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Usa e UE rapinano il Venezuela

Gli Stati Uniti e i paesi dell’Unione Europea hanno bloccato 9 miliardi di dollari di risorse del Venezuela.

L’ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso le Nazioni Unite, Samuel Moncada, ha consegnato al Consiglio di Consiglio di Sicurezza di questa organizzazione una relazione dettagliata su come il governo di Donald Trump, attraverso numerosi alleati internazionali, stia conducendo una politica di aggressione nei confronti del Venezuela, influenzando la salute e il benessere del popolo venezuelano.

Denunciamo davanti al Consiglio di Sicurezza dell’ONU la politica di genocidio di Trump e dei suoi alleati colonialisti che stanno creando una seconda catastrofe umanitaria usando la pandemia come arma contro il nostro popolo”, ha annunciato il diplomatico venezuelano sul suo profilo Twitter.

Almeno dal 2015, il nostro Paese è stato oggetto di un blocco economico, commerciale e finanziario de facto che è stato imposto unilateralmente e illegalmente dai governi degli Stati Uniti d’America, del Regno Unito e dell’Unione Europea, in un’azione illegale che ripete, nel pieno del XXI secolo, gli stessi atti di colonialismo che hanno caratterizzato il XIX secolo”, ha affermato Moncada, sottolineando in particolare le responsabilità dei singoli stati membri dell’UE nell’applicazione di misure coercitive illegali contro il Venezuela.

Un blocco economico attraverso misure messe in atto, per le loro dimensioni e la loro portata, “rendono quasi impossibile l’acquisto, tra le altre cose, di alimenti, attrezzature e forniture mediche, vaccini”, comportando come diretta conseguenza “una sofferenza incalcolabile nel popolo venezuelano, come risultato dell’applicazione sistematica di una politica disumana e aggressiva che include minacce di aggressione militare straniera, misure di terrorismo economico e la confisca dei nostri beni e dei nostri conti all’estero”.

Questa aggressione a tutto tondo ha “il chiaro obiettivo di saccheggiare le nostre risorse nazionali, ridurre la nostra indipendenza politica e negare il nostro diritto inalienabile all’autodeterminazione”.

Il rappresentante venezuelano ha sottolineato che l’espropriazione delle risorse “ammonta in totale a più di 9 miliardi di dollari, ma questo importo rappresenta solo una frazione dei conti che il Venezuela ha all’estero e che sono stati rubati, compresi quelli che rimangono congelati con miliardi di dollari di dividendi dai conti della compagnia petrolifera statale venezuelana, PDVSA, e che non hanno potuto essere rimpatriati almeno dal 2017.

Nel rapporto vengono evidenziati nove punti specifici che illustrano in dettaglio come ciascuna delle risorse indicate sia stata bloccata.

Nel maggio 2017, l’istituto finanziario britannico Barclays Bank PLC ha congelato più di 121 milioni di dollari da un conto della Banca Centrale del Venezuela. L’istituto finanziario ha dichiarato che l’azione è stata condotta “in conformità alle norme dell’Ufficio statunitense per il controllo dei beni esteri” (Office of Foreign Assets Control – OFAC), cioè per ottemperare alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti.

Nel febbraio 2019, il governo statunitense ha sequestrato la CITGO Petroleum Corporation, la compagnia petrolifera con sede a Houston di proprietà della PDVSA, per oltre 5,2 miliardi di dollari di patrimonio netto.

Nello stesso anno, l’istituto finanziario portoghese Novo Banco ha congelato oltre 1,7 miliardi di dollari da un conto della Banca di sviluppo economico e sociale del Venezuela (Banco de Desarrollo Económico y Social de Venezuela – BANDES). La banca ha dichiarato di doversi conformare all’OFAC statunitense.

Nel marzo 2019, l’istituto finanziario belga Euroclear ha congelato più di 34 milioni di dollari da un conto della BANDES, con la stessa motivazione di dover rispettare le condizioni dell’OFAC.

La Banca d’Inghilterra ha confiscato più di 1,7 miliardi di dollari alla Banca Centrale del Venezuela. La Banca d’Inghilterra ha dichiarato che la sua decisione era presa dopo le consultazioni con il ministro degli Esteri britannico, a seguito della decisione del Regno Unito di non riconoscere Nicolas Maduro come presidente del Venezuela.

Lo stesso anno, nel mese di aprile, l’istituto finanziario francese Banque Delubac & Cie ha congelato oltre 34 milioni di dollari di un conto della BANDES, sostenendo che la sua decisione era presa a causa dello stato di incertezza in Venezuela. Analogamente, l’istituto finanziario Liechtenstein Union Bank AG ha congelato più di 21 milioni di dollari, sempre di conto detenuto dalla BANDES.

Nel corso di quest’anno, Citi Bank, con sede a New York, ha congelato più di 342 milioni di dollari di un conto della Banca Centrale del Venezuela, assicurando la conformità all’OFAC. Infine, la Germania ha applicato la confisca di conti bancari di proprietà di istituzioni statali venezuelane con depositi per oltre 38 milioni di dollari.

