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Gli Stati Uniti sono il nuovo centro della pandemia

Con circa 378.000 contagiati e  11.004 morti registratati nel fine settimana – secondo i dati forniti dalla Johns Hopkins medical centre – la precipitazione dell’emergenza sanitaria è evidente.

Lo stesso Trump, sabato in conferenza stampa, è stato costretto ad ammettere che questa che verrà sarà una delle settimane con maggiori decessi. Il presidente americano ha annunciato che l’esercito si prepara a dispiegare un migliaio di medici a New York, il maggiore focolaio statunitense. Questo Stato contava ieri sera oltre 138mila contagiati ed un numero di decessi pari a 4.758 (leggi qui). Più dell’intera Italia.

Trump ha avvertito che nuovi hot spot stanno emergendo in Pennsylvania, Colorado e Washington D.C. Il Dr. Birx – che coordina la risposta al Coronavirus per la Casa Bianca – ha avvertito che Detroit, New York e Lousiana – gli attuali focolai – stanno per raggiungere il loro picco nei prossimi sei o sette giorni, citando le previsioni dell’Institute for Health Metrics and Evaluation. Per questo l’amministrazione federale non invierà soldati, medici ed infermieri solo a New York. «Stanno andando in guerra. Stanno andando verso una battaglia per cui sono mai stati addestrati», ha chiosato Trump.

Il governo sta cercando di coordinare come verranno allocate le risorse sul territorio nazionale a livello di equipaggiamenti medici, una “razionamento” di fatto dell’insufficiente disponibilità di apparecchiature che i singoli governatori locali stanno chiedendo a gran voce, scontrandosi con l’amministrazione centrale.

Sabato mattina Andrew Cuomo ha annunciato che il governo cinese ha donato migliaia di apparecchiature mediche per la respirazione assistita a New York (leggi qui) . Lo Stato del Nord-Est potrebbe vederne nel giro di una settimana esaurita la disponibilità per far fronte alle nuove esigenze. Cuomo ha ringraziato pubblicamente l’azienda cinese Alibaba e il suo co-fondatore Joseph Tsai, per il suo aiuto.

New York ha contrattato per 17 mila ventilators (respiratori) dalla Cina ma ha ne ricevuti solo circa 2.500 a causa delle continue dispute tra altri Stati dell’Unione ed il governo federale. Si tratta un confronto per la ridistribuzione delle risorse comunque insufficienti rispetto gli equipaggiamenti medici (leggi qui)   a cominciare dalle maschere protettive, come denuncia da tempo con forza il personale sanitario.

La FEMA (Federal Emergency Management Agency) è l’agenzia federale che dovrebbe allocare le risorse – in maggior parte comprate dalla Cina – ma ci sono state polemiche nei confronti di Trump che sembra prediligere gli Stati in cui governano repubblicani rispetto a quelli in cui governano i democratici.

La Lousiana per esempio che è uno dei focolai, ha fatto richiesta per 14 mila ventilators, di cui 5.000 da attingere dalle riserve strategiche e ne ha ricevuti solo 191 e nessuno dalle riserve, mentre la Florida ha visto soddisfatte il 100% delle proprie richieste e ricevuto il terzo carico di equipaggiamenti.  

Chuck Schumer, il leader della minoranza al Senato di New York ha dichiarato alla CNN: «il sistema che il governo federale ha messo in campo non sta funzionando, punto e basta. Non è adeguato».

Anche la Russia ha fornito apparecchiature mediche agli USA. Ha fatto scalpore il fatto che l’azienda russa dalla quale sono state comprate – la Kret, una azienda del conglomerato dell’industria della difesa russa Rostet – sia sulla lista nera del Tesoro statunitense a causa delle sanzioni “comminate” alla Russia a causa dell’annessione della Crimea dopo il colpo di Stato a Kiev.

Le forniture mediche sono arrivate con un cargo gigante AN-124 all’aereo-porto John F Kennedy di New York. Mercoledì scorso la televisione russa ha mostrato le immagini dei lavoratori aereoportuali della “grande mela” che il giorno precedente scaricavano le casse con il logo Kret. Questa azienda era stata aggiunta nel 2014 alla Specially Designated National List nel 2014.

Alcuni dei beni nel carico arrivato negli USA sarebbero stati pagati dal fondo sovrano russo Russian Direct Investement Fund, anch’esso oggetto di alcune sanzioni restrittive da parte del Tesoro statunitense, sebbene non sia nella sua black list. Ma il Fondo ha negato la cosa e gli Stati Uniti hanno ribadito che hanno pagato completamente il costo.

