I leader dell’Unione Europea, dell’America Latina e dei Caraibi hanno avuto difficoltà nel trovare un accordo su una dichiarazione congiunta riguardo alla guerra in Ucraina a causa della indisponibilità di alcuni Paesi latinoamericani a cedere alle pressioni UE per una chiara condanna della Russia.
La disputa ha rischiato di oscurare il vertice di Bruxelles, proprio mentre l’UE cerca di rivitalizzare le relazioni con l’America Latina nell’ambito di tensioni geopolitiche provocate dalla guerra in Ucraina e dalla crescente ostilità nei confronti della Cina.
L’UE intendeva includere la condanna dell’invasione russa dell’Ucraina in una dichiarazione più ampia che illustrasse le conclusioni del vertice. Ma le discussioni non hanno portato ad alcun accordo. I Paesi che hanno storici legami politici ed economici con la Russia, come Cuba, il Venezuela e il Nicaragua, si sono opposti ai tentativi di includere frasi di condanna della Russia.
Una bozza di testo vista da Reuters mostrava un paragrafo che condannava “la guerra in corso contro l’Ucraina”, facendo riferimento alle risoluzioni dell’Onu che “condannano la Russia” e invece le risoluzioni delle Nazioni Unite che “deplorano nei termini più forti l’aggressione da parte della Federazione Russa” sono state lasciate fuori dal testo.
Il documento si è limitato a fare riferimento alle “posizioni nazionali specifiche” dei Paesi rappresentati al vertice, che ha riunito circa 50 leader dell’Ue e della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi (Celac).
Proprio le divergenze sulla guerra in Ucraina hanno messo in crisi le prospettive del vertice con i paesi latinoamericani e caraibici.
Nonostante gli sforzi diplomatici per concordare una dichiarazione congiunta in cui si menzionasse il conflitto, il lavoro dei diplomatici delle due sponde dell’Atlantico non è bastato, e se nell’UE c’è una quasi unanimità nel sostegno all’Ucraina di Volodymyr Zelensky e nella condanna alla Russia di Vladimir Putin, in America Latina le cose stanno diversamente.
Anche se la maggior parte dei Paesi della Celac ha appoggiato una risoluzione delle Nazioni Unite che a febbraio chiedeva l’immediato ritiro delle truppe russe, il Nicaragua ha votato contro e la Bolivia, Cuba ed El Salvador si sono astenuti.
Ora le fonti diplomatiche cercano di minimizzare la questione e sottolineano la “forte convergenza” della maggioranza dei Paesi riuniti nel votare le risoluzioni Onu, ma le differenze sono evidenti.
Già nel 2014, Cuba e il Nicaragua hanno riconosciuto l’annessione della Crimea da parte della Russia, nonostante il fatto che gli Stati Uniti e l’Unione Europea definissero questo assetto illegale. Tra i Paesi dell’America Latina ci sono quelli fedeli a Mosca e altri che restano critici verso l’imperialismo americano.
Ad esempio il Brasile ha dichiarato la sua neutralità e ha rifiutato di condannare l’invasione russa dell’Ucraina e il suo presidente, Lula da Silva, si è proposto come mediatore nel conflitto rifiutando di fornire armi e criticando l’Occidente per averle fornite all’Ucraina, così come non ha accettato di imporre sanzioni contro Mosca, e più volte ha sostenuto che la responsabilità del conflitto è condivisa: “Zelensky è responsabile quanto Putin”, ha affermato.
“La guerra nel cuore dell’Europa getta una coltre di incertezza sul mondo e distrae risorse essenziali per l’economia e i programmi sociali convogliandole verso scopi bellici”, ha dichiarato Lula a Bruxelles, aggiungendo che “la corsa agli armamenti rende ancora più difficile affrontare il cambiamento climatico”.
Dunque le divergenze principali riguardano la guerra in Ucraina, un argomento complicato da affrontare, per le diverse sensibilità tra europei e latinoamericani, ma anche fra gli stessi Paesi di Sud e Centro america.
“Entrambe le parti vogliono un testo ambizioso e per questo sono ancora in corso discussioni sulla dichiarazione finale”, afferma Charles Michel, presidente del Consiglio europeo.
“Sull’Ucraina una cosa è chiara: la stragrande maggioranza dei paesi latino americani condanna la Russia, come si evince da vari voti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite”.
Commentando i lavori del vertice, il prof. Luciano Vasapollo, docente della Sapienza e marxista militante, co-fondatore del capitolo italiano di REDH, ha osservato “l’emergere in Europa di un’anima militarista a volte più accesa di quella degli stessi Stati Uniti”.
“È emblematica – ha detto – la Germania che, di concerto con la UE, stanzia cento miliardi di euro per incrementare la spesa militare e invia armi all’Ucraina, diventando di fatto parte belligerante.
La stessa Germania che propone un processo di Norimberga contro la Russia e Putin, svelando il revanscismo accumulato dopo la Seconda guerra mondiale. E poi c’è l’Italia, che mostra il suo militarismo feroce che è rimasto quello di D’Alema nei bombardamenti sulla Jugoslavia.
I motivi di tanta aggressività e determinazione per il riarmo europeo nascono dalla presa d’atto che oggi una potenza economica come la UE non può permettersi di essere un nano militare.
Questo lo abbiamo visto a Bruxelles con la CELAC e nel precedente vertice tra UE e Unione Africana, dove ai paesi del ‘cortile di casa’ si ripropone una relazione di subalternità economica/finanziaria e la presenza militare europea a imporla”.
