Per venerdì 24 gennaio è stato indetto il settimo sciopero “inter-categoriale” ed “inter-generazionale” da quando, lo scorso 5 dicembre, è iniziata la mobilitazione contro l’ipotesi di riforma pensionistica.
Proprio oggi, infatti, la bozza del provvedimento legislativo di riforma delle pensioni giunge al Consiglio dei Ministri, mentre dovrebbe arrivare in Parlamento ad inizio febbraio.
Lo sciopero di questo fine settimana è il culmine di tre giorni di mobilitazione iniziata mercoledì ed indetta dall’“intersindacale”, che raggruppa le organizzazioni sindacali e giovanili che hanno dato vita sin dall’inizio a questo movimento.
L’incipit vero risale alla decisione dei lavoratori del maggiore sindacato della metro parigina, l’UNSA, di effettuare lo “sciopero al oltranza” contro l’ipotesi di riforma pensionistica, dopo l’astensione del lavoro che aveva paralizzato la capitale il 13 settembre scorso.
Un clima di fermento si aggirava da tempo nei 43.000 lavoratori dell’azienda. Ne era segno la comparsa, tra l’altro, di due nuove realtà particolarmente combattive come il “Rassemblement Syndacal” – presente particolarmente nel comparto dei bus di superficie – e l’associazione “La Base”, presente soprattutto tra i conducenti della metro ed in quelle delle linee che collegano il centro con la periferia, cioè la RER.
Un sindacalismo combattivo e “orizzontale” che spinge la già militante UNSA, figlio dell’influenza dei gilets jaunes sul movimento sindacale, ed il cui spirito ha di fatto anticipato questo mese e mezzo di lotta che si è concretizzato con il più lungo “sciopero ad oltranza” del dopoguerra.
Arnaud Moinet, conducente della RER e pilatro di “La Base”, aveva dichiarato a “Le Monde”: «Noi abbiamo tre regole: tutti gli eletti di La Base non possono svolgere più di due mandati, tutti i delegati sindacali possono essere revocati, e ogni decisione è presa collettivamente per la maggioranza degli aderenti».
La scelta dello “sciopero ad oltranza” era stata fatta propria, poi, dalle organizzazioni sindacali delle ferrovie SUD e FO, e in un secondo momento dalla maggioritaria CGT (aderente alla Federazione Sindacale Mondiale e non alla “riformista” CES), oltre a CFDT e la totalità dell’UNSA.
Bisogna ricordare che la prima Federazione a votare per lo “sciopero ad oltranza” contro le pensioni, dentro la centrale sindacale di Montreuil (unica nel privato), è stata quella dei chimici – anch’essa aderente alla FSM – che più volte è riuscita a paralizzare la quasi totalità delle otto raffinerie di cui dispone il Paese.
Tutta questa settimana è stata costellata di azioni che hanno preceduto anche questi tre giorni di mobilitazione. Ultimo atto, prima dello sciopero generale, sono state nella sera di giovedì le marce notturne ovunque, in tutta la Francia, illuminate dalle fiaccole portate dai manifestanti.
Il movimento è entrato in una seconda fase, per così dire, dove il momentaneo rinculo nell’asse portante della mobilitazione e «la diminuzione numerica degli scioperanti degli ultimi giorni è stata abbondantemente compensata dalla creatività militante», come ha dichiarato il sociologo Manuel Cervera-Marzal.
Se infatti la maggioranza delle Assemblee Generali delle varie linee della metro parigina aveva votato per la ripresa “temporanea” del lavoro, da questo lunedì, interrompendo momentaneamente lo sciopero “ad oltranza” che durava dal 5 dicembre, così che l’astensione dal lavoro nelle ferrovie era arrivata al suo punto più basso dopo “il balzo” nell’ultima giornata di sciopero generale, lo scorso giovedì, riportando il traffico alla normalità, per oggi si annuncia invece un “venerdì nero” per la circolazione nella RAPT e nella SNCF, con la paralisi quasi totale di questi mezzi di trasporto in cui lavorano 200.000 lavoratori.
