Menu

In Iraq gli Usa bombardano gli sciiti

Non si ferma il confronto geopolitico in Medioriente, nemmeno al sopraggiungere di una pandemia globale. Lo scontro tra Stati Uniti e Iran prosegue sul territorio iracheno e torna a infiammarsi in questi giorni con gli Usa che nella notte di giovedì hanno colpito alcuni presunti depositi di armi da cui secondo le loro fonti si approvvigionavano le milizie Kata’ib Hexbollah, colpendo però anche l’aeroporto in costruzione di Karbala e uccidendo 5 membri delle forze governative irachene, tecnicamente loro alleate, un civile e ferendone altre 12.

L’attacco americano voleva essere la risposta a quanto avvenuto mercoledì 11 marzo quando il lancio di alcuni missili katyusha contro la base militare di Tiji, a nord di Baghdad, ha provocato la morte di due soldati americani e uno britannico.

Il governo iracheno e l’intelligence Usa hanno attribuito l’attacco al gruppo sciita Kata’ib Hezbollah, sostenuto apertamente dall’Iran e dagli Hezbollah libanesi, e che conduce da anni la lotta contro la presenza americana in Iraq oltre ad essere stato uno dei principali protagonisti nella lotta contro l’ISIS in Iraq e in Siria. Il dirigente e fondatore del gruppo, Abou Mehdi al-Mouhandis, era stato ucciso il 3 gennaio insieme al comandante iraniano Qassem Soleimani durante l’attacco compiuto con dei droni da parte degli Usa e che aveva portato Iran e gli Usa a un passo dal confronto militare diretto. Proprio in occasione del giorno in cui era nato Soleimani si sono verificati gli attacchi alla base americana.

Il governo iracheno ha condannato con forza l’attacco americano, richiamando l’ambasciatore a Baghdad e affermando che questi atti rappresentano un’aperta violazione della sovranità dell’Iraq e un’aggressione alle sue forze armate regolari, inoltre queste azioni ripetute minano la credibilità dello stato in un momento di grave difficoltà economica e sociale, aprendo la strada anche a un possibile ritorno dell’Isis.

Il ministro degli esteri Mousavi ha affermato che “gli Usa non possono dare la colpa ad altri per le conseguenze della loro presenza illegale in Iraq e per le reazioni della nazione a questi assassinii, invece di compiere azioni rischiose Trump dovrebbe riconsiderare la presenza e il comportamento delle proprie truppe nell’area.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *