I federali dell’FBI, lo staff responsabile per la sicurezza della sede del Congresso, le forze della polizia locale. Addirittura il DHS, il Department of Homeland Security, la Sicurezza Interna. Un enorme dispiegamento di forze dell’ordine di tutti i livelli; questa volta, con una scelta di tempo ferrea, anche cento uomini della Guardia Nazionale, ma armati di soli manganelli autorizzati dal Segretario alla Difesa, Lloyd Austin.
Tutto questo a Washington D.C. che tè ornata a blindarsi a difesa del Campidoglio, sede del Congresso, dove sono tornati a farsi vedere i muri di filo spinato, le transenne e le recinzioni alte due metri e mezzo, come dopo l’attacco di nove mesi fa.
Per evitare di ripetere gli errori del passato.
La fibrillazione, durata per tutta la settimana, è stata innescata dall’indizione di una manifestazione, poi rivelatasi un flop: il raduno programmato a Capitol Hill – “Justice for J6” – a sostegno degli imputati in attesa del processo per l’assalto alla sede del Congresso avvenuta il 6 gennaio scorso e prevista per mezzogiorno ora locale (le 18 in Italia) di sabato 18 settembre.
Quanto e se si tradurrà in un boomerang per l’ex presidente Trump e per tutta la destra suprematista lo vedremo nei prossimi mesi.
Many’s the time I’ve been mistaken
And many times confused
Yes, and often felt forsaken
And certainly misused
But I’m all right, I’m all right…
Molte sono le volte che mi sono sbagliato
E molte volte mi sono ritrovato disorientato
e spesso mi sono sentito abbandonato
e sicuramente maltrattato
Ma va bene, tutto bene…
(Paul Simon, da American tune)
Fase uno: riscaldamento
L’intelligence USA nelle scorse settimane ha intercettato numerosi messaggi in rete da parte di gruppi nazionalisti e neonazi estremamente bellicosi, ai quali si sono aggiunte le decine di chat online monitorate dall’FBI, in cui si fantasticava di un “nuovo assalto al Congresso”, di “rapire un parlamentare”, di “prendere di mira chiese liberali e centri ebraici. Tutto lasciava pensare a qualcosa organizzato in grande stile. O così voleva lasciar credere.
Alla fine la montagna ha partorito il topolino: non è stato identificato alcun “piano specifico o credibile associato con l’evento” e la manifestazione si è svolta senza registrare incidenti né scontri e con una presenza in piazza ridicola: 400 partecipanti circa (la piazza era stata richiesta per 700 a significare che le aspettative non erano certo migliori) a fronte di migliaia di esponenti delle forze dell’ordine.
Il raduno “Justice for J6” è stato organizzato per esprimere solidarietà alle circa 600 persone incriminate per l’assalto a Capitol Hill, quando la folla – incitata da Donald Trump – irruppe al Congresso nel tentativo di bloccare la certificazione della vittoria presidenziale di Joe Biden (evento che portò al secondo impeachment dell’ex presidente).
Molte di quelle persone sono ancora in carcere e la retorica dell’alt-right americana li vuol far passare per prigionieri politici: “Ingiustamente perseguitati”.
Attorno al Campidoglio, dunque, già da giovedì sono stati eretti di nuovo gli sbarramenti di metallo apparsi anche a gennaio per proteggere l’insediamento di Biden: a contrassegnare una sorta di zona rossa invalicabile. Il timore di nuovi incidenti era forte. In realtà in città sono arrivate meno di mille persone. E neanche tanto bellicose.
I locali del Congresso comunque, per prudenza, sono stati comunque lasciati vuoti; con il presidente già partito per trascorrere il weekend nella sua casa al mare nel Delaware, mentre Camera e Senato non sarebbero stati in sessione.
La preoccupazione, semmai, come dichiarato da Tom Manger responsabile capo della Polizia di Capitol Hill alla corrispondente per la ABC News, Rachel Scott, era di scontri con gli attivisti antifa che in altre zone della città avevano organizzato alcune contromanifestazioni.
A ben vedere però il timore che le cose sarebbero potute sfuggire di mano, ha singolarmente turbato pure The Donald.
Da un lato infatti ha continuato a ripetere di essere solidale con chi “è stato arrestato ingiustamente mentre protestava contro le elezioni truccate” (secondo quella “Big Lie”, il solito disco rotto della “grande bugia”, come l’hanno già ribattezzata da tempo i giornali americani, per cui sarebbe lui il vero vincitore delle elezioni).