I lavoratori portuali stanno dando vita ad operazioni “porto morto” negli scali dell’Esagono, i cui i sette porti principali – e non solo quelli – erano stati bloccati la settimana scorsa con la stessa tipologia d’azione.
Le 72 ore di sciopero ed i relativi blocchi stanno preoccupando non poco i padroni della filiera logistica d’Oltralpe.
I 70.000 avvocati che dal 6 gennaio sono in sciopero stanno di fatto paralizzando il sistema giudiziario francese. Il lancio a terra della “toga nera”, durante un discorso della guardasigilli Nicole Belloubet, a Caen l’8 gennaio, ha ispirato altri settori, che li hanno emulati utilizzando i simboli della loro professione in azioni sparse in tutto l’Esagono: dai “camici bianchi” del personale sanitario alle cartelle degli insegnanti, dalle divise degli operai addetti al settore fognario agli ispettori del lavoro.
«Il nostro gesto era a tutti gli effetti spontaneo, è divenuto un simbolo (…) Per gli avvocati, la nostra toga è sacra (…) gettarla a terra è un modo di dire che ne abbiamo abbastanza. Che non ne possiamo più e non potremmo esercitare questo mestiere normalmente», ha dichiarato a “Mediapart” Gaël Balavoine, avvocato di Caen, molto coinvolto nel movimento.
Questi gesti hanno fatto breccia nell’immaginario e bucato i media per la loro potenza, che simboleggia il rifiuto di continuare a svolgere la professione nel contesto prefigurato dal governo.
Sono gesti di “scandalizzazione” dell’azione sindacale, per usare l’espressione di un politologo francese, particolarmente efficaci per far parlare di sé e suscitare l’empatia in un pubblico più vasto, soprattutto se fatti da settori che non hanno la capacità di bloccare settori strategici dell’economia e far uscire il quadro dell’azione sindacale dalla sua cornice abituale, esattamente come successe nel 1936 o nel 1968…
Gli insegnanti e gli studenti hanno boicottato in maniera consistente l’esame imposto con la riforma della maturità voluta dall’attuale esecutivo; e anche l’università sta cominciando a mobilitarsi contro la futura legge di programmazione pluriennale della ricerca (LPPR).
L’immagine del volto sanguinante di Gilles Martinet, dottorando a Paris-3, a causa delle violenze poliziesche durante una delle iniziative del settore, la dice lunga sulla strategia repressiva di Macron.
Durante una intervista a La Medinale, del sito d’informazione Regards, ha dichiarato: «le violenze che ho subito erano molto chiaramente volute».
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I lavoratori dell’energia hanno dato vita a numerose azioni di “taglio” dell’erogazione dell’energia elettrica, tra cui una che ha coinvolto contemporaneamente più di dieci comuni alla periferia Sud di Parigi dove sono ubicati tra gli altri l’aereoporto di Orly e l’hub logistico di Rungis, in cui ha sede tra l’altro il più grande mercato ortofrutticolo d’Europa. Sempre all’interno dello stesso settore, da martedì mattina a Grand’maison, bisogna ricordare il blocco del maggiore sito idroelettrico francese – 1/10 del parco sfruttato dalla EDF – deciso da una assemblea generale che ha votato per lo sciopero a tempo determinato.
Allo stesso tempo va ancora avanti lo sciopero “ad oltranza” del più importante stabilimento dell’industria nucleare d’Europa, a Gravelines, recentemente visitato dal leader della CGT Philippe Martinez, in cui giorno e notte c’ una presenza massiccia ai picchetti, con circa 500 partecipanti.
