Il Presidente francese Emmanuel Macron è tornato ad esprimersi ieri sera, dopo il suo ultimo intervento televisivo dello scorso 14 ottobre durante il quale era stato annunciato un coprifuoco dalle 21 alle 6, di almeno quattro settimane, per l’intera Ile-de-France (la regione di Parigi) e altre otto città principali. Una misura che, come scrivevamo, non sarebbe stata in grado di incidere sulla progressione dell’epidemia né di frenare la crescita esponenziale della curva epidemiologica.
Infatti, in queste due settimane (14-27 ottobre), in Francia si sono registrati 442.223 casi positivi e 2.608 decessi, con il nuovo triste record di casi positivi in 24h osservato domenica 25 ottobre (52.010). È cresciuto in maniera rilevante anche il tasso di positività, passato dal 13,8% della settimana tra il 12 e il 18 ottobre (171.153 positivi su 1.238.983 test PCR effettuati) al 18,5% della settimana dal 19 al 24 ottobre (252.535 positivi su 1.369.020 test PCR eseguiti), secondo le cifre della Santé publique France.
Negli ospedali, il personale sanitario si trova a rivivere lo stesso contesto d’emergenza di inizio marzo, non solo per quello che riguarda i numeri di pazienti Covid-19 ricoverati in terapia intensiva, ma soprattutto la mancanza di risorse e attrezzature adeguate, con la sanità pubblica sempre più sull’orlo del collasso e incapacitata a far fronte a questa seconda ondata. Con una capacità nazionale di circa 5.080 posti letto in rianimazione (dato al 31 dicembre 2019 della Direction de la recherche, des études, de l’évaluation et des statistiques) e più di 3.000 pazienti Covid-19 attualmente ricoverati in terapia intensiva, il tasso di occupazione è prossimo al 60% a livello nazionale, mentre in alcuni dipartimenti si è già prossimi alla saturazione.
Nella giornata di mercoledì erano già trapelate indiscrezioni circa un nuovo ri-confinamento a partire da questa sera (giovedì 29 ottobre) sull’intero territorio francese, ovvero un possibile lockdown “alleggerito” rispetto a quello avuto in primavera, con le scuole elementari e medie aperte e il ritorno della attestazione per coloro che dovranno continuare a recarsi al lavoro. Un’ipotesi riportata anche dal quotidiano Le Monde, secondo il quale la possibilità di anticipare il coprifuoco alle ore 19 e introdurre un confinamento durante il fine settimana non sarebbe stata efficace per contrastare questa seconda ondata: “il virus è ovunque”.
Già martedì sera, il Primo Ministro Jean Castex aveva annunciato in una riunione con i vari leader politici e le parti sociali che “nuove misure sono indispensabili” di fronte all’avanzare dell’epidemia. Due riunioni del Consiglio di difesa della salute nazionale si sono tenute martedì e mercoledì all’Eliseo, dove il Presidente Macron si è confrontato con i ministri della Salute, dell’Economia e degli Interni, nonché le autorità sanitarie.
Proprio quest’ultime hanno lanciato negli scorsi giorni gli allarmi più altisonanti circa la situazione attuale e le prospettive di evoluzione dell’epidemia. Le parole di Jean-François Delfraissy, presidente del Consiglio scientifico, avevano avuto una risonanza drammatica e quasi catastrofica: la situazione è “difficile, persino critica” di fronte a una seconda “brutale” ondata epidemica, prefigurando che “la seconda ondata sarà probabilmente più forte della prima” e osservando che “molti dei nostri concittadini non hanno ancora capito cosa ci aspetta”.
Stimando che il numero reale di casi si aggiri sui “circa 100.000 al giorno”, Jean-François Delfraissy aveva suggerito due ipotesi per cercare di frenare questa seconda ondata. La prima è quella di “procedere verso un coprifuoco più massiccio, sia nell’orario che nell’estensione sul territorio nazionale” e dopo “10-15 giorni (…) guardare la curva delle nuove contaminazioni (…) e se non siamo nella giusta direzione, andare verso il contenimento”. La seconda ipotesi era quella di “andare direttamente verso un contenimento, meno duro di quello di marzo, che permetterebbe di lavorare, che ovviamente aumenterebbe nel caso del telelavoro, che probabilmente permetterebbe di mantenere un’attività scolastica e (…) un certo numero di attività economiche, (…) di durata più breve, (…) seguito da condizioni di deconfinamento molto specifiche, (…) attraverso un coprifuoco”.
