Nel pomeriggio di domenica primo dicembre l’auto di Vceslav Sobolev, noto imprenditore e politico locale, è stata raggiunta da colpi d’arma da fuoco nel pieno del centro di Kiev.
L’uomo, secondo quanto riportato da media e giornali locali, si trovava alla guida della sua Range Rover nei pressi del ristorante “Mario” dal quale era appena uscito: con lui, nella vettura, la moglie e il figlio. Pur non avendo ucciso Vceslav Sobolev, fondatore della catena di supermercati “Obzhor” e deputato regionale di Kiev (Blocco Poroshenko), i colpi sparati contro l’auto hanno ferito alla testa e fatto morire subito dopo Aleksander (3 anni), figlio del noto uomo d’affari, morto nell’ambulanza che lo stava trasportando in ospedale.
Il giorno successivo all’agguato la polizia di Kiev ha arrestato due neofascisti legati all’organizzazione neofascista ucraina “Pravy Sektor” (in italiano: “Settore destro”): si tratta di Andrej Lavreg (detto “Tichi”, 20 anni) ed Evgenij Semenov (19 anni).
Secondo la versione della Procura di Kiev, uno dei due arrestati sedeva all’interno del ristorante per sorvegliare i movimenti di Sobolev, mentre l’altro da un balcone avrebbe aperto il fuoco contro la Range Rover di Sobolev con un fucile automatico (calibro 7,62 mm).
I mandanti dell’omicidio restano per il momento ignoti, così come le ragioni per le quali qualcuno volesse eliminare Vceslav Sobolev: secondo le indiscrezioni di alcuni media ucraini le ragioni del tentato omicidio di Sobolev sarebbero da rintracciare in alcuni legami imprenditoriali tra il deputato e le autoproclamate repubbliche della regione orientale del Donbass, sotto controllo ormai dal 2014 degli insorti sostenuti da Mosca.
Uno dei due arrestati ha già ammesso la propria responsabilità: il ministro dell’Interno Arsenij Avakov ha dichiarato che ai due neofascisti era stato accordato un compenso di 21.000 dollari per l’omicidio di Vceslav Sobolev.
Evgenij Semenov è originario di Odessa. Sarebbe entrato a far parte di Pravy Sektor a 17 anni, e subito dopo si sarebbe recato a combattere sul fronte del Donbass: più nel dettaglio, sarebbe stato di stanza nella zona di Mariupol, inquadrato nel battaglione “Aratta”.
Dopo il loro arresto, il vice comandante dell’ “Esercito dei volontari ucraini” (formazione paramilitare neofascista) Andrej Erghert detto “Cerven” ha commentato la vicenda con uno scritto, raccontando che i due neofascisti coinvolti nell’omicidio del figlio di Sobolev erano stati ai suoi ordini sul fronte del Donbass durante le operazioni militari contro gli insorti di Lugansk e Donetsk.
Andrej Lavreg, secondo il suo ex comandante militare, aveva lasciato il fronte del Donbass soltanto lo scorso 1 giugno: Lavreg, sarebbe diventato un ottimo cecchino grazie all’esperienza acquisita sul fronte del Donbass. “Uno dei miei migliori cecchini”, lo descrive il suo vice comandante, tracciando il profilo di una persona esemplare e disciplinata.
Al ventenne, era stata consegnata di persona dall’ex presidente Petro Poroshenko una medaglia di riconoscimento per i meriti militari. Secondo l’ex comandante, i fatti di domenica 1 dicembre sono da considerare “nient’altro che l’inizio” delle conseguenze prodotte dal ritorno dai reduci – volontari e coscritti – della guerra del Donbass alla vita civile.
L’omicidio del figlio di Vceslav Sobolev è solo l’ultimo dei gravi episodi di violenza che in Ucraina avvengono in modo sistematico. Nelle regioni orientali del paese continua a combattersi, benché a bassa intensità, la guerra esplosa nel 2014 dopo la destituzione violenta dell’allora presidente Viktor Yanukovich avvenuta sull’onda della mobilitazione di Maidan.
Il conflitto, costato almeno 13.000 vittime, ha contribuito insieme alle privatizzazioni imposte dal Fondo Monetario Internazionale a fare dell’Ucraina il paese più povero d’Europa, andando ad aggravare un contesto già instabile e complicato.
L’esasperazione ideologica continua ad esacerbare la società ucraina, fomentando la violenza dei gruppi criminali e delle organizzazioni neofasciste. Uno scenario pericoloso, di cui in Europa occidentale sembra mancare persino la consapevolezza più vaga.
Nella foto: Andrej Lavreg
* da Faro di Roma
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