Il vertice Nato si apre nella capitale britannica con il duello rusticano di London Bridge tra un pregiudicato jihadista, che aveva già ucciso due persone, e l’assassino di una disabile, entrambi in libertà vigilata. Una storia di Natale in un’atmosfera pulp e di ipocrisia piccolo borghese che mescola l’assalto alle vendite del Black Friday con l’acquisto da parte dell’Italia dei caccia americani F-35, come se di questo avesse bisogno un Paese che frana e va in malora. Altro che «valori cristiani», come scriveva ieri sul manifesto Tommaso Di Francesco richiamando l’appello del Papa contro gli arsenali atomici.
La tesi del «lupo solitario» appare confortante ma non convincente: più di una volta si è scoperto che un attentatore aveva dei collegamenti con altri estremisti anche soltanto via web. Soprattutto tende a rendere meno preoccupante il fatto che siano presenti in Europa cellule «dormienti» del terrorismo islamico non ancora individuate. E c’è anche dell’altro, molto altro.
La sconfitta dell’Isis ha significato pure la disfatta dei cosiddetti foreign fighters del Califfato, a migliaia in possesso di passaporti europei. L’allarme poi si è fatto ancora più acuto dopo l’operazione militare della Turchia contro i curdi siriani, abbandonati dagli americani, e che erano stati tra i combattenti più strenui dell’Isis.
La stessa Turchia, che ha occupato un pezzo di Siria del nord con soldati e milizie islamiste, ha cominciato a rimpatriare alcuni di questi combattenti nei Paesi di origine come la Gran Bretagna e la Germania. Il leader turco Erdogan non rinuncia mai a usare qualche arma di pressione e di ricatto, atteggiamento che dovrebbe fare riflettere l’Unione europea quando è il momento di avere a che fare con Ankara.
Vediamo qualche dato: il numero dei foreign fighters originari dell’Unione potrebbe ammontare intorno ai 5.000. La parte più consistente del flusso europeo proviene quattro stati: Francia (1.900), Germania (oltre 900), Regno Unito (850) e Belgio (480).
L’aspetto più inquietante è che i Paesi europei hanno fatto finta di niente. I curdi siriani, molto prima che Erdogan li massacrasse e occupasse il loro territorio, avevano chiesto alla comunità internazionale che venissero processati i jihadisti rinchiusi nelle loro carceri. Ma l’Europa ha ignorato l’appello, tranne Macron che ha aveva già raggiunto un accordo ufficiale con l’Iraq dove i terroristi di origine francesi vengono processati e impiccati dalle autorità di Baghdad.
Ma Erdogan si prepara a scagliare altre frecce al vertice Nato. La Turchia si rifiuta, in caso di attacco russo, di appoggiare un piano dell’Alleanza per la difesa dei Paesi baltici e della Polonia fino a quando la Nato non offrirà ad Ankara un maggiore sostegno politico per eliminare i curdi siriani del Rojava. In poche parole Ankara prende in ostaggio la Nato intera.
Immaginiamo che Putin al Cremlino si stia facendo delle grandi risate: è riuscito a tenere in piedi Assad a Damasco e a infilare una mina vagante come Erdogan nella Nato, prendendo pure il posto degli americani nel Nord della Siria. Che cosa vuoi di più.
Ma ecco come salvare la Nato e spiegare quello che è avvenuto a London Bridge. Gli inglesi hanno sempre un latitante da tirare fuori quando le cose si mettono male, basta rivedersi «La grande truffa del rock’n’roll» (The Great Rock ‘n’ Roll Swindle), il documentario sui Sex Pistols dove un paio di canzoni sono interpretate da Ronnie Biggs, conosciuto per aver preso parte alla grande rapina al treno del 1963. I criminali sanno come riciclarsi quando la patria chiama.
Alla Nato, che celebra a Londra i suoi 70 anni, per cavarsela adesso è sufficiente tirare fuori un po’ di quattrini e acquistare armi da Trump a tutto spiano fino al mitico 2% del Pil per le spese destinate alla difesa richiesto dagli Usa. Ancora un paio di criminali in libertà e di attentati e ce l’abbiamo fatta. Se i turchi vogliono far fuori i curdi basta che acquistino, come abbiamo fatto noi, un po’ di caccia F-35, cui per altro partecipano già alla costruzione con le loro aziende. Apri i cordoni della borsa e tutto sarà possibile: “la politica Usa è la sezione intrattenimento dell’apparato militare-industriale“, diceva Frank Zappa. E da molto tempo è anche la nostra.
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