Il direttore generale dell’Assistance Publique-Hôpitaux di Parigi, Martin Hirsch, aveva affermato qualche giorno fa che “è possibile che la seconda ondata sia peggiore della prima”; secondo l’infettivologo Gilles Pialoux bisognerebbe imporre un nuovo lockdown, una “misura drastica indispensabile” perché la circolazione del virus “è fuori controllo”.
Non solo non è mai stata fatta una valutazione circa l’inefficienza e l’incapacità di gestire la pandemia a marzo, ma il governo francese non ha operato in termini di previsione né di pianificazione in vista di una seconda ondata autunnale prevista con mesi di anticipo da molte autorità sanitarie nazionali ed internazionali.
Per questo, ieri sera nel suo discorso, infarcito della solita retorica ed ipocrisia, al presidente Macron non rimaneva che annunciare un nuovo lockdown, unica misura possibile quando per mesi si sono ignorati i rischi di una seconda ondata e nulla è stato fatto per tutelare la salute pubblica e collettiva. L’estate ha rappresentato un “liberi tutti” che poi ha presentato il conto con il rientro alla fine d’agosto e la ripresa di tutte le attività a settembre. Ancora una volta il governo francese ha scaricato le proprie responsabilità, colpevolizzando l’atteggiamento lassista e poco attento della popolazione, omettendo le sue gravi mancanze sotto praticamente tutti gli aspetti della gestione dell’epidemia.
Il nuovo confinamento comincerà da questo venerdì, per una durata di quattro settimane, ovvero “almeno fino al 1° dicembre”. Abbiamo appreso in questi mesi che, affinché misure restrittive di questo tipo diano qualche risultato visibile sull’evoluzione della curva epidemiologica, bisognerà attendere 10-15 giorni. Viene reintrodotta l’attestazione per gli spostamenti e le uscite poiché, come ha affermato Macron, “come in primavera, potrete uscire di casa solo per andare al lavoro, per andare a un appuntamento medico, per assistere una persona cara, per fare la spesa essenziale o per prendere un po’ d’aria fresca vicino a casa”.
Considerando queste dichiarazioni, due aspetti – a lungo analizzati durante il primo confinamento in primavera – tornano al centro della nostra attenzione: la contraddittoria decisione di “chiudere tutto” ma che “si continui a lavorare come prima”; in secondo luogo, la polizia tornerà a “vigilare” sul rispetto delle misure restrittive con la sua discrezionalità ed arbitrarietà. Due aspetti, legati a stretto filo, che costituiscono un modello di società preciso: “lavora, consuma e stai zitto”.
“Le attività commerciali che in primavera sono state definite non essenziali, gli esercizi che ricevono il pubblico, soprattutto bar e ristoranti, saranno chiusi”, ha detto il Presidente Macron, recuperando quindi la lista definita dall’ordinanza dello scorso 15 marzo sulla classificazione di attività essenziali e non. Un elenco che già allora permetteva a numerose aziende di rimanere in funzione nonostante il dubbio carattere essenziale in un periodo di pandemia, in particolare nel settore industriale degli armamenti.
Con le nuove misure che entreranno in vigore da domani, le università dovranno tornare alla completa didattica a distanza, superamento il sistema misto (50% in presenza e 50% in collegamento da remoto) adottato finora. Al tempo stesso, le scuole (elementari, medie e licei) continueranno a restare aperte. Ma non perché “i nostri figli non devono essere permanentemente privati dell’istruzione”, quanto per permettere ai loro genitori di continuare ad andare a lavorare.
Questo perché l’economia di questo sistema capitalistico, in crisi profonda e sistematica da decenni e ulteriormente affossato dalla pandemia, non deve fermarsi o subire un’altra battuta d’arresto che ha già determinato recessioni e cali del PIL in doppia cifra in molti Paesi occidentali a capitalismo maturo. La salute dei lavoratori e, in generale, della popolazione viene subordinata alla “ripresa economica a tutti i costi”, quando persino i falchi del FMI sembrano non essere dello stesso avviso.
