L’assassinio del generale iraniano Qasem Soleimani, ordinato personalmente da Donald Trump, non ha ovviamente lasciato Mosca senza reazioni. Nel corso di una conversazione telefonica tra Vladimir Putin e Emmanuel Macron (in cui si è parlato anche di Libia) è stata espressa “preoccupazione”. La Tass scrive che le parti hanno constatato che l’attacco missilistico con cui è stato ucciso Soleimani, insieme ad altre sette persone, “può seriamente inasprire la situazione nella regione”.
Il Ministro degli esteri Sergej Lavrov ha dichiarato a RIA Novosti che “Consideriamo l’uccisione di Soleimani… un passo avventuristico che porterà ad un aumento della tensione in tutta la regione. Soleimani ha servito ardentemente la causa della protezione degli interessi nazionali dell’Iran. Esprimiamo le nostre sincere condoglianze al popolo iraniano“.
Il sito topwar.ru riporta una serie di osservazioni riprese dalla stampa internazionale. In particolare, la Frankfurter Allgemeine Zeitung, ad esempio, che fa un tifo nemmeno troppo velato per Washington, scrive che sinora Teheran e Washington avevano sempre cercato di evitare un confronto; ora però l’Iran potrebbe mobilitare le proprie milizie contro partner e alleati degli americani in Libano, settore di Gaza, Iraq, Siria.
La FAZ scrive che se l’Iran dovesse colpire pozzi di petrolio in Arabia Saudita con l’impiego di droni, Riyad potrebbe chiedere a Mosca la fornitura di sistemi S-400 e convincere Washington a non adottare per questo sanzioni. Altra mossa di Teheran, potrebbe essere il blocco dello stretto di Ormuz, che porterebbe a un forte deficit di petrolio e conseguente balzo dei prezzi; la qual cosa potrebbe però risultare vantaggiosa per le compagnie americane che si occupano di idrocarburi di scisto: “con prezzi superiori a 70 dollari al barile, la produzione di petrolio di scisto diventa redditizia; a prezzi di 80 dollari e oltre, arriverebbero superprofitti”.
A questo proposito, Sovetskaja Rossija, oltre a riportare le varie dichiarazioni russe e iraniane sull’atto di terrorismo internazionale perpetrato dagli USA, accenna anche ai prezzi del petrolio, che hanno fatto un balzo del 4% subito dopo il diffondersi della notizia sulla morte di Soleimani.
Il costo dei futures sul petrolio Brent di marzo sulla borsa di Londra, riporta Sovetskaja Rossija, stamani alle 6 era di 68,2 dollari al barile, (2,94% superiore al prezzo di chiusura della sessione precedente). Nel corso della sessione, il prezzo del Brent è salito a 69,16 dollari.
Osservatori dall’Estremo Oriente, scrive ancora topwar.ru, ipotizzano invece che la misura più dura di Teheran potrebbe esser quella di ritirarsi da qualsiasi accordo sul nucleare e portare alla creazione di una propria arma atomica e ciò “risulterebbe il totale fallimento della politica americana e un fatale errore strategico di Trump: l’aver eliminato il generale dei Guardiani della rivoluzione può condurre a ciò che Stati Uniti e Israele temono di più: la bomba nucleare iraniana”.
Naturalmente, tutti media russi, come d’altronde quelli internazionali, riportano le parole dell’Ayatollah Ali Khamenei: “Una dura vendetta attende coloro sulle cui mani è rimasto il suo sangue, così come il sangue di altri martiri. La morte del nostro generoso e caro generale è un’amara perdita. Ma la continuazione della lotta e il raggiungimento della vittoria finale renderanno la vita di assassini e criminali ancora più amara. Tutti i nemici devono sapere che la jihad continuerà con forza raddoppiata e la vittoria finale attende i combattenti in questa guerra santa“.
News-front.info scrive che sia Washington, che Tel Aviv hanno messo le truppe in stato di prontezza al combattimento.
La rivista Vita Internazionale osserva che l’assassinio di Soleimani rappresenta l’inizio della campagna elettorale di Donald Trump; un passo ben visto dai suoi sostenitori, dal momento che ai loro occhi, grazie a una duratura propaganda, l’Iran appare un nemico giurato, e il generale Qasem Soleimani è, per l’americano medio, una specie di incarnazione di questo male.
Con la presidenza Trump, gli “americani hanno puntato a indebolire l’ala conservatrice in Iran e le posizioni iraniane nella regione, scrive la rivista, colpendo le posizioni dell’Iran e dei gruppi suoi alleati in Iraq, Siria e Libano. Si assiste a una maggiore destabilizzazione di un’area già in fiamme; ma, per Trump e per la sua campagna elettorale, questo probabilmente non è così importante. Come risponderà l’Iran? Teheran ha mostrato a lungo pazienza, non rispondendo a tutte le provocazioni USA, come il ritiro dall’accordo sul nucleare e l’inasprimento delle sanzioni. Finora, la politica dell’Iran è stata: massima pazienza. Ma anche se questa politica continuerà, sarà molto difficile frenare i numerosi gruppi filo-iraniani nella regione. La vendetta arriverà sicuramente”.
L’agenzia iarex constata: “Dunque: Medio Oriente in fiamme; gli USA hanno ucciso il generale iraniano Soleimani; la Turchia inizia un’operazione militare in Libia; a Baghdad la popolazione attacca l’ambasciata degli Stati Uniti. E questi sono solo gli eventi di più alto profilo. Soleimani è la seconda persona nella gerarchia di potere dell’Iran. È molto popolare nel paese, si fanno film e si scrivono canzoni su di lui. Gli USA, uccidendolo, hanno fornito un’ottima occasione per il consolidamento interno dell’Iran. In questa logica, le autorità iraniane non possono permettersi di lasciare l’omicidio senza risposta. E questa sarà chiaramente una risposta di rete”.
Come diceva il grande Mao “I reazionari sono degli stupidi: sollevano una pietra per lasciarsela cadere sui piedi”.
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