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Il Covid delle “moltitudini”. La situazione in India e Africa

Non se ne parla mai nei tg o nei reportage. Eppure si tratta di porzioni rilevanti del mondo e della popolazione mondiale. Sappiamo quasi tutto della Francia o del Belgio (poco più di settanta milioni di abitanti in due), sappiamo degli Usa (328 milioni), ma non sappiamo o ci fanno sapere nulla della situazione in paesi come l’India (1miliardo e 353milioni) e dell’intero continente africano (più di 1 miliardo e duecento milioni). Nel primo caso stiamo assistendo ad un’impennata dei contagi a causa della priorità affidata all’economia e alle feste religiose, nel secondo si conferma invece un andamento molto più blando sul piano del Covid ma molto più pesante sul piano delle sue conseguenze indirette.

Proprio in questi giorni l’India ha superato gli otto milioni di casi di coronavirus, ed è il secondo paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, ad aver superato questa soglia, crescono inoltre i timori di una nuova possibile ondata legata alla stagione delle festività induiste (una appena conclusa, l’altra in arrivo tra quindici giorni).

Hanno riaperto infatti negozi, trasporti, cinema e la vita sembra quasi tornata alla normalità nel Paese. Ma gli esperti hanno avvertito che la mancanza di distanziamento sociale e l’uso raro delle mascherine potrebbe portare a un nuovo balzo delle infezioni.

In India i casi sono aumentati di due milioni a luglio e tre milioni a settembre, ma dalla metà del mese scorso il tasso di contagi sembra aver rallentato, scendendo via via dal picco di 97.894 infezioni e 1.275 morti al giorno.

Secondo molti medici indiani, i politici del Paese starebbero anteponendo la paura di scontentare il sentimento religioso del Paese alla salute pubblica.

Il governo non ha infatti imposto restrizioni durante le festività passate (Durga Puja dal 22 al 26  ottobre) e in arrivo (Diwali il 14 novembre prossimo) per non limitare la circolazione economica che solitamente generano. Le due ricorrenze vengono celebrate con riunioni familiari e scambi di regali, facendo aumentare gli acquisti dei consumatori in più settori, vitali per le entrate di molte persone.

Durante le celebrazioni di Durga Puja, i devoti sono soliti radunarsi, anche in gruppi numerosi, e pregare di fronte a rappresentazioni della dea Durga. A tal proposito, il ministro della Salute indiano, Harsh Vardhan, ha raccomandato alla popolazione di mantenere il distanziamento sociale, senza il quale la situazione del Paese potrebbe notevolmente peggiorare, e ha affermato che non vi sia alcun bisogno di radunarsi in gran numero per provare la propria fede religiosa.

Uno tra i ministri dello Stato del Bengala Occidentale, il territorio più colpito dal coronavirus in India, nonché uno tra gli Stati più poveri del Paese, Subrata Mukherjee, ha affermato, invece, che: “Avremo probabilmente più morti di fame che di coronavirus se priviamo dell’opportunità di guadagnare denaro in occasione delle festività la popolazione migrante che dalle campagne si riversa nelle città, in occasione di Durga Puja”. Il ministro ha poi sottolineato che, al momento, data la fine delle operazioni di semina e trapianto nelle risaie, gran parte della popolazione rurale si è ritrovata senza un lavoro e, allo stesso modo, anche i piccoli commercianti stanno aspettando con ansia i guadagni portati dalle festività. Lo Stato del Bengala Occidentale ha deciso di incrementare del 42% rispetto al 2019 le celebrazioni a livello delle comunità per Durga Puja e ha raddoppiato il finanziamento statale ad esse rivolto.

Paradossalmente, la situazione appare diverso in Africa, dove i casi di coronavirus confermati sono 1.707.74. A documentarlo è l’Africa Centres for Disease Control and Prevention (Africa CDC). L’Africa CDC ha comunicato che il bilancio delle vittime legate alla pandemia ha raggiunto quota 41.145. Sono 1.399.238, invece, le persone guarite. I paesi africani più colpiti in termini di numero di casi positivi sono Sudafrica, Egitto, Marocco, Etiopia e Nigeria.

Nonostante l’Africa resti il continente meno colpito dalla pandemia – sono 1 milione e 700mila i casi di Covid e circa 40mila i morti registrati – crescono molto altre difficoltà, non solo dal punto di vista sanitario, nei Paesi colpiti dal virus.

Il paradosso di un basso numero di contagi registrati in Africa, lo spiega a  Vatican News il dottor Giovanni Putoto, responsabile di Programmazione delle emergenze per Medici con l’Africa (Cuamm): “In Africa, in questo momento, c’è una scarsa disponibilità di capacità diagnostiche, quindi un numero di tamponi non elevato. Inoltre, la classifica dei decessi non poggia su sistemi anagrafici simili a quelli di altri Paesi, quindi molte persone muoiono nell’oblio. Ci sono probabilmente anche altri motivi che spiegano il ridotto impatto diretto dell’epidemia. Uno è l’età mediana della popolazione, intorno ai 20 anni. C’è poi la dispersione della popolazione rurale, che rappresenta la maggioranza della popolazione africana e che agisce come barriera geografica al virus. La terza ragione potrebbe essere anche un intervento delle capacità immunitarie della popolazione, sia in termini di immunità innata, che acquisita”. Ma questi, per il medico di  Cuamm, sono solo gli aspetti più superficiali dell’epidemia, che in realtà sta avendo affetti indiretti più gravi.

A preoccupare Cuamm sono, dunque, gli effetti secondari della diffusione del Covid-19, che si stanno dimostrando più letali del virus. “Da un lato – dice ancora il dottor Putoto – abbiamo una popolazione spaventata dal virus, le donne non vanno a partorire nelle strutture sanitarie e non portano i bambini a vaccinarsi, ci sono crisi di approvvigionamento di farmaci per pazienti affetti da tubercolosi, malaria e malattie croniche come il diabete”. Questo crollo degli ingressi nelle strutture sanitarie, sottolinea ancora il medico, aumenta quella che viene definita “mortalità evitabile”. Tali difficoltà, poi, si aggiungono alla situazione economica alla base in Africa, con l’assenza dei sussidi e degli aiuti economici alla popolazione. Ecco che a pagare il prezzo più alto, in termini sociali, economici e di riflesso sulla salute, è proprio l’Africa sub-sahariana.

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