Si prosegue a ribadire, in maniera ostinatamente stolta e distacca dalla realtà economica e sociale, che “dove possibile, il telelavoro sarà nuovamente generalizzato”. Ma dove si può concretamente implementare il lavoro a distanza? Di sicuro non in numerosi settori – essenziali e non – dove il lavoro fisico in presenza è indispensabile e fondamentale. Come ha detto Macron, “le fabbriche, le aziende agricole, gli edifici e le opere pubbliche continueranno a funzionare, così come gli sportelli del servizio pubblico. L’attività continuerà con maggiore intensità” rispetto al primo lockdown.
Milioni di lavoratori e lavoratrici continueranno a recarsi a lavoro quotidianamente, affollandosi nei mezzi del trasporto pubblico, senza che questo ponga il minimo problema per il Presidente e il governo francese in termini di diffusione del Covid-19 e del rischio di contagio. “Il trasporto pubblico non ha rappresentato un particolare luogo di contaminazione” aveva affermato il Ministro dei Trasporti Jean-Baptiste Djebbari, mentre sui mezzi pubblici (metro, RER, Transilien, TER, ecc.), non solo nelle ore di punta, ma anche nel resto della giornata, i passeggeri si ammassano a bordo di treni e banchine affollate. In questi casi, il tracciamento dei potenziali casi-contatto è praticamente impossibile e il rischio di contaminazione sui mezzi di trasporto pubblico è sottostimato in maniera preoccupante.
Qualunque altro tipo di attività – sociale, politica, culturale, ecc. – al di là del lavoro è di fatto vietata, non essendo stata minimamente presa in considerazione all’interno delle valutazioni circa queste misure restrittive. Si può tranquillamente affermare che questo nuovo lockdown altro non è che l’obbligo di continuare a lavorare, sfruttati precari e mal pagati.
Sembra più che mai attuale l’analisi di Karl Marx in “Salario, prezzo e profitto”: “Un uomo che non dispone di nessun tempo libero, che per tutta la sua vita, all’infuori delle pause puramente fisiche per dormire e per mangiare e così via, è preso dal suo lavoro per il capitalista, è meno di una bestia da soma. Egli non è che una macchina per la produzione di ricchezza per altri, è fisicamente spezzato e spiritualmente abbrutito. Eppure, tutta la storia dell’industria moderna mostra che il capitale, se non gli vengono posti dei freni, lavora senza scrupoli e senza misericordia per precipitare tutta la classe operaia a questo livello della più profonda degradazione”.
Lo ha ribadito lo stesso Macron nel suo discorso, perseverando nella logica fallimentare del “convivere con il virus” adottata dal sistema neoliberista: bisogna “proteggere la nostra economia” perché “l’economia non deve fermarsi né crollare”. Come provare a salvare questo sistema economico e produttivo? Per Macron la risposta è chiara: ciascuno deve “partecipare a questo sforzo lavorando”, quando invece nei mesi di pandemia i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri sempre più poveri. Nemmeno in tempi di Covid-19 siamo tutti sulla stessa barca.
Come in Italia, il “chiagn’e fotte” del Medef (la Confindustria francese) ha già fatto sentire la sua pressione sulle decisioni del governo, attraverso le dichiarazioni del suo Presidente Geoffroy Roux de Bézieux: “le aziende hanno resistito allo shock, ma ora le organizzazioni sono indebolite”, “se ci sarà un lockdown totale, come fatto a marzo, andremo non solo avremo una recessione del 10% nel 2020, ma andremo verso un crollo dell’economia francese” dal quale “rischiamo di non riprenderci”. Ma la realtà è che, sin dall’inizio della pandemia, sono stati versati ingenti aiuti statali alle grandi imprese del CAC40, che hanno continuano a distribuire generosi dividendi ai loro azionisti, annunciando al contempo l’eliminazione di quasi 15.000 posti di lavoro in Francia, come evidenziato dall’accurato rapporto dell’Observatoire des multinationales pubblicato qualche settimana fa.
La strategia del governo francese e del Presidente Macron è da bollare definitivamente come fallimentare (difficile avere ancora dubbi a riguardo), avendo perseverato in diversi e numerosi errori di gestione della pandemia e non avendo dato una risposta efficace per contrastare gli effetti negativi sia sul piano dell’emergenza sanitaria che della crisi sociale.
Lo scorso 14 luglio, il Presidente Macron aveva affermato che “tutto quello che abbiamo imparato, pianificato, modellato, ci ha permesso di organizzarci: in caso di seconda ondata saremo pronti”. Sì, ad un nuovo inevitabile lockdown.
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