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La Germania sta tornando un inferno per i lavoratori

Nel 2019 le esportazioni dell’industria bellica tedesca “autorizzate” dal governo hanno superato il livello record del 2015 e si sono attestate a poco meno di 8 miliardi di euro, con un aumento del 65% rispetto all’anno precedente, dopo che, per il 2018, il SIPRI aveva certificato un calo di circa il 3,8%. Questo, sul fronte esterno.

All’interno del paese, tale “record” va di pari passo con una situazione del mondo del lavoro (e della disoccupazione) codificata da Hartz IV e aggravata da una crisi del mondo capitalista che non risparmia nemmeno la “potente Germania”.

Per il settore sanitario, Die junge Welt scrive della forte carenza di personale e delle cattive condizioni e bassi salari imposti agli addetti. Il giornale riporta l’esempio della città di Haldensleben, principale centro del circondario della Börde (Sassonia-Anhalt), in cui da tre anni mancano servizi medici di emergenza per l’infanzia e, in caso di bisogno, si devono fare 30 chilometri fino a Magdeburgo o Gardelegen.

Ma Haldensleben non è un caso isolato: secondo il “Barometro ospedaliero” del Deutsches Krankenhausinstitut (DKI) per il 2019, basato su sondaggi condotti in 268 strutture tra quelle con oltre 100 posti letto, l’emergenza infermieristica nelle cliniche tedesche si sta facendo sempre più acuta.

A livello federale, mancano circa 17.000 infermieri. Dal 2016 a oggi, nei reparti di terapia intensiva, i posti vacanti sono aumentati del 50% e il numero è addirittura triplicato in medicina generale. “Più una clinica è grande, più è difficile coprire le necessità del personale. Nel 95,2% degli ospedali con più di 600 posti letto c’è carenza di infermieri nei reparti di medicina generale e nel 97,4% di essi si lamenta scarsità di personale specializzato nelle unità di terapia intensiva”.

C’è allarme in Bassa Sassonia per la minacciata chiusura dei reparti di ostetricia in dozzine di ospedali del Land, mentre vengono effettivamente chiusi sempre più reparti di ginecologia e ostetricia. La clinica universitaria della Charité, a Berlino, due settimane fa ha dovuto chiudere il reparto tumori infantili e lamenta la mancanza di 100 infermieri.

In generale, sono sotto accusa i piani finanziari” scrive Die junge Welt, dato che “non vengono più pagati i giorni di degenza, bensì gli interventi operatori. Una operazione al cuore rende molto più di un paziente sotto osservazione”: ciò riguarda soprattutto i più giovani; e così molte cliniche risparmiano proprio su questi settori. L’associazione dei pediatri parla di “mania di economizzazione“, che “sta aprendo larghe brecce soprattutto nei reparti meno lucrativi“.

Secondo l’Ufficio federale di statistica, due anni fa c’erano 1.940 ospedali, quasi 500 in meno rispetto al 1991 e nello stesso periodo si sono ridotti di 1/4 i posti letto, calando a meno di mezzo milione. Il perché non è ovviamente un mistero: tra il 2000 e il 2017, è quasi raddoppiato (dal 22 al 38%) il numero di cliniche privatizzate: tra esse, anche quella di Haldensleben, che nel 2006 era andata al gruppo Sana e 7 anni dopo fu rilevata da Ameos. Da allora, i dipendenti lamentano pessime condizioni di lavoro e bassi salari. A inizio dicembre, Ver.Di (Vereinte Dienstleistungsgewerkschaft: il sindacato del settore servizi) ha annunciato scioperi di avvertimento: per tutta risposta, Ameos ha licenziato senza preavviso 20 dipendenti.

Per la situazione nel mondo del lavoro in Germania, ancora Die junge Welt nota che “molte donne sono materialmente dipendenti” dalle entrate dei propri mariti: ciò spicca “particolarmente a ovest. Ma a est la povertà lavorativa continua a essere uniformemente diffusa tra entrambi i sessi”.

L’ultima analisi condotta dall’Istituto per il mercato del lavoro (Institut für Arbeitsmarkt und Berufsforschung: IAB) certifica che le “classiche occupazioni femminili sono di solito malpagate. Nelle grandi aziende che occupano principalmente uomini, i salari sono migliori. La disparità di salario tra i sessi è maggiore nelle aree metropolitane della Germania occidentale”.

A livello nazionale, gli uomini guadagnano in media circa il 24% più delle donne (114 euro lordi al giorno, contro 92) a parità di ore. Il fatto che la differenza non sia ancora maggiore è “grazie” soprattutto ai livelli salariali dell’est, in cui il divario è molto minore: qui gli uomini guadagnano significativamente meno (in qualche caso, nemmeno la metà) che a ovest.

A una giornata lavorativa di 7-8 ore, a est, corrisponde un salario di 84 euro: la metà che, ad esempio, in Baviera (170 euro) o Bassa Sassonia (162 euro). Nei distretti di Vorpommern-Rügen (Meclemburgo-Pomerania Anteriore) o Elbe-Elster (Brandeburgo) il salario di un uomo può scendere fino a 74-75 euro lordi al giorno (9,2-10,7 euro l’ora) o 76 euro nei circondari di Altenburger Land o di Saale-Orla (Turingia), oppure Erzgebirger (Sassonia).

Per quanto riguarda le retribuzioni delle lavoratrici, invece, le differenze tra est e ovest sono molto minori. Nello stesso distretto di Saale-Orla, ad esempio, il salario lordo medio è di 67 euro, che corrisponde più o meno al salario minimo ed è appena di 1 euro più basso rispetto, ad esempio, al circondario di Wittmund, in Bassa Sassonia, dove i livelli retributivi sono relativamente bassi soprattutto nei settori di commercio al dettaglio, assistenza sanitaria e servizi sociali, in cui sono occupate principalmente donne. Secondo la ricerca, inoltre, le donne lavorano molto più spesso degli uomini in uffici, servizi e lavori sociali scarsamente retribuiti, e anche in piccole imprese con salari inferiori alla media.

Peccato che la ricerca del IAB non indichi quanto i bassi salari, di donne e uomini, all’est – con i lavoratori degli ex Länder della DDR che, causa la forte deindustrializzazione dettata dal capitale tedesco-occidentale, sono rimasti disoccupati o costretti ad adattarsi a condizioni salariali pessime – contribuiscano ad abbassare (relativamente) anche il livello delle retribuzioni a ovest e, dunque, la media nazionale.

Se il paragone non fosse a dir poco arbitrario, si potrebbe osservare che la cosiddetta “unificazione” tedesca pare aver agito alla stregua dell’introduzione delle macchine nell’industria inglese studiata da Marx ne Il Capitale, che generò il massiccio impiego di donne e fanciulli nelle fabbriche: “Le macchine, gettando sul mercato del lavoro tutti i membri della famiglia operaia, distribuiscono su tutta la famiglia il valore della forza-lavoro dell’uomo, e quindi svalorizzano la forza-lavoro di quest’ultimo”.

Che poi il capitale tenda sempre più a economizzare sia sulla salute nei luoghi di lavoro, che riducendo al minimo ogni assistenza sanitaria e sociale, il “Barometro ospedaliero” tedesco non fa che attestare quanto i “clienti” delle italiche Aziende sanitarie sperimentano sulla propria pelle.

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