Preambolo
Sin dai primi giorni, in cui la rivoluzione cubana emerse trionfante, nel gennaio del 1959, gli Stati Uniti decisero presto che questo movimento patriottico non poteva essere tollerato. L’egemonia statunitense su Cuba, che avevano mantenuto nei precedenti 60 anni, era minacciata.
Quando Fidel Castro iniziò ad attuare il suo nuovo ordine socioeconomico, furono attuate politiche piuttosto violente per assicurarsi il “cambio di regime”. Una varietà di strategie è stata scatenata per distruggere la rivoluzione.
Isolamento, restrizioni che impediscono ai cittadini americani di recarsi a Cuba, centinaia di atti di terrorismo contro obiettivi civili e commerciali, blocco economico con applicazione extraterritoriale, tentativi di assassinio, etc.
Mesi dopo il trionfo della Rivoluzione cubana, le élite politiche e i media tradizionali non riuscirono ancora a cogliere la nuova realtà. Decenni di dominio hanno assimilato l’arrogante idea che Cuba fosse una proprietà degli Stati Uniti, che decidono il destino di Cuba.
I media non hanno esitato a replicare l’atteggiamento imperiale prevalente secondo cui le percezioni sbagliate di Castro dell’indipendenza nazionale fossero subordinate al disegno americano. “Dovremmo decidere se vogliamo o meno che la rivoluzione cubana abbia successo“, proclamò l’assistente del segretario di Stato JC Hill, nel settembre 1959.
All’inizio del 1960, Robert Kennedy chiarì quale sarebbe stata quella decisione: il rovesciamento della rivoluzione.
Dal trionfo della Rivoluzione cubana, 62 anni fa, il governo americano e i media mainstream sono tuttora molto convergenti nel costruire un giudizio negativo sull’assetto politico/economico della nazione insulare. Gran parte di ciò è stato fondato su una rappresentazione distorta degli obiettivi e dei risultati della rivoluzione e sulla negazione dell’impatto che, le politiche di cambio di regime, sin dal 1959, hanno avuto sullo sviluppo del paese.
Quel verdetto è stato stabilito non appena Fidel Castro e i suoi seguaci sono diventati “nemici ufficiali” dell’impero neocolonialista anglo-americano. Una designazione che ha creato la giustificazione simbiotica per l’ostilità del governo degli Stati Uniti e la difesa dei media degli interessi economici e commerciali statunitensi, ammantati di retorica “democratica” e fintamente “diritto-umanista” (i presunti diritti umani utilizzati come foglia di fico, per giustificare guerre e aggressioni a scopo “umanitario”).
La questione cubana è senza dubbio un esempio che rimarrà nelle cronache della manipolazione mediatica. In essa possiamo scorgere quasi tutte le tecniche, dalle più grezze alle più sofisticate. Benché la disinformazione non sia una novità, i metodi, le strategie e le tecnologie utilizzate si sono sviluppate molto nel tempo.
Il bersaglio è la Rivoluzione e i suoi difensori; la strategia è quella del colpo di stato morbido che stabilisce, come una delle sue regole fondamentali, la corruzione di alcuni membri del popolo per poter attaccare i pilastri fondamentali che sostengono lo Stato.
In questi giorni, come mai prima d’ ora, è in atto un vero e proprio assalto mediatico che cerca di alterare la verità e la grandezza della resistenza di Cuba. Attaccano e sviliscono l’eroica Cuba che, a detta delle Nazioni Unite e persino della Banca Mondiale (e di tante altre prestigiose istituzioni internazionali e accademiche), resta l’unico paese Latino-americano che, al contrario dei suoi vicini, paesi latini asserviti al modello statunitense e liberista (ad esempio, Honduras, Haiti, Salvador, l’ attuale Brasile, la Colombia, etc.), è assolutamente priva di denutrizione infantile, priva di bambini di strada e clochard, priva di macro-criminalità, priva di analfabetismo, nonché fornita di un sistema sanitario e di sicurezza sociale paragonabile solo alle diverse realtà europee.
Per infamare e disonorare la rivoluzione, ingannano, si contrappongono all’umanesimo dei suoi progetti, tentano di occultare le sue conquiste, evidenziano le sue debolezze, tacciono e nascondono le sue eroiche imprese, etc.
In assenza di argomenti validi, “rigirano” le informazioni, creando vere e proprie menzogne costruite ad arte, esattamente come in un copione teatrale. Confezionano ad arte menzogne sui medici cubani, sulla collaborazione internazionale cubana, demonizzano tutti coloro che osano ammirare Cuba per il suo lavoro sociale e umanitario.
Questa fabbrica della mistificazione comincia a manifestarsi con l’azione di pagine web gestite da tutte da “bot”, pagine web che si clonano a vicenda, moltiplicandosi e riportando automaticamente le identiche informazioni mistificate. Pagine finanziate dal fondo milionario che il governo degli Stati Uniti stanzia ogni anno per la sovversione a Cuba.