Dall’altro ha espresso preoccupazione per una “trappola nei confronti dei Repubblicani”: se non andranno in massa diranno che è per mancanza di spirito. Se ci sarà gente li chiameranno violenti”. Questo sembra segnare l’attuale crisi all’interno del partito.
I tanti parlamentari del GOP (1) che pure hanno parlato in favore dei rivoltosi, non hanno partecipato nemmeno alla marcia, ma infine hanno ignorato la piazza; l’invito anzi era a non ostentare simboli trumpiani o repubblicani per non politicizzare oltre l’evento.
Con buona pace del fatto che a organizzare la marcia era stato proprio un gruppo no-profit “Look Ahead America”, guidato da un ex membro dello staff elettorale del tycoon, Matt Braynard.
L’associazione per bocca del suo “leader” è “dedicata a difendere i patrioti americani che sono stati dimenticati dal governo“, vuole porre all’attenzione dell’opinione pubblica “l’incremento degli abusi nei confronti dei prigionieri politici non-violenti” e chiede “un equo trattamento per i manifestanti accusati di essere coinvolti nell’assalto, più di 600 di cui circa 60 sono ancora detenuti e perseguitati politicamente”.
Tra le imputazioni più serie per decine di loro c’è quella di “cospirazione allo scopo di organizzare gli attacchi al Campidoglio volti a bloccare il Congresso dalla validazione del voto del Collegio Elettorale delle elezioni presidenziali 2020”.
Per il Dipartimento di Giustizia e gli stessi giudici gli imputati sono colpevoli di insurrezione in uguale misura, sia che abbiano partecipato ai violenti scontri con le forze dell’ordine, sia che abbiano “solo” avuto un ruolo di leadership nel pianificare la rivolta.
Secondo la Polizia Federale molti degli estremisti detenuti sono membri o associati di milizie armate o gruppi antigovernativi organizzati. In realtà soltanto nove imputati sono collegati ai Proud Boys e tre agli Oath Keepers, gruppi già ampiamente segnalati dal nostro giornale.
Riflessione a margine
Sulla manifestazione pesava anche l’ombra del nuovo libro di Bob Woodward, il giornalista investigativo celebre per aver svelato lo scandalo Watergate. Nel suo “Peril”, in libreria da martedì, ma già ampiamente anticipato dalla stampa americana, si dice infatti che due giorni dopo l’attacco al Congresso, il generale del comando unificato Mark Milley, preoccupato dallo stato mentale di Trump, chiamò la controparte cinese per assicurare che gli Stati Uniti non stavano pianificando alcun attacco (e allo sdegno dei repubblicani che già lo chiamano “traditore” il generale proprio oggi risponde: “Parlare coi cinesi fa parte dei miei compiti”).
Ora la Commissione parlamentare incaricata di indagare proprio sui fatti del 6 gennaio 2021, chiede chiarimenti in proposito: qual’ era lo stato mentale di Trump quando “ordinò” l’assalto?
Fase due: raffreddamento
Nello stesso periodo, soprattutto nell’ultima settimana a ridosso del raduno, molti gruppi dell’estrema destra e delle milizie armate che realmente organizzarono la rivolta del 6 gennaio, hanno ritrattato le proprie posizioni avvertendo i propri militanti di evitare a tutti i costi la manifestazione arrivando a sostenere addirittura che fosse una trappola.
L’ex Presidente Donald Trump, partecipando alla discussione e rilasciando una dichiarazione in supporto degli imputati, lo ha chiamato un “setup“, un teatrino organizzato, messo su a bella posta,
Ma sembra di ricordare che era stata l’intelligence a diffondere la notizia che milizie armate “storiche” come Proud Boys e Oath Keepers sarebbero intervenute.
I responsabili delle organizzazioni hanno infine declinato consigliando ai propri supporters di non partecipare assolutamente.
Le chat line dell’estrema destra, comprese quelle su Telegram, sono sembrate molto, troppo disciplinate, sebbene qualcuno come Ron Wakins, ex amministratore di “8chan” e, secondo voci di corridoio, dietro alle teorie complottiste del gruppo QAnon, sia arrivato ad ipotizzare che dietro il raduno ci fosse proprio l’FBI magari per poter schedare i partecipanti.
All’inizio