Chi si augurava che le sparate di Trump contro la Cina fossero solo un diversivo in chiave elettorale, dovrà rifarsi i conti e l’ordine nelle meningi. Fin dall’inizio del secolo, infatti, i think tank conservatori e i vertici del Pentagono lavorano su scenari in cui Pechino sostituisce l’Urss e i successivi, debolissimi, “imperi del male” come antagonisti con cui gli Usa devono fare i conti.
La pandemia da Covid-19 ha mostrato al mondo che il “pensiero unico neoliberista” non è in grado di contrastare problemi di dimensioni universali, per il buon motivo che prevede che sia il “libero mercato” ad allocare scelte e risorse sulla base del profitto d’impresa. Al contrario, il “dirigismo autoritario” cinese (al pari di quello di Seul, però, che pure fa parte del fronte opposto) è riuscito a confinare assai meglio l’epidemia mettendo al centro la priorità della salute della popolazione, anche se questo comportava un danno economico rilevante ma temporaneo.
Chi invece – tutto l’Occidente capitalistico – ha cercato di fermare il meno possibile la produzione si è ritrovato a subire danni più gravi e ancora inarrestati sia sul piano sanitario (la conta di contagiati e morti), sia sul piano economico (la “ripartenza” viene dichiarata, ma non avviene, o perlomeno è terribilmente fiacca).
Non ci sono insomma solo motivi elettorali dietro l’escalation anticinese occidentale (basti vedere come la nuova Repubblica targata Fiat-Molinari si è immediatamente riconvertita al Trump-pensiero…). C’è una crisi che va ben al di là della sola economia, investe in generale le classi dirigenti occidentali scopertamente business friendly e per la prima volta dopo 30 anni fa emergere “altri sistemi” alternativi.
Che magari non ci piacciono, ci sono estranei, vengono “narrati” a tinte fosche, ma hanno il terribile difetto di funzionare un po’ meglio di quello in cui siamo immersi fino al collo.
Tanto basta perché l’escalation di tweet e allarmi mediatici “orientati” si trasformi in qualcosa di assai più pericoloso.
La perdurante crisi di Hong Kong, con alcuni settori di popolazione fermamente decisi ad osteggiare la progressiva integrazione dell’ex colona “in affitto” agli inglesi per un secolo, è vista come un’occasione per esercitare – più che una pressione verso Pechino – un “ri-orientamento” delle opinioni pubbliche occidentali spiazzate dalle diverse capacità di risposta alla pandemia.
Ma anche questo è solo un aspetto dei complessi movimenti in atto. L’”altra Cina” – Taiwan, l’ultimo rifugio dei nazionalisti di Chang Kai Shek dopo la sconfitta nella guerra civile e la vittoria della Rivoluzione guidata da Mao – “sente” l’indebolimento del protettore statunitense e rinfocola la “competizione” con Pechino. E decide di investire in armamenti.
Il “fornitore” è naturalmente Washington. E così la ridicola tempesta di tweet quotidiani si va trasformando lentamente in una “guerra tiepida”, più che fredda. Con i rischi sotto gli occhi di chiunque abbia voglia di aprirli.
Da TeleSure:
La Cina si oppone alla vendita di armi degli Stati Uniti a Taiwan, avverte della nuova guerra fredda
Questo avviene quando il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha approvato un piano per vendere armi per un valore di 180 milioni di dollari a Taiwan.
Il governo cinese ha sollecitato fortemente la domenica degli Stati Uniti a interrompere immediatamente la vendita di armi a Taiwan e a interrompere i contatti militari con l’isola per evitare ulteriori danni alle relazioni tra i due paesi.
L’amministrazione Trump approva la vendita di F-16 Fighter a Taiwan per 8 miliardi di dollari
Questo avviene quando il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti hanno approvato un piano per vendere armi per un valore di 180 milioni di dollari a Taiwan.
“Questa mossa da parte degli Stati Uniti ha violato gravemente il principio della Cina unica e le tre dichiarazioni congiunte tra Cina e Stati Uniti e ha interferito bruscamente negli affari interni della Cina, a cui la Cina ha espresso forte insoddisfazione e ferma opposizione”, ha dichiarato il portavoce del Ministero della Difesa nazionale Wu Qian.
Il funzionario ha aggiunto che questo invia anche un segnale sbagliato all’autorità del Partito democratico progressista di Taiwan e ai separatisti “indipendenza di Taiwan”, “minando gravemente la sovranità e la sicurezza della Cina, e ha seriamente compromesso la pace e la stabilità attraverso lo stretto di Taiwan”.
A tal fine, tuttavia, Wu ha dichiarato che l’Esercito popolare di liberazione prenderà tutte le misure necessarie per salvaguardare fermamente la sovranità nazionale e l’integrità territoriale.
Nel frattempo, domenica, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha avvertito che gli Stati Uniti stanno spingendo entrambi i paesi “sull’orlo di una nuova guerra fredda”.
“Questo pericoloso tentativo di riportare indietro la volontà della storia annullerà i frutti della Cina-Stati Uniti lunga decenni. la cooperazione, smorza le prospettive di sviluppo dell’America e mette a repentaglio la stabilità e la prosperità del mondo “, ha detto Wang, aggiungendo che la Cina non ha intenzione di cambiare o fermare la sua modernizzazione….
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