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USA: requiem per il sogno americano

George jackson fa un passaggio, in Col sangue agli occhi, dove parla del movimento fascista, in cui parla di essere in America in un momento storico fascista. Va bene ora, così come 30 anni fa. Capisci cosa sto dicendo, quindi questo ci dice che quando un impero declina, quando un’economia affonda, quando una nazione che era il numero uno o qualunque cosa, inizia a declinare e non è qualcosa che accade all’improvviso durante la notte, è un processo ma potrebbero essere necessari 50 anni o 60 anni. Ma quando arriva il vero crollo storico, a volte è così.E prende forma in poche settimane e mesi, tutto cade a pezzi come incoerente, implode. Così ci troviamo adesso”

Dhoruba Bin Wahad – “Dobbiamo lottare come se avessimo già vinto!”

È difficile dare una rappresentazione esatta di cosa significhi l’implosione di una civiltà che è servita come modello esclusivo a tutto tondo da trenta anni a questa parte.

Sembra paradossale, ma ciò che dovrebbe essere al centro delle più banali riflessioni quotidiane dell’“uomo della strada” anche alle nostre latitudini, non lo è: come avere una visione alternativa che si discosti il più possibile dalla catastrofe nord-americana?

Pensiamo che a questa costante opera di occultamento del fallimento degli USA concorrano non poco gli apparati culturali a tutti i livelli, a cominciare dai tristissimi media mainstream di casa nostra.

Il nostro compito è innanzitutto quello di non occultare le verità che sono gravide di conseguenze, quindi iniziamo con dare alcuni numeri, consci che ci troviamo di fronte ad un passaggio epocale.

Le morti per Covid-19 sono negli USA più di 150.000 (158 mila secondo gli ultimi dati), quasi 5 milioni i contagiati (tra i 40 e 60 mila ogni giorno in media di nuovi contagi).

California, Florida e Texas stanno conoscendo il più alto tasso di mortalità da quando è iniziata la pandemia, con un numero di contagiati per i primi due Stati che si aggira sui 500 mila ciascuno.

Nulla fa pensare ad una inversione di tendenza da quando ad inizio aprile gli Stati Uniti sono divenuti il nuovo epicentro dell’epidemia.

E alla paventata riapertura delle scuole, uno dei maggiori sindacati degli insegnanti ha risposto che avrebbe scioperato li dove non ci fossero state le condizioni di sicurezza per il personale docente e gli studenti…

Mentre l’industria della salute ha macinato 43 miliardi di dollari nel terzo quarto di quest’anno, 5 milioni e 400 mila americani hanno perso la propria assicurazione sanitaria a causa della perdita del posto di lavoro. 92 milioni di nord-americani sono attualmente senza assicurazione sanitaria o sono coperti in maniera insufficiente.

Questo, in un modello di sanità privato a pagamento, vuol dire letteralmente non potersi curare.

Crepare, insomma, e non solo per il Covid-19.

Mentre uno statunitense su cinque non può acquistare le medicine che gli prescrive il medico, l’azienda farmaceutica Moderna ha ricevuto recentemente dall’amministrazione Trump  483 milioni di dollari per la ricerca di un vaccino.

L’unica vera priorità dei leader dei repubblicani per ciò che riguarda la salute sembra essere il giungere per primi nella “corsa per il vaccino”; non si tratta di filantropia, ma dell’assecondare l’agenda delle case farmaceutiche e “ristabilire” una leadership nel settore. Il suo sfidante, Joe Biden è stato peraltro il candidato alle primarie democratiche a ricevere più fondi da “Big Pharma”.

Non proprio una alternativa, in questo campo, alle politiche dell’attuale amministrazione.

Se si vuole avere una idea delle “disfunzioni strutturali” della medicina capitalista made in USA precedenti la pandemia, basta guardare la strage di vite dovuta al marketing aggressivo, su medici compiacenti,  esercitato da alcune aziende per far prescrivere potenti oppioidi come anti-dolorifici senza che i loro assistiti ne avessero bisogno.

Sono morte negli Stati Uniti più persone per le conseguenze innescate da questa dipendenza di quanti nord-americani siano morti nella Seconda Guerra Mondiale, giusto per avere una idea.

750 mila dal 1999 di morti di overdose, 2/3 dei quali dovuti ad oppioidi secondo le statistiche ufficiali.

Appare paradossale, ma solo un pugno di politici, il cui capofila è Bernie Sanders, si battono per far passare una legge – “Masks for All” – che permetta di produrre e distribuire gratuitamente le mascherine protettive, a partire dai lavoratori del settore sanitario, incentivandone l’uso. L’idea ha ricevuto il sostegno dell’Editorial Board del New York Times, solitamente piuttosto tiepido – per usare un eufemismo – con le proposte dell’outsider socialista.

Insieme al distanziamento sociale, sarebbe “il minimo sindacale”, per una nazione che tra l’altro effettua un numero di test assolutamente insufficiente.

Gli Stati Uniti hanno perso la guerra contro il Coronavirus, anzi non hanno proprio fatto niente per vincerla .

Il senatore del Vermont è il paladino della proposta dell’assistenza sanitaria gratuita universale – “Medicare For All” – , che secondo alcuni sondaggi d’opinione avrebbe il sostegno di quasi il 70% degli statunitensi. È stata una delle sue proposte di punta durante la sua corsa alle primarie, finita con il suo “ritiro” e l’endorsement a Biden.

Anche i massimi esperti scientifici di questa amministrazione, come Anthony Fauci e Robert Redfield, direttore del CDCP, si sono espressi in favore del portare le mascherine.