I lavoratori della centrale nucleare fanno “un filtro” all’entrata e dal 5 dicembre hanno svolto numerose iniziative, dalle operazioni “lumaca” sull’autostrada, alle manifestazioni a Dunkerque…
Questa industria – il cui arresto, attivando il blocco anche dei sistema d’emergenza (per ora non prefigurato dall’”Intersindacale”), farebbe rimanere al buio istantaneamente les Haute-de-France – ha in FO il sindacato maggioritario, con il 42% degli iscritti, seguita dalla CGT con il 32%, ed ha fin qui optato solo per una “riduzione” nell’erogazione dell’energia.
Lunedì e martedì, dalle assemblee generali della CGT-Energie, è stato votato l’arresto dei tre inceneritori della capitale, cioè sei forni su sette, in quanto uno è in manutenzione, da giovedì sera alle 22 fino alla stessa ora di lunedì.
I centri d’Ivry-sur-Seine, Issy-les-Moulineaux e Saint-Ouen trattano 6.000 tonnellate di rifiuti “non riciclabili” al giorno, che alimentano tra l’altro il riscaldamento di 300.000 alloggi.
Alla fine di questa azione la filiera della raccolta dei rifiuti potrebbe essere saturata, portando alla mancata raccolta.
Come ha detto un sindacalista, a causa della totale indifferenza rispetto alle azioni condotte in precedenza: «Andiamo più lontano con un movimento innovativo, l’arresto coordinato dei tre centri secondo le stesse modalità»
La battaglia della comunicazione sembra essere stata per ora vinta da chi si oppone all’attuale ipotesi di riforma se i sondaggi – come quello IFOP pubblicato domenica scorsa – rilevano che la maggioranza dei francesi sostiene il movimento e più del 60% (sondaggio ELAB a metà settimana) pensa che il governo dovrebbe ritirare l’ipotesi della riforma; ossia quello che sostiene un ampio “fronte di lotta” da cui si sono autoesclusi i vertici collaborazionisti di CFDT, UNSA eCFDC.
La strategia di logoramento dell’esecutivo e l’incapacità di ascoltare le richieste di una parte consistente della popolazione hanno stimolato una “collera sociale” diffusa e moltiplicare le tipologie d’azione.
Come ha dichiarato Baptiste Giraud – ricercatore in scienze politiche – in una intervista a Le Monde questo giovedì: «la strategia del governo rischia di mettere in difficoltà le direzioni sindacali nella loro capacità di canalizzare queste forme d’azione», spesso illegali ma non violente, che stanno caratterizzando questa fase di radicalizzazione dello scontro.
Il sociologo Erik Neveu, specialista nei movimenti sociali, afferma giustamente: «Una parte degli attori del movimento esplora quindi delle forme d’azione che pensano potrebbero essere più efficaci»
Cosa succederà, se il governo continuerà ad ignorare completamente la maggiorana della popolazione, non è ancora dato sapere…
Esponenti del governo e della maggioranza vengono fischiati ovunque in un momento delicato, considerato che le elezioni municipali che si svolgeranno a marzo in tutta la Francia; di questo passo la campagna elettorale di LREM – la creatura politica del Presidente Macron – rischia di essere nei fatti annichilita alla sua prima prova elettorale locale.
Questa è una ipotesi molto temuta dalla presunta “sinistra” di En Marche!, ovvero quella componente proveniente dal Partito Socialista cooptata nelle sue file dal “big bang” macroniano solo un paio di anni fa, e che ritiene profondamente sbagliato essersi alienati persino il consenso della CFDT, la centrale sindacale di Laurent Berger, “riformista” che ha da 10 anni nel suo programma la ricetta della “riforma universale a punti”.
Per riprendere il sondaggio di Elabe già citato, in cui il 61% auspica il ritiro della riforma, è interessante notare che il 62% è scontento dell’operato del capo di Stato e il 70% pensa che Macron non sarà rieletto se si ripresenta nel 2022.
Non proprio una buona notizia, per il “Presidente dei Ricchi”.
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