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L’Alba euromediterranea, alternativa di sistema. Videoconferenza internazionale

Le politiche di gestione dell’emergenza sanitaria adottate durante la pandemia dovuta al Covid-19 hanno dimostrato l’inefficacia e i limiti del sistema di produzione capitalistico nel far fronte ai bisogni della maggior parte della popolazione, in particolare delle classi popolari, sfruttate ed oppresse come da tanto tempo non accadeva.

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In questo contesto, ancora una volta si è confermato il ruolo dell’Unione Europea come struttura politica a sostegno dell’ortodossia ordoliberista, pronta ad approfondire l’instabilità di un modello sociale già destabilizzato, in cui interessi e bisogni contrastanti evidenziano uno scontro di classe che spetta alle forze comuniste rivoluzionarie sviluppare ed organizzare per la costruzione di un’alternativa politica e sociale a tutto tondo.

Quello che è stato presentato come «il pacchetto economico più ambizioso di sempre» per far fronte all’emergenza si chiude infatti con una proposta che di ambizioso non ha nulla, e anzi ripropone tutte quelle criticità che costituiscono il normale “modus operandi europeista”, in cui il MES è solo la punta dell’iceberg.

Rimane al centro della visione economica e politica la logica dei prestiti e la conseguente valutazione della capacità di rimborso del debitore, che costituisce un vero e proprio cappio al collo dei paesi della Periferia, a dispetto del temporaneo congelamento del “Fiscal compact”, di cui già si discutono tempi e modalità di rientrata in vigore.

Pertanto, si rende sempre più necessaria e strategicamente rilevante la proposta programmatica che abbiamo avanzato ed articolato nel corso degli anni, attraverso riflessioni teoriche e lotte sociali, ovvero quella dell’Alba EuroMediterranea, capace di sostanziare credibilmente l’ExitStrategy dall’UE dei paesi dell’area mediterranea e sviluppare un piano di transizione economico e sociale attraverso l’impegno delle forze progressiste rivoluzionarie, nella prospettiva del Socialismo del XXI secolo.

In questo percorso, riteniamo necessario guardare alle dinamiche in atto dall’altra parte del Mediterraneo, integrando anche i paesi del Nordafrica, in un’ottica basata sulla condivisione e sulla cooperazione tra i dannati della globalizzazione e dello scontro interno alle potenze neocoloniali ed imperialiste.

Il processo di “colonizzazione interna” portato avanti dai paesi del Nord Europa, funzionale alla competitività della UE all’interno della sempre più feroce competizione tra macro-blocchi globale, sta esasperando le contraddizioni tra le classi popolari dei paesi mediterranei. Crediamo quindi sia possibile e necessario costruire un blocco di interesse, comprendente lavoratori, pensionati, studenti, donne, piccoli commercianti, precari, migranti ecc. che vada a rompere la catena dell’imperialismo iniziando a rompere proprio l’imperialismo nostrano, quello europeo, ad oggi in via di costruzione.

Contro la classe dominante continentale che ha sposato gli interessi del “Grande Nord”, un’Alba EuroMediterranea è la proposta tutta politica su cui ragionare per dare gambe a un’alternativa fuori e contro questa Unione Europea e gli accordi guerrafondai della NATO.

Nel quadro degli attuali trattati europei e dell’alleanza euro-atlantica, la UE rappresenta un polo imperialistico in via di consolidamento che si inserisce all’interno di uno scontro inter-imperialistico, configurandosi sempre più come una gabbia per le classi subalterne, impedendo qualsiasi politica progressista a favore di queste e attuando una redistribuzione delle risorse verso l’alto a vantaggio di oligarchie finanziarie e multinazionali.

Di fronte a questo scenario, è necessario agire per sostanziare il progetto dell’Alba Euro-Afro-Mediterranea, un’alternativa non più basata sull’individualismo di massa, sulla competizione sfrenata e sulla dittatura del mercato, ma sulla solidarietà internazionale, sul non-interventismo militare, sulla complementarietà e sulla pianificazione economica e dunque, in ultima istanza, sui bisogni delle comunità che abitano i territori interessati e non più sullo sfruttamento dell’essere umano sull’essere umano e sulla natura in cui è immerso.

Un programma da ritenere essenziale, minimo, articolato in otto punti chiave: costituzione di una moneta comune che abbia come obiettivo una politica di piena occupazione e una produzione solidale e eco-socio-sostenibile; nazionalizzazione delle banche di investimento; controllo sociale degli investimenti; nazionalizzazione dei settori strategici delle comunicazioni, energia e trasporti; inversione del flusso delle risorse, dal capitale verso lo Stato e la società, dalle rendite finanziarie verso i salari diretti e indiretti; progresso tecnologico inquadrato in un modello di sviluppo autodeterminato a compatibilità socio-ambientale e frutto di una decisione collettiva e responsabile; reale transizione ecologica; politica di creazione massiccia di posti di lavoro a tempo indeterminato, a pieno salario e pieni diritti realizzato anche attraverso la riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a 32 ore a parità di salario.

Ne discuteremo con:
– Luciano Vasapollo, professore di Politica Economica all’Università La Sapienza di Roma e dirigente nazionale della Rete dei Comunisti
– Joaquin Arriola, professore di Economia all’Università del Pais Vasco di Bilbao
– Víctor Aguillo, ricercatore presso la Asociación de Economía Alternativa (AEA) di Madrid
Introduce e coordina: Rete dei Comunisti Parigi

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