Questo preciso elenco di azioni confermano quanto l’applicazione di misure coercitive illegali ai danni del Venezuela siano prese dai vari Paesi in ottemperanza alle indicazioni dell’OFAC, ovvero degli Stati Uniti.

Tuttavia, l’ambasciatore ribadisce come “nessun governo, incluso quello degli USA, ha alcuna autorità di alcun tipo sulla sovranità di altri Stati indipendenti e, quindi, qualunque pretesa di convertire la sua legislazione nazionale in legge universale è ingiustificata”.

L’ambasciatore venezuelano Moncada ha affermato che, dal 2015 fino al mese di aprile di quest’anno, “il blocco illegale e unilaterale imposto dagli Stati Uniti (…) ha rappresentato perdite per oltre 116 miliardi di dollari”.

Questo anche perchè “il reddito del Venezuela proveniente dall’industria petrolifera si è ridotto di oltre il 90%, passando da circa 42 miliardi di dollari nel 2013 a quasi 4 miliardi di dollari nel 2018”. Moncada ha ricordato che queste risorse “sarebbero potute essere utilizzate per alleviare l’attuale crisi del Paese – una crisi che deriva, in larga misura, proprio dall’applicazione di queste misure coercitive illegali – e per garantire la fornitura di beni e servizi di base, compresi, tra gli altri, alimenti e medicinali”.

Tuttavia, l’impatto del blocco contro il Venezuela non si riferisce solo a conti congelati, risorse confiscate e beni sequestrati. “Le sanzioni unilaterali hanno anche un impatto sulla vita quotidiana del nostro popolo e nella cura dei suoi bisogni più elementari, avendo conseguenze sul suo benessere e causando un dolore e una sofferenza indicibili”, insistiamo sul fatto che si tratti di “politiche di una crudeltà premeditata”.

Inoltre, l’ambasciatore cita il rapporto “Economic Sanctions as Collective Punishment: The Case of Venezuela”, elaborato dal Center for Economic and Policy Research (CEPR) e pubblicato nell’aprile 2019. I ricercatori che hanno condotto questo studio concludono che un programma di stabilizzazione o di recupero dell’economia che garantisca il benessere di tutta la popolazione “è praticamente impossibile da attuare in Venezuela fintantoché saranno in vigore le misure coercitive unilaterali imposte dal governo degli Stati Uniti d’America”.

La pressione politica ed economica nei confronti del Venezuela si è intensificata da marzo, in piena pandemia da Covid-19, tanto che “il 22 aprile, quando la crisi derivante dalla malattia di Coronavirus è aumentata in tutto il mondo, in particolare negli USA, il governo statunitense ha affermato che avrebbe anche accettato il petrolio o il gas venezuelano come forma di pagamento in cambio della fornitura di beni e servizi considerati ‘sanzionabili’, senza nessuna eccezione, in linea con le dichiarazioni del Segretario di Stato statunitense, Mike Pompeo, che il 14 aprile 2020 ha dichiarato che il suo governo non ha alcuna intenzione di rimuovere né di alleviare le sanzioni contro Venezuela, nonostante le problematiche che determinano e l’impatto della pandemia”.

L’ambasciatore Moncada evidenzia come oggi il Venezuela sta lottando contro “due crisi: una globale, determinata dalla pandemia di Covid-19, e l’altra provocata dagli Stati Uniti, come risultato dell’applicazione delle sanzioni, del blocco, delle minacce di ricorso alla forza militare, di persecuzione delle navi impegnate per le esportazioni di petrolio, del rifiuto da parte del Fondo Monetario Internazionale di concedere un prestito come aiuto d’emergenza adducendo esclusivamente motivazioni politiche ingiustificate”.

Nonostante questo, il Venezuela ha realizzato “grandi sforzi per superare queste difficili circostanze senza trascurare la questione fondamentale: la visione sociale, umanista, inclusiva, democratica e pacifica del governo, volto ad assicurare il benessere della popolazione e a rispettarne i diritti umani fondamentali”.

Questo è il tratto caratterizzante del modello di protezione e giustizia sociale, implementato attraverso i programmi destinati a garantire, tra le altre cose, accesso a cibo, salute ed alloggio per il popolo venezuelano, soprattutto per le fasce più vulnerabili.

Inoltre, il Venezuela ha rafforzato la sua cooperazione con il Sistema delle Nazioni Unite, attraverso agenzie, programmi e fondi specializzati, anche in relazione alla fornitura di assistenza tecnico-umanitaria, sulla base della solidarietà internazionale e della cooperazione multilaterale.

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1 Commento


  • E Sem

    Crisi umanitarie, sanitarie, ambientali, economiche (a volte rese volutamente critiche) sono da sempre sfruttate dall’ impero malavitoso di oltre oceano e da alcuni “compagnucci di merenda” compiacenti. Centro america e sud america fungono da laboratori per testare strategie repressive e di contenimento del dissenso ideologico e dell’ autonomia economica globale. Nulla di nuovo: continuano omicidi, genocidi, torture, carestie, emergenze sanitarie, traffici illegali.

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