E’ salito a 113 morti il bilancio provvisorio delle vittime della duplice esplosione che martedì pomeriggio ha distrutto il porto di Beirut. Ma Il Libano, oltre ai danni, ai morti e ai feriti, adesso deve fare i conti anche con un’altra emergenza: quella alimentare. Il paese infatti ha meno di un mese di riserve di grano, dopo la completa distruzione dei silos da 120.000 tonnellate di grano situati al porto e investiti in pieno dall’esplosione di ieri.
Il governo libanese ha dichiarato lo stato di emergenza a Beirut per due settimane. Il ministro dell’Informazione Manal Abdel Samad. Ha fatto sapere che il mantenimento della sicurezza nella capitale è affidato all’Esercito.
I funzionari responsabili del porto sono stati posti agli arresti domiciliari. La vicenda della presenza in porto – ormai da sei anni – di un carico di nitrato di ammonio, lo configurava come una vera e propria bomba a orologeria piazzata da sei anni nell’area portuale della capitale libanese.
Le circa 2700 tonnellate della sostanza, erano sotto sequestro dal 2014 da una nave che avrebbe dovuto dirigersi verso lo Zambia. Ad affermarlo è l’emittente libanese Mtv, secondo la quale il sequestro del materiale era avvenuto dopo un guasto alla nave rimasta poi nel porto della capitale libanese. Da allora l’ex direttore della dogana Shafiq Marei e l’attuale Badri Daher avevano più volte sollecitato la rimozione del materiale per il pericolo che rappresentava, ma senza ricevere una risposta, riferisce sempre Mtv.
Secondo Al Jazeera invece il carico di nitrato di ammonio era arrivato in Libano nel settembre 2013, a bordo di una nave mercantile – la Rhosus – di proprietà russa ma battente bandiera moldava (un paese che non si affaccia neanche sul mare). Secondo le informazioni del sito di localizzazione delle navi, Fleetmon, si stava dirigendo dalla Georgia al Mozambico.
La Rhosus era stata costretta ad attraccare a Beirut dopo aver affrontato problemi tecnici in mare. Ma i funzionari libanesi avevano impedito alla nave di riprendere la navigazione, ed alla fine sembra che la nave sia stata abbandonata a Beirut dai suoi proprietari e dall’equipaggio. Il pericoloso carico della nave fu quindi scaricato e collocato nell’Hangar 12 del porto di Beirut, una grande struttura grigia di fronte alla principale autostrada nord-sud del paese all’ingresso principale della capitale. E da allora è rimasto lì.
Sulla spaventosa esplosione di Beirut continuano intanto le speculazioni politiche.
Prima c’è stato il solito tweet di Trump secondo il quale le esplosioni sono state causate da una bomba. Ma la tesi del presidente statunitense è stata però immediatamente contraddette alla Cnn da tre fonti anonime del Pentagono, secondo le quali non ci sono indicazioni di attacchi.
Alcune fonti israeliane lasciano intendere che il magazzino esploso venisse utilizzato da Hezbollah. In realtà questa tesi è vecchia di due anni. Lo evidenzia il giornale israeliano Ha’aretz ricordando che il porto di Beirut era stato indicato dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in un discorso delle Nazioni Unite del 2018 come sito civile in cui Hezbollah stava immagazzinando missili. Successivamente fonti israeliane hanno affermato che il sito di stoccaggio era stato evacuato dopo il discorso di Netanyahu.
Sull’esplosione al porto di Beirut, il noto giornalista investigativo, Richard Silverstein avanza invece l’ipotesi di una operazione israeliana. Nella sua pagina web scrive che “una fonte israeliana altamente informata e confidenziale mi ha detto che Israele ha causato la massiccia esplosione nel porto di Beirut che ha ucciso oltre 100 persone e ferite migliaia”.
Secondo Silverstein Israele ha preso di mira un deposito di armi di Hezbollah nel porto e ha pianificato di distruggerlo con un dispositivo esplosivo. “Tragicamente, l’intelligence israeliana non ha eseguito diligentemente il suo obiettivo. Quindi non sapevano (o se lo sapevano, a loro non importava) che c’erano 2.700 tonnellate di nitrato di ammonio immagazzinate in un magazzino della porta accanto. L’esplosione al deposito di armi ha acceso il fertilizzante, causando la catastrofe che ne è derivata”.
Intanto il ministro degli Esteri libanese Hitti, già in rotta con il Presidente Diab, si è dimesso denunciando come il Libano debba considerarsi “uno Stato fallito”.
Indubbiamente la disastrosa esplosione di Beirut destabilizza ancora di più un paese che è l’anello debole del Mediterraneo orientale, al centro di tensioni politiche interne e regionali fortissime ed alle prese con una crisi economica che si è fatta sentire pesantemente nelle settimane precedenti all’esplosione. Come ricordavamo in apertura oltre all’emergenza di migliaia di feriti e degli immensi danni materiali, si palesa il rischio di una emergenza alimentare. Paradossalmente potrebbe essere proprio la corsa e la gestione degli aiuti internazionali a determinare i nuovi equilibri interni nel decennale scontro tra il network sciita, quello saudita e Israele.
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