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Colpita un’altra nave israeliana nel Golfo. Ormai è guerra nei mari

Senza esclusione di colpi. Ormai è una sorta di battaglia navale quella che si combatte tra navi israeliane e navi iraniane al largo dello Stretto di Hormuz e perfino nel Mediterraneo.

Un’altra  nave di proprietà israeliana sarebbe stata colpita ieri al largo della costa di Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti. A riferirlo è l’emittente libanese “Al Mayadeen”, ritenuta vicina al partito sciita Hezbollah, citando “fonti informate” ma senza fornire ulteriori dettagli.

La nave in questione sarebbe il cargo Hyperion, di proprietà israeliana, ma battente bandiera delle Bahamas. La notizia giunge poche ore dopo che l’Iran aveva minacciato ritorsioni contro Israele in seguito al sabotaggio che ha colpito nei giorni scorsi la centrale nucleare di Natanz. Teheran ha accusato Israele di essere responsabile del sabotaggio dell’impianto nucleare. Al momento non vi sono conferme da parte israeliana dell’attacco contro la nave. I media israeliani, sia Jerusalem Post che Times of Israel hanno riferito che l’attacco è stato probabilmente effettuato con un missile o un drone e che alla nave sono stati causati solo lievi danni.  Le autorità militari israeliane hanno rifiutato di commentare la notizia.

Il 27 marzo era stata colpita la nave container Lori, battente bandiera liberiana, ma di proprietà della israeliana XT Management Ltd di Haifa, in viaggio nel Mar Arabico. Il 1 marzo una nave di proprietà israeliana, la Helios Ray, ma anch’essa battente bandiera delle Bahamas era stata attaccata nel Golfo dell’Oman.

Di contro sarebbero noti almeno 12 attacchi israeliani – alcuni anche nel Mediterraneo – contro navi iraniane dirette verso la Siria con carichi di petrolio e armi. Gli attacchi, compiuti con mine e altre armi, sono iniziati nel 2019 e hanno preso di mira mercantili e navi cargo iraniane.

Ma la guerra sui mari, e qui ci spostiamo nel Mediterraneo orientale, potrebbe arricchirsi di un nuovo teatro di scontro che coinvolge Israele e il Medio Oriente.

Il ministro libanese dei trasporti e dei lavori pubblici ha infatti dichiarato lunedì d’aver firmato un documento che espande la ZEE (Zona Economica Esclusiva) rivendicata da Beirut di circa 1.400 kmq rispetto alla posizione originariamente presentata alle Nazioni Unite. Il documento deve ora essere firmato dal primo ministro, dal ministro della difesa e dal presidente libanese prima della presentazione all’Onu della formale richiesta di registrare le nuove coordinate.

Immediata e preoccupata la risposta israeliana che su questo tratto del Mediterraneo orientale ha da tempo messo gli occhi e le mani sui ricchi giacimenti di gas sui fondali marini. “Evidentemente il Libano preferisce far saltare le trattative invece di cercare di arrivare a soluzioni concordate – ha commentato il ministro dell’energia israeliano, Yuval Steinitz – Purtroppo non sarebbe la prima volta negli ultimi vent’anni che i libanesi cambiano le loro mappe navali per scopi di pura propaganda. Ovviamente, Israele ripagherà i passi unilaterali libanesi con la stessa moneta”. Insomma un messaggio niente affatto rassicurante.

Tra i giacimenti di gas naturale nel Mediterraneo in mano a Israele, i più capienti sono quello di Tamar, divenuto operativo dal 2013, e il Leviathan, che ha iniziato la produzione nel 2019, mentre l’estrazione dal giacimento Karish è prevista entro la fine del 2021.  

L’offensiva israeliana sui giacimenti di gas marini punta anche a usare l’arma energetica per stringere rapporti con alcuni paesi arabi come l’Egitto e la Giordania e per entrare nella partita dei gasdotti marini come l’EastMed, che nella visione israeliana collegherebbe Grecia ed Italia. Nelle acque del Mediterraneo Orientale sono stati scoperti imponenti giacimenti di gas (per un totale di 2100 miliardi di m³) divisi principalmente tra Egitto, Israele e Cipro. Se adesso si inserisce nella partita anche il Libano la tensione non può che salire alle stelle.

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