Al di là dei ringraziamenti formali di Trump alla Russia, e alle spiegazioni rispetto all’accaduto, è palpabile l’imbarazzo dell’attuale amministrazione.

Trump ha dichiarato che sta “ammassando” grandi quantità di idroclorina nelle Riserve Strategiche Nazionali, sebbene la FDA non l’abbia approvata per i trattamenti del coronavirus, ed ha parlato di «milioni e milioni di dosi».

Il Dipartimento della Salute (DHHS) ha ricevuto 30 milioni di dosi del farmaco anti-malarico dalla Sandoz, una branca della Novartis, una azienda farmaceutica svizzera, per i trattamenti clinici e potenzialmente per quello riservato ai pazienti del Coronavirus. Un trattamento che sembra dare buoni risultati.

Il 30 marzo il “Financial Times” riporta i successi dell’industria medico-farmaceutica statunitense.

La Abbott Laboratories ha dichiarato che sta lanciando un test per il virus in grado di dare una risposta in alcuni minuti e effettuabile con una apparecchiatura portatile delle dimensioni di un tostapane, che verrà distribuito in questa settimana ai vari operatori medici.

La Jonson & Jonson è stata la prima azienda farmaceutica di grandi dimensioni a lanciarsi nella corsa per la ricerca del vaccino a gennaio, a cui si sono affiancate altre esponenti di Big Pharma come Sanofi, GSK e Pfizer, senza che nessuna sia riuscita ancora a sperimentare il vaccino sugli esseri umani.

L’azienda ha annunciato che potrebbe essere pronto all’inizio del 2021, e si aspetta di poterlo testare sugli esseri umani da settembre. Si appresta ad investite insieme al governo un milione di dollari nello sviluppo della ricerca. L’azienda è comunque indietro rispetto a Moderna che è stata la prima – dopo appena 42 giorni dalla sua mappatura genetica messa a disposizione dalla Cina a fine gennaio – ad avere iniziato a sperimentarne ad inizio marzo i possibili effetti collaterali sugli umani. La J&J rimane il primo gruppo farmaceutico al mondo ed ha la capacità di produrlo su grande scala in partnership con Barda.

Il valore dei titoli delle due aziende – grazie all’ “effetto annuncio” – sono schizzati in borsa: J&J del 7,9%, Abbott del 7,2%. La pandemia quindi può essere una fonte di guadagni anche futuri se il futuro vaccino non verrà reso disponibile gratuitamente (leggi qui).

Se sul fronte della pandemia la situazione sta precipitando, le conseguenze sociali non sono meno devastanti ed una inedita ondata di scioperi ed azioni dirette hanno colpito alcuni settori economici “fondamentali” in questa fase dalla “gig economy” alla logistica.

Lunedì scorso i lavoratori di Amazon dei depositi Chicago, New York City e Detroit hanno scioperato, così come quelli di Istacart, mentre gli addetti di Whole Foods hanno fatto un “sick out”.

Come in Italia, questi lavoratori, lottano per non essere la “carne da macello” dei profitti padronali, per condizioni di lavoro che li mettano in sicurezza e per risparmiare i propri cari e le proprie famiglie dal contagio, oltre che per paghe dignitose.

I lavoratori di uno stabilimento della GE hanno scioperato per far si che la produzione venisse convertita per fabbricare apparecchiature per l’assistenza respiratoria!

Scioperi dell’affitto si annunciano in differenti città, mentre sono stati “sospesi” i pagamenti dei mutui per un anno, senza che si debba produrre certificazione del danno retributivo dovuto alle conseguenze economiche della crisi.

Gli analisti segnalavano che il fenomeno del “ritardo” nei pagamenti – precedente a tale decisione di sospensione generalizzata – non stesse riguardando tanto i soggetti più vulnerabili che hanno contratto un mutuo ipotecario (com’è avvenuto con i subprime più di dieci anni fa) ma coloro che avevano sempre pagato, segno della profondità della crisi sociale in atto.

Il mercato azionario legato all’assicurazione dei mutui ipotecari – gli MBS – è da tempo al centro delle preoccupazioni della FED che ha comprato “a man bassa” questi titoli che costituiscono il secondo mercato complessivamente più importante per “finanziarsi” negli Stati Uniti. Il governo sta pensando di adottare provvedimenti urgenti che tutelino gli operatori economici non-bancari che prestano i soldi per i mutui ipotecari negli Stati Uniti – e che gestiscono quasi la metà dei mutui totali – su cui poi si costruiscono i veicoli finanziari che li assicurano, gli MBS appunto, e si sorregge parte dei castelli di carta della finanza USA (leggi qui).

