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I sacrificati del Sahel

Sono anzitutto loro, i capri, che occupano senza averlo scelto, tutti gli spazi utili lungo le strade della capitale Niamey. Bene in vista per gli acquirenti che, con l’auto, possono imbarcare l’animale e spesso il fieno necessario per nutrirlo fino alla festa di martedì.

La Tabaski, Aid el- kebir, ricorda il sacrificio chiesto ad Abramo, patriarca nella fede delle religioni monoteiste. I capri non sono soli in questo drammatico, beninteso per loro, frangente. Altri animali, piccoli ruminanti e bovini, sono anch’essi possibile bersaglio del sacrificio rituale che consisterà a sgozzare l’animale, svuotarlo delle interiora e poi cuocerlo a fuoco lento fino a cottura completa.

La crisi economica, securitaria e le conseguenze delle politiche restrittive legate al Covid, rendono l’acquisto degli animali più complicato del solito. I commercianti deplorano un minore afflusso di clienti. Non è chiesto il parere degli animali perché, si sa, la storia è scritta dai vincitori.

Oltre gli animali, il rito della Tabaski implica altri elementi ugualmente indispensabili alla festa. La legna o il carbone per cuocere l’animale, i pali in legno, gli utensili per le varie operazioni legate alla cottura e alla consumazione.

Tra questi troviamo oggetti di fabbricazione locale ed altri provenienti da commerci transfrontalieri. Coltelli, ‘machete’, padelle, il necessario per gli spiedini, i barbecue, filo di ferro, griglie, fornelli a gas e grosse pentole. I venditori sanno che i clienti verranno all’ultima ora, come sempre, per l’acquisto della vigilia, quando ci sarà il pienone di gente.

Infine ci sono le spezie per dare sapore alla carne e sono le donne a fare da padrone al mercato dei peperoncini, il condimento più ricercato dalle clienti. Una carne senza piccante non è concepibile e questo le donne lo sanno per esperienza culinaria tramandata di generazione in generazione.

Il settimanale governativo offre ampi spazi agli auguri della festa. Ola energia, l’Ecobanca, la Banca dell’Habitat nel Niger e, infine, la Banca Islamica, con una foto in primo piano di un capro con le corna girate in modo classico. Un sacrificato di lusso che evidenzia l’orgoglio caprino per la scelta operata dal fotografo pubblicitario.

La lista dei sacrificati del Sahel, meno nota, è lunga e va ben al di là degli animali citati. Nel vicino Burkina Faso nei primi sei mesi dell’anno si sono registrati oltre 237 mila sfollati, nel Mali e nel Niger siamo su cifre analoghe. Nella confinante Algeria ad un ritmo quotidiano, settimanale e mensile, vengono espulsi e buttati nel deserto centinaia di migranti e rifugiati, madri e bimbi compresi.

Si sacrifica la politica all’economia e i giovani all’incertezza permanente sul tipo di furto che sarà perpetrato sul loro futuro. Si immola la libertà e la democrazia in cambio di una un finta pace sociale senza giustizia e verità.

A guardare i capri lungo le strade o nei mercati, insieme e isolati, poco consapevoli di quanto loro accadrà tra qualche giorno, non è difficile immaginarli come un simbolo dei sacrificati di oggi.

Insieme eppure ognuno per sè, preparati per anni di svuotamento etico neoliberale alle dittature che si disegnano all’orizzonte non lontano. I proletari di tutto il mondo non si uniscono più come una volta e pochi credono ancora in una rivoluzione possibile. La salvezza arriverà improvvisa sulle ali di una farfalla chiamata dignità.

Mauro Armanino, Niamey, 20 luglio, festa della Tabaski

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