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La Cina abolisce le tasse per i lavoratori e spinge i consumi interni

Si incominciano a delineare i contorni delle misure adottate il 24 dicembre dal Consiglio di Stato cinese, proprio mentre l’Occidente festeggiava il Natale, e di cui abbiamo dato notizia proprio quel giorno su questo sito.

Due premesse. in Cina salari e costi sono molto differenziati a secondo delle zone, per cui il salario dell’Ovest è diverso da quello di Pechino o Nanchino. Inoltre: secondo il sistema fiscale cinese le detrazioni avvengono su base mensile, non annuale, tranne le spese sanitarie.

C’è da sottolineare che già nei mesi scorsi in Cina era diminuita l’Iva, e in tal modo erano stati tagliate le aliquote sia sui redditi medio bassi che su quelli alti. Il tetto dell’imponibile è ora a 5 mila yuan, circa 625 euro.

Con le misure adottate il 24 dicembre ci sono detrazioni fiscali mensili pari a 400 yuan (50 euro) per master o corsi di formazione, 1.000 yuan per spese affitto, 1.000 yuan per ciascun figlio a scuola, 1.000 yuan per cura di ciascun genitore e detrazioni annuali per spese mediche pari a 60 mila yuan (7.500 euro).

In Cina la sanità è a carico dello stato al 70% e  del lavoratore per il restante 30%. Con le detrazioni decise a dicembre, in pratica, il lavoratore anticipa mensilmente le spese mediche e poi riavrà un credito di imposta pari al costo sostenuto alla fine dell’anno, questo in vista della costruzione futura del sistema universale della sanità. 

Facciamo un esempio: un operaio della zona di Nanchino guadagna mensilmente 3 mila yuan, 450 euro (1.300 euro, a parità di potere d’acquisto con un cittadino europeo); con il sistema delle detrazioni si troverà centinaia di euro mensili detratte (soldi netti in più in busta paga). Un impiegato qualificato di Shanghai, che guadagna 8 mila yuan, circa mille euro, avrà tutto il salario detratto.

Con questo sistema di detrazioni praticamente operai e impiegati cinesi non pagheranno tasse, ritrovandosi in più, alla fine dell’anno, un credito di imposta per le spese mediche.

E’ come se, su 23 milioni di lavoratori italiani soggetti ad Irpef, circa 20 milioni non pagassero le tasse. Proiettatele su scala continentale cinese e capirete l’impatto su risparmi e consumi.

Insomma, a differenza che nell’Occidente, in Cina si lavora per la riproduzione del proletariato. Mentre qui si smantella lo “stato sociale” per riportarlo a condizione di semi-schiavitù.

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2 Commenti


  • marco

    devo ammetterlo, prima dell’inizio del suo mandato, le mie simpatie andavano tutte a bo xi lai.
    Ma visto alla prova dei fatti, bisogna riconoscere che il compagno xi jin ping non è affato male e sta lavorando bene.
    Da vero comunista


  • Stefano Paltrinieri

    E i sinistrati,Sorosiani e mercatista,ci vengono a parlare della Cina….capitalista!!!!!!!!!!!

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