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La Francia chiude la “missione antiterrorismo” nel Sahel, ma ci resta

A conferma della politica neocoloniale (europea, ma soprattutto francese) nell’Africa subsahariana, il presidente Macron ha annunciato ieri che la “missione Barkhane” – ufficialmente finalizzata a combattere i gruppi jihadisti locali – “è terminata”. Ma le truppe francesi resteranno nell’area, senza alcun’altra “giustificazione”, semplicemente perché Macron decide così.

A scanso di equivoci, ha citato anche il recente colpo di stato in Mali, particolarmente sgradito a Parigi. La “collaborazione” con il nuovo governo non è mai partita, ma le truppe francesi restano anche lì per decisione unilaterale.

Come ciliegina sulla torta, ha implicitamente spiegato che questa decisione è parte di una più complessiva strategia in via di revisione in ambito Nato.

Di seguito, l’articolo di Al Jazeera che resoconta sulla conferenza stampa.

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Il presidente Emmanuel Macron ha detto che l’operazione militare della Francia nella regione del Sahel colpita dalla violenza nell’Africa occidentale non esisterà più nella sua forma attuale, aggiungendo che sarà sostituita da un’altra missione di truppe francesi che si affiderà ulteriormente ad altri partner.

“È giunto il momento; la continuazione del nostro impegno nel Sahel non sarà nella stessa forma“, ha detto Macron nel corso di un’ampia conferenza stampa giovedì, annunciando una “profonda trasformazione” della presenza militare del suo paese nella regione – ma fornendo pochi dettagli.

La Francia ha attualmente circa 5.100 soldati dispiegati in tutta la striscia semi-arida sul bordo meridionale del deserto del Sahara come parte della sua operazione Barkhane, il cui quartier generale è nella capitale ciadiana, N’Djamena.

Le sue forze sono per lo più concentrate a combattere i gruppi armati in Burkina Faso, Ciad e Niger. La settimana scorsa, la Francia ha sospeso le sue operazioni militari congiunte con le forze maliane e ha smesso di fornire “consigli” sulla difesa del Paese, sulla scia del secondo colpo di stato nel paese nove mesi. Parigi ha citato il fallimento del nuovo governo militare nel dare garanzie per tenere libere elezioni per la sua decisione.

“Faremo un drawdown in modo organizzato”, ha detto Macron ai giornalisti, aggiungendo che i dettagli, anche sul numero di soldati che la Francia mantiene nella regione, saranno finalizzati entro la fine di giugno.

“Dovremo tenere un dialogo con i nostri partner africani ed europei. Manterremo un pilastro antiterrorismo con forze speciali con diverse centinaia di soldati… e ci sarà un secondo pilastro che sarà la cooperazione, e che rafforzeremo”.

Natacha Butler, di Al Jazeera, inviata a Parigi, ha detto che la tempistica dei commenti è stata significativa, indicando il colpo di stato del mese scorso in Mali e una riunione della prossima settimana degli alleati della NATO a Bruxelles, così come le prossime elezioni francesi.

“L’operazione Barkhane e la sua presenza nel Sahel è diventata sempre più impopolare in Francia”, ha detto. “Più di 50 soldati [francesi] sono morti dal 2013 e quindi non c’è dubbio che Emmanuel Macron è molto consapevole che l’opinione pubblica francese si sta rivoltando contro di essa”.

L’annuncio è arrivato dopo che Macron a febbraio – durante un vertice virtuale con i leader dei cosiddetti paesi del G5 Sahel Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger – aveva espresso la sua intenzione di ridurre entro pochi mesi il numero delle truppe francesi.

All’epoca, le controparti del G5 di Macron lo avevano messo in guardia contro i pericoli di un rapido ritiro.

Il conflitto nella parte occidentale del Sahel, in gran parte tra forze statali e gruppi armati legati all’ISIL (ISIS) e al-Qaeda, ha devastato gran parte della regione negli ultimi dieci anni, scatenando una grave crisi umanitaria.

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