ville, castelli, teatri, isole da decine di milioni di dollari in giro per il mondo, yacht da centinaia di milioni (sempre di dollari), esportare dalla Russia centinaia e centinaia di miliardi. “Per 20 miliardi di rubli, cioè il prezzo dello yacht non più costoso” scrive Prilepin, “si potrebbero rinnovare le infrastrutture di una grande città russa, dalle fognature, alle strade, alla canalizzazione delle acque piovane”.

Ma ecco che i media danno rilievo al matrimonio del figlio di un ricco industriale, costato 76 miliardi di rubli, tra abito della sposa, esibizioni di Jennifer Lopez, Sting, Enrique Iglesias, Alla Pugačeva”. Mentre “5 milioni di persone vivono in case con tetti bucati, senza acqua e gas”.

Manifestazioni liberali, dunque; in parte vero. Ma anche manifestazioni dei liberali, cui la gente, se vi partecipa, lo fa con motivazioni e per ragioni proprie; se va in piazza con loro, sa anche però che lo sfratto di una cerchia oligarchica per sostituirla con un’altra, ancora più ingorda perché rimasta finora a bocca (quasi) asciutta, non risolve i problemi di chi lavora.

Il Partito comunista operaio russo (RKRP-KPSS), mentre critica le posizioni di chi, ai vertici del PCFR, alimenta illusioni sulla possibilità di vittoria in “elezioni giuste” nelle condizioni del sistema borghese, su programmi per “migliorare il capitalismo”, sostenendo apertamente Putin quale presunto presidente patriottico, boicottato dai cattivi liberali del governo, plaude alla presa di posizione di un esponente di primo piano dello stesso PCFR, Viktor Truškov, che all’inizio di agosto, sul giornale del partito di Zjuganov, Pravda, scriveva che l’unica soluzione della questione a favore delle masse lavoratrici e sfruttate può essere solo l’eliminazione della dittatura del capitale. Rimane il dubbio se tale posizione sia in completa opposizione a quella dei vertici del PCFR, di sostegno aperto a Putin, oppure rappresenti un “gioco delle parti”, per distinguere la linea ufficiale da quella effettiva.

In ogni caso, l’articolo di Truškov meriterebbe di esser riportato per intero; purtroppo ci si deve limitare ai passaggi più significativi. Col titolo “Solidarietà tra predatori”, Truškov si rifà alla missiva attribuita all’ambasciatore russo in Italia, Sergej Razov e indirizzata al “caro Matteo”, a proposito della necessità di bloccare gli scioperi alla raffineria di Priolo, di proprietà della russa Lukoil.

“Anche ora, quando è iniziata l’ennesima ridistribuzione del mondo capitalista, aggravando bruscamente la concorrenza tra società transnazionali e Stati” scrive Truškov, “come per il passato, quando i lavoratori salariati cercano di resistere, balza in primo piano la solidarietà di classe dei predatori. Naturalmente, il Ministero degli interni italiano, vietando lo sciopero, ha non solo espresso solidarietà borghese ai proprietari di Lukoil, ma ha anche difeso… i profitti dei padroni italiani”.

Ma è evidente che “la diffusa sciocchezza secondo cui il Cremlino, in politica estera, persegue una politica di difesa degli interessi nazionali, non ha nulla a che fare con la realtà. Il Cremlino e il suo principale inquilino proteggono solo quegli interessi che corrispondono alla natura predatoria del capitale… In relazione al capitale internazionale, il corso degli ‘statisti’ putiniani non è diverso dalla linea dei neoliberali nostrani”.

Inoltre, “sia in politica estera che in quella interna, il regime russo non si preoccupa del popolo, non degli interessi nazionali, ma dei portafogli di coloro che sfruttano sia il lavoro salariato che le ricchezze naturali della Russia… l’aumento del reddito dei miliardari residenti in Russia è determinato principalmente non dal loro talento economico, ma dalla vigile cura dello stato borghese sulle loro fortune”.

Questo, mentre “metà della popolazione attiva della Russia ha uno stipendio ufficiale, al lordo delle imposte, di 34.335 rubli, che costringe le persone a infilarsi nel circuito del debito dei prestiti al consumo… L’incidente italiano conferma ancora una volta che non può esserci pace tra sfruttatori e sfruttati. Né sotto gli ulivi, né sotto le betulle”.

Forse casualmente, “le notizie sul divieto di sciopero in Italia su richiesta dell’ambasciatore russo sono apparse nei giorni in cui a Mosca risuonavano le proteste organizzate dai liberali. A prima vista, non esiste alcun collegamento tra questi eventi. Ma, un paio di mesi fa, non più di mille-duemila persone hanno partecipato alle manifestazioni dei liberali; lo stesso, il 27 luglio. Il resto dei manifestanti è stato invece trascinato nella capitale dall’insoddisfazione per le politiche socio-economiche del governo… per la carenza di giustizia sociale”.

I liberali “cercano di sfruttare la situazione socio-politica del Paese, la concentrazione della rabbia popolare… la borghesia è pronta a spianare la strada ai liberali non solo alla Duma di Mosca, ma anche al Cremlino, pur di preservare l’onnipotenza della proprietà privata per almeno un paio di decenni. Ma non ne consegue che i lavoratori la debbano sostenere in questo sforzo”.

Per quanto riguarda “le lettere dei rappresentanti ufficiali russi a ministri, vice-primi ministri e primi ministri degli stati borghesi europei e d’oltremare, con la richiesta di vietare gli scioperi nelle imprese russe all’estero, anche i liberali lo faranno non appena riusciranno ad agguantare il potere… per la classe operaia e tutti i lavoratori del nostro paese, sono ugualmente nemici sia il governo attuale che i liberali… Il sostegno a un qualsiasi gruppo della borghesia – che siano gli “statali” à la Putin, o i liberali di ogni genere e colore – equivale a una deliberata sconfitta della classe operaia, a un aumento del suo sfruttamento e oppressione. Per i salariati, gli sfruttati del lavoro fisico e mentale, sono accettabili solo la liquidazione della dittatura del capitale e l’instaurazione del potere dei lavoratori”.

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