Lo spettro della perdita dei posti di lavoro – 700 mila ai primi di marzo e 459 mila solo nel settore del leisure and hospitality – e della disoccupazione di massa è tornato ad incidere a livelli di quelli conosciuti durante la Grande Depressione degli anni Trenta (leggi qui).

Il tasso di disoccupazione è circa del 4,4% per cento, un picco negativo che riporta i valori a quelli di 2 anni e mezzo a fa, invertendo la tendenza instauratasi dal 2009-2011 che aveva visto la percentuale dei disoccupati scendere progressivamente dal 9/10% di quegli anni successivi alla crisi dei “subprime”. Più di 10 milioni di persone – 6 milioni e seicento mila solo la scorsa settimana – hanno fatto domanda per i benefits della disoccupazione.

Ed il pacchetto recentemente approvato dal Congresso di 2 mila miliardi di dollari che dovrebbe tra l’altro “distribuire soldi con l’elicottero” ai contribuenti non è sufficiente a coprire le necessità della popolazione…

Due ricerche pubblicate dal “New York Times” ci mostrano come vi sia un evidente differenziazione a seconda degli strati sociali d’appartenenza e della propria collocazione urbanistica rispetto all’impatto dell’emergenza sanitaria. Le due ricerche sono una sul territorio nazionale, basata sul monitoraggio degli spostamenti fatto da una azienda che visiona circa 15 milioni dispostivi digitali e l’altra sui vari quartieri della Grande Mela.

I lavoratori a basso reddito sono costretti a “spostarsi” di più di fatto aumentando le possibilità di contagio, mentre le fasce medio-alte possono utilizzare lo smart-working. Questi ultimi inoltre si sono potuti “fermare” prima dei primi, tutelando quindi meglio la propria condizione.

Su New York le differenze sociali che si riflettono nella collocazione spaziale in cui si vive sono evidenti. Ci si ammala di più nel South Bronx e nella parte occidentale del Queens in genere e molto di più che nei quartieri “alti” secondo i dati forniti dal NYCD di Health and Mental Hygiene che monitora i vari centri – più di una cinquantina – che sono in prima linea in questa emergenza.

La media è questa: 616 su 100 mila abitanti nel Queens, 584 nel Bronx, mentre Manhattan 376 e Brooklyn 453. Diversi resoconti mostrano come il “Covid-19” sia una possibile bomba sociale esplosiva in quei contesti profondamente impoveriti e ancora più mancanti di strutture sanitarie o di servizi essenziali rispetto a New York come per esempio Detroit o New Orleans.

Gli Stati Uniti, incapaci per ora di predisporre una pianificazione adeguata per l’emergenza, nonostante l’ampiezza di poteri che potrebbe essere conferita dall’applicazione integrale del “Defence Production Act” – cioè di una legge di guerra – per una serie di aspetti fondamentali, sono stati costretti obtorto collo a chiedere aiuto a Cina ed a Russia.

Non ha fino ad ora provveduto a test di massa e le misure di “distanziamento sociale” sono state inefficaci, l’apparato sanitario si è dimostrato inadeguato e sul punto di collassare nei “focolai” specie a New York come testimoniano i racconti di medici ed infermieri costretti a fronteggiare l’emergenza senza nemmeno i dispositivi basilari di protezione (leggi qui).

Il fatto che vi sia negli Stati Uniti dove il sistema sanitario è privato una porzione altissima di persone senza assicurazione medica privata o con una copertura inadeguata gli espone maggiormente al rischio contagio perché materialmente non possono permettersi il trattamento e rischiano di pagarlo caro, come è già accaduto, o di morire per non averlo ricevuto (leggi qui).

Bernie Sanders, che ha ampliato e ri-articolato le proposte di misure d’urgenza precedentemente avanzate, sembra essere l’unico politico in grado di avere una prospettiva chiara di come affrontare la catastrofe che si sta abbattendo sugli Stati Uniti.

Dal punto di vista sociale la situazione sembra proiettata verso uno scenario da Grande Depressione e l’inedita reattività dimostrata da alcuni settori sociali ci fanno ipotizzare che il fantasma di Tom Joad si stia di nuovo aggirando per gli USA.

«E negli occhi degli affamati, la collera cresce e spinge nell’anima del popolo il furore» Scriveva profeticamente Steinbeck…

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