Vasapollo ha poi reso onore a quei popoli, in particolare di Cuba e Venezuela che, “durante gli anni difficili della pandemia, non hanno mai rinunciato alla loro indole solidale aiutando moltissimi Paesi con medici e operatori sanitari, e anche durante i giorni drammatici del terribile terremoto in Turchia e Siria, si sono messi in prima fila per aiutare una popolazione sotterrata dalle macerie e dalle ingiustizie”.
In particolare lo ha fatto Cuba inviando i suoi medici: ”un’isola sotto attacco da anni ma che non rinuncia ad aiutare il prossimo”, ha detto l’economista.
I Paesi latinoamericani volevano anche includere un riferimento al passato coloniale e una forma di compensazione per la tratta degli schiavi perpetrata per tre secoli dagli europei.
“Sono molto fiducioso sul fatto che ci sarà un paragrafo dedicato alle eredità storiche del genocidio dei nativi e della schiavitù degli africani… e qualcosa che vada nella direzione di una giustizia riparativa”, dice al suo arrivo Ralph Gonsalves, primo ministro di Saint Vincent e Grenadine e presidente di turno del CELAC.
Il Presidente di Cuba, Miguel Díaz-Canel, ha fatto un appello ai leader latinoamericani e europei per costruire un miglior vincolo a livello bi-regionale per il benessere dei popoli.
“Credo fermamente che possiamo e dobbiamo costruire relazioni migliori: più giuste, più equilibrate, solidali e collaborative per migliorare la vita dei nostri popoli”, ha detto nella sessione plenaria del III Vertice della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC) e dell’Unione Europea (UE) rilevando che si stanno vivendo profondi cambiamenti a livello globale, grandi rischi e sfide, ma anche opportunità.
Nel suo discorso, Diaz-Canel ha evidenziato importanti settori di cooperazione su entrambe le sponde dell’Atlantico, tra cui il finanziamento dello sviluppo, il trasferimento tecnologico, le energie rinnovabili, la trasformazione digitale, la ricerca scientifica e l’innovazione, il commercio e gli investimenti.
Díaz-Canel ha ringraziato la solida posizione dell’America Latina e dei Caraibi e dell’UE nel respingere l’intensificarsi del bloqueo economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti alla nazione caraibica da più di 60 anni.
Allo stesso modo, ha evidenziato il rifiuto dell’inclusione di Cuba nell’elenco che Washington redige dei paesi che suppone sponsor del terrorismo, meccanismo che ha definito fraudolento e unilaterale, privo di riconoscimento e protezione internazionale.
Nel suo discorso alla plenaria del III Vertice della CELAC e dell’UE, la vicepresidente del Venezuela, Delcy Rodriguez, ha affermato che la proposta della Repubblica Bolivariana, è “molto chiara”. In tal senso, ha auspicato la creazione di meccanismi permanenti di comunicazione e coordinamento tra CELAC e UE, tra i quali, a suo avviso, esistono molte vie di cooperazione e di incontro, con il superamento delle divergenze e delle differenze.
Delcy ha sottolineato che il messaggio del suo paese è di unione, pace, coordinamento e amicizia, da parte di un popolo gravemente attaccato nella sua economia.
La Rodríguez ha denunciato che in America Latina e nei Caraibi “abbiamo tre paesi vittime di blocchi illegittimi”: Cuba, Nicaragua e Repubblica Bolivariana, e ha sottolineato che l’aggressione economica contro Venezuela ha colpito anche molti dei partner presenti oggi a questo vertice, come le società energetiche europee che avevano progetti imprenditoriali nel suo paese.
In merito, ha citato il Petrocaribe, un meccanismo sorto per alleviare la situazione finanziaria ed economica degli stati caraibici e che si è azzerato dopo il decreto del 2015 dell’ex presidente Barack Obama.
Come ministra dell’Economia e delle Finanze ha ricordato che nel caso di Haiti sono stati stanziati quattro miliardi di dollari attraverso un meccanismo per assistere questo paese con il quale “abbiamo debiti storici” ed ha ricordato che solo pochi giorni fa è stata approvata una forza multinazionale per dirigerlo, a causa della grave instabilità interna.
La Rodríguez ha sottolineato infine che l’aggressione economica contro il Venezuela è diventata un vero strumento di destabilizzazione per l’America Latina ed i Caraibi.
* da Il Faro di Roma
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Chiodo Michele
Ritengo di grande valore e speranza, per una pronta rinascita dei popoli oppressi e discriminati del mondo, le dichiarazioni progressiste delle autorità che hanno preso parte all’incontro internazionale di Bruxelle, il prof. Vasapollo, il presidente di Cuba, Miguel Diaz Canel, il primo ministro Gonzalves, la vicepresidente del Venezuela Rodriguez e le altre, poche purtroppo, autorità illuminate che si battono energicamente, pur se in minoranza e con minori strumenti a loro disposizione, rispetto alla vecchia e consolidata “legge del più forte”, per il raggiungimento di una fratellanza universale degli stati e dei popoli.
Giacomo de martino
per fortuna che ci sono paesi come Cuba che mi lasciano almeno la speranza di vedere la fine del dominio della più grande associazione a delinquere quale Nato e e paesi occidentali… grazie Cuba Venezuela Nicaragua Uruguay….