Ma il pool di scienziati dell’amministrazione e Trump sono spesso in collisione, come è successo anche all’inizio di questa settimana, quando Deborah Birx – la coordinatrice della task force per il virus – ha dichiarato che gli Stati Uniti sono entrati in una “nuova fase” riferendosi alla diffusione del contagio, criticata da Trump che in un tweet ha nuovamente usato tra l’altro l’espressione “China virus”.

Ma la catastrofe sanitaria è solo un aspetto della più generale crisi sociale. Venerdì scorso infatti è “terminato”, senza essere stata approvata una nuova versione, il pacchetto d’aiuti varato con la crisi pandemica, e che aveva portato ad un benefit federale per i disoccupati pari a 600 dollari alla settimana.

Più di 30 milioni di disoccupati ne sono stati quindi privati.

La stessa cifra di statunitensi, secondo quanto riporta Bloomberg, citando il monitoraggio della Household Pulse Survey, afferma di non avere mangiato abbastanza la settimana scorsa.

23,9 milioni, su un totale di 249 milioni di persone, hanno risposto che “a volte” non hanno mangiato a sufficienza, 5,42 milioni hanno detto che “spesso” si sono trovati in questa situazione.

Certo si tratta di una indagine statistica, ma è chiaro che la parte più vulnerabile della popolazione è ridotta alla fame.

Sul nuovo pacchetto di aiuti, democratici e repubblicani non hanno ancora trovato un accordo, sia per ciò che concerne l’entità (tremila miliardi per i democratici contro i mille dei repubblicani), né sulla natura del provvedimento.

I repubblicani vorrebbero uniformare il sistema introducendo – ma le modalità e le tempistiche per farlo sarebbero complicate e lunghe – una indennità di disoccupazione pari al 70%, di fatto penalizzando i bassi-salari e quindi le comunità più povere: latinos, afro-americani e nativi-americani. I democratici vorrebbero perpetuare i benefits federali per i disoccupati a 600 dollari fino a gennaio.

Due sono le principali motivazioni avanzate da chi si oppone al rinnovo dei benefit, nel partito di Trump: questa misura “disincentiverebbe la ricerca di una occupazione da parte dei disoccupati“, e “alzerebbe il deficit“.

Come sostiene lo stesso Paul Krugman, non si capisce come l’opposizione di quelli che ha chiamato “falchi del deficit” non si faccia sentire quando si parla di 2mila miliardi di tagli alle tasse per i più ricchi, attuate dall’amministrazione…

Il Segretario del Tesoro Steven Mnuchin ha espressamente affermato che non si possono pagare le persone per farle stare a casa. Più chiaro di così. Vi ricorda qualcuno?

Dei 5 milioni dei posti di lavoro “recuperati” con la brevissima ripresa di primavera, la grande maggioranza non ha riguardato le “minoranze etniche”, proprio perché si trattava di lavori a basso salario (in seguito alla precoce riapertura di pub e ristoranti, per esempio).

Una ripresina evanescente che, più che invertire in positivo una tendenza economica, con l’allentamento delle misure di lockdown  ha posto le basi per una ripresa in negativo del contagio, su scala molto meno circoscritta e con una retroazione che sta impattando di nuovo l’economia.

Il venire meno, sempre venerdì scorso, della moratoria sugli sfratti, che secondo alcune stime riguarda 12 milioni di affittuari, potrebbe portare ad uno tsunami di persone cacciate fuori di casa. Già un 21% delle persone in luglio – secondo Apartement List -, non aveva pagato l’affitto.

Secondo Stout ed NCCRC, citati da Reuters: su 44 milioni di affittuari negli Stati Uniti, 17,3 non possono di pagare e rischiano lo sfratto.

Disoccupazione, disagio abitativo e carenza alimentare sono ai livelli della “Grande Depressione”, a meno di tre mesi dalle elezioni presidenziali che Trump vorrebbe rimandare, dopo non  aver più volte risposto chiaramente se accetterà o meno i risultati che usciranno dalle urne, nel mentre minacciava di mandare agenti federali in altre città oltre a Portland.

Intanto, però, quegli agenti  se ne sono andati dalla capitale dell’Oregon, e le proteste continuano.

Una vittoria popolare che non ha trovato spazio nei giornali di casa nostra, così come non ne ha trovato l’ennesimo sciopero nei magazzini di Amazon – questa volta nella Bay Area della California – nuovo sussulto di un redivivo movimento operaio.

Se negli anni Sessanta gli USA mandavano i propri uomini sulla Luna nella “corsa allo spazio” con l’URSS, mentre nei ghetti metropolitani i bambini afro-americani potevano essere morsicati dai topi nelle loro culle, ora hanno mandato una missione su Marte che nel 2031 dovrebbe dirci, forse, se c’è stata vita sul “pianeta rosso”, mentre milioni di suoi concittadini si chiedono se riusciranno a sopravvivere fino a quella data.

È il requiem per il sogno americano, tramutatosi per i suoi cittadini in incubo od in una grande possibilità di cambiamento.

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3 Commenti


  • Paolo

    “negli anni Sessanta gli USA mandavano i propri uomini sulla Luna”. Ma davvero? Ancora con questa storia…


    • Redazione Contropiano

      Possibile che tu non colga il distacco esistente, allora come oggi, tra i “successi vantati dalla nazione” e la condizione disperata di gran parte della popolazione? Di questo si parla…


  • Alessio

    Condivido l’articolo in merito allo sciame sismico che sta scuotendo gli USA, economico, sociale e politico, la cui onda lunga arriverà qui facendo finalmente saltare ogni illusioria possibilità di tirarcene fuori come “nazione popolare”.
    Oltre al main stream, trovo preoccupante che l’intera sinistra cosiddetta di classe ha detto poco o niente su quanto sta accadendo lì. Vi segnalo questi due articoli apparsi su facebook.

    https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=153195039729062&id=105427791172454

    https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=164524425262790&id=105427791172454

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