I suoi editori, mercenari cubani dediti a quest’opera, monitorano le pagine Facebook di tutti gli artisti cubani popolari, alla ricerca di qualsiasi pubblicazione che possa essere loro utile, per avviare un intenso lavoro di “corruttela”, attraverso proposte editoriali ed economiche.
Le azioni sono favorite in modo pianificato e coordinato dall’intelligence degli Stati Uniti; si fa un uso intensivo e ampio delle scienze sociali; si utilizzano i mezzi di comunicazione in modo razionale e operativo; e l’intervento attivo di centri di pensiero dedicati agli studi politici e sociali.
La cronaca recente: alcuni esempi grotteschi provenienti dall’informazione italiana
Nel “bel paese”, ultimamente, pullulano le testate che, sotto il profilo informativo, seguono pedissequamente (si tratta di un vero e proprio copia-e-incolla) i contenuti dettati dalle agenzie dei Gruppi e Centri di studio cubani legati ai Servizi speciali degli Stati Uniti, Gruppi di studio cubani della CIA (che propongono le politiche da seguire), la United States Information Agency (USIA), che hanno come obiettivi strategici settori o gruppi sociali a Cuba, per la quale opera la sovversiva Radio Martí.
Tant’è che basta digitare le stesse notizie e i contenuti, sia in lingua inglese che in italiano, per notarne la sfacciata somiglianza, sia nelle argomentazioni trattate che nelle espressioni linguistiche.
Ad esempio, i contenuti prodotti da Il Giornale, il 23 settembre 2020 e quelli del 13 giugno 2021, da un certo Paolo Manzo, sono del tutto assimilabili, rispettivamente, alle “circolari” prodotte dal sito Prisoners Defenders.
Prisoners Defenders è una sorta di “Agenzia Informativa” con sede legale in Spagna (in via Príncipe de Vergara 109, 28002 Madrid) e direttamente finanziata ed eterodiretta dal Bureau of Democracy, Human Rights and Labor del Dipartimento di Stato USA, con sede a Washington DC.
La netta e stragrande maggioranza delle informazioni riportate dal suddetto sito, provengono prevalentemente da fonti legate a Miami (dai famigerati gusanos alla Scarface, legati al Partito Repubblicano Statunitense)o dalle “denunce” del Bureau of Democracy, Human Rights and Labor del Dipartimento di Stato USA.
Si tratta di un’istituzione governativa che, nascondendosi dietro la foglia fico del “diritto-umanismo”, altro non è che un volgare think tank degli interessi geostrategici degli USA.
Altre “istituzioni” da cui Prisoners Defenders trarrebbe le informazioni da pubblicare, sono: il Parlamento Europeo, il Servizio di documentazione sui diritti umani del Parlamento Europeo, la Commissione interamericana sui diritti umani, le Nazioni Unite, il Congresso degli Stati Uniti, il Dipartimento di Stato degli U.S.A., Amnesty International, Human Rights Watch, ABC, Le Monde, Le Point, Le Figaro, New York Times e Washington Post.
Concludendo: con l’unica eccezione delle Nazioni Unite e de Le Monde, si tratta di istituzioni politiche chiaramente governative (e che ovviamente difendono interessi “di stato”) ed espressamente legate agli U.S.A. e a partiti politici di Destra o di Centro-Destra.
In sintesi, ci troviamo di fronte all’apoteosi della “neutralità”!
Eppure, l’esempio più ridicolo e caricaturale proviene dal Secolo d’Italia che, in un recente articolo, del 5 luglio 2021, di un certo Carlo Marini, si esalterebbe il probabile “coraggio” di una presunta signora cubana.
La presunta signora cubana, di cui non è riportato il nome, né alcuna generalità di sorta, avrebbe ridicolizzato, a Desenzano del Garda, dei militanti comunisti nostalgici di Castro e Che Guevara.
L’ articolo vago e poco chiaro è fornito di un video ancor meno chiaro, giacché assai mosso e sgranato (un bambino di due anni, con un cellulare di fortuna, avrebbe fatto riprese migliori), in cui si intravede una strada, con militanti dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba (pochi) e la voce di una signora (la presunta cubana che, in realtà, potrebbe essere spagnola, di qualsiasi paese latino-americano, ma persino un’italiana che parla spagnolo) che urla banali e volgari slogan anti-comunisti (senza contenuto alcuno).
Concludendo: l’eroina del mese sarebbe questa signora, che si suppone cubana (ma di cui non si conoscono le generalità), il cui unico atto eroico sarebbe urlare quattro slogan banali e volgari, per strada, di fronte a un gruppo (poco numeroso) di presunti “comunisti”.
È evidente che, nell’epoca dell’immagine e delle post-verità, sia diventato fin troppo semplice passare per grandi eroi: l’importante è appartenere alla “cordata” giusta e urlare “rassicuranti” slogan al vento. Persino all’epoca di Giovannino Guareschi era lecito ostentare maggiore contenuto e autenticità.
* da Convergenza Socialista
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