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La cooperazione militare tra Italia e Israele. Riannodare i fili col passato

Intervista a Sergio Cararo, confondatore di Forum Palestina e direttore di Contropiano.

L’idea di chiedere l’abrogazione della legge 94, con cui nel 2005 erano stato ratificato dal Parlamento il Memorandum di intesa per la cooperazione militare tra Italia e Israele, firmato dal governo Berlusconi a Parigi, non è nuova.

Già un anno dopo quella ratifica, nel 2006, prese le mosse una campagna per la sua revoca, Forum Palestina vi ebbe un ruolo centrale.

Sergio Cararo, che nel 2001 lo aveva fondato con altri ha gentilmente accettato di condividere l’esperienza di quella campagna.

Come nacque l’idea di chiedere la revoca degli Accordi di cooperazione militare Italia-Israele ormai divenuti legge 94/2005?

Quando venne reso noto il Memorandum di Intesa siglato dal ministro della Difesa Martino e da quello israeliano, ci rendemmo conto che la collaborazione militare tra Italia e Israele avrebbe avuto un quadro normativo strategico, rinnovabile ogni cinque anni. Era un salto di qualità molto grave.

La campagna che ne nacque fu portata avanti da una realtà, che chiese successivamente di aderirvi, o fu corale fin dal principio? Quali organizzazioni vi dettero vita? Quali vi furono decisamente ostili?

In realtà ci furono alcuni articoli su Il manifesto e poi come Forum Palestina lanciammo una campagna informativa che crebbe fino al dicembre 2006, quando organizzammo una manifestazione nazionale proprio per chiedere la revoca dell’accordo di cooperazione militare Italia-Israele.

Avevate progettato un percorso sin dall’inizio? Quali furono i diversi passi che furono compiuti?

Si lavorò soprattutto sull’informazione. Realizzammo un dossier e ci furono incontri informativi in tutte le realtà dove agiva la rete del Forum Palestina. Ci fu un appello di scienziate e scienziati contro quell’accordo.

Quali obiettivi vi ponevate? L’abrogazione della L.94/2005 era il fulcro? Ritenevate che fosse realmente possibile, visti gli schieramenti parlamentari e la composizione del II Governo Prodi?

In realtà puntavamo molto sul fatto che con il nuovo governo, Prodi II, insediatosi nel 2006 con la partecipazione di Rifondazione Comunista, PCd’I e FdVerdi, Massimo D’Alema Ministro degli Esteri e Presidente dei DS, fosse possibile chiedere la revoca dell’accordo o quantomeno complicargli la vita. C’erano sessanta parlamentari dei partiti della sinistra nei due rami del Parlamento ed anche qualche ministro.

Quali obiettivi raggiungeste o vi avvicinaste a conseguire?

In realtà abbiamo dovuto constatare che la nostra aspettativa era un’illusione. Nel 2006, dopo la manifestazione nazionale per la revoca dell’accordo di cooperazione militare Italia-Israele, l’intero establishment (di centro-sinistra o di destra, oltre agli apparati israeliani) ci vennero addosso come un bulldozer. Come scrivemmo all’epoca, abbiamo avuto la netta sensazione di aver “pestato la coda della vipera”. Ci vennero addosso i partiti di governo come i Ds e Forza Italia che era all’opposizione, articoli feroci su Corriere della Sera e La Stampa. Il tutto perché nel corteo era stata bruciata una bandiera israeliana. E poi tutto l’apparato informativo dei gruppi sionisti in Italia, con i giornali che amplificavano le loro posizioni e i gruppi sionisti che rilanciavano gli articoli dei giornali che amplificavano le loro posizioni.

Nella vostra campagna, che ruolo ricopriva il Parlamento? ne era il fulcro e con esso l’obiettivo di ottenere l’abrogazione? Presentaste l’appello e il Dossier in Parlamento? Seguiste la via dei partiti politici per raggiungere ministri e parlamentari? Coglieste dei punti di blocco che ostacolavano?

In parte si. Presentammo una petizione al Presidente del Consiglio e a Ministri di Esteri e Difesa del governo Prodi, inviammo il dossier ai parlamentari delle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato. Insomma nessun poteva dire di non essere informato. Ma i punti di blocco erano ampiamente superiori alle disponibilità dei singoli parlamentari. Ecco, furono più singoli parlamentari a rendersi disponibili che i gruppi parlamentari e i partiti della sinistra in quanto tali. L’allora PdCI era più disponibile del Prc, ma in Parlamento poi prevalevano la realpolitik e il patto di governo. Fino al disastro del 2008. (NdR: caduta del II Governo Prodi )

Che valutazione complessiva dai di quella campagna?

La campagna è stata molto bella e importante perché la contestazione dell’accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele ha consentito di svelare tutta la filiera degli accordi strategici sia in materia militare che in materia di tecnologie. Diciamo che ha portato la campagna di boicottaggio sul piano direttamente politico, perché la S di sanzioni della campagna Bds è quella che attiene alle scelte dei governi.

Quali ne furono i punti di forza?

La capillarità delle rete di realtà attive sulla questione e la determinazione nel convocare iniziative centrali, nonostante le mille riluttanze e resistenze (o anche peggio) che abbiamo incontrato nel tenere la barra dritta sul diritto all’esistenza e alla resistenza del popolo palestinese.

Quali quelli di debolezza?

Indubbiamente la debolezza e se mi consenti la codardia della politica italiana che ormai aveva deciso di mettere una lapida sulla questione palestinese. Per molti la politica israeliana non era più in discussione, anzi. Per altri, quelli più vicini, almeno in teoria, era sufficiente affermare: “pace in Medio Oriente, due popoli, due Stati” e niente di più.

Che cosa ritieni oggi riproponibile e che cosa dovrebbe essere diverso, in un contesto parlamentare e culturale di gran lunga più ostile e di disgregazione delle tradizionali formazioni di “sinistra”?

Ritengo che non occorra mai cedere e tenere il punto, indipendentemente dalle condizioni favorevoli o meno. Abbiamo verificato a maggio come le persone siano immensamente più disponibili e solidali con la causa palestinese di quanto lo sia la politica. Lo abbiamo constatato quando tutti i leader – dai fascisti al Pd, passando per Lega e M5S – sono andati alla manifestazione a sostegno di Israele. Tre giorni dopo la gente ha riempito le piazze in tutta Italia non solo per chiedere la fine dei bombardamenti su Gaza ma anche come aperto ripudio della scelta dei partiti ufficiali di sostegno a Israele. In tal senso la campagna BDS ha la sua efficacia, tant’è che le autorità israeliane la temono moltissimo. Il BDS coinvolge a vari stadi le possibilità e le responsabilità di tutti: delle singole persone (boicottaggio), delle aziende (disinvestimento) e dei governi (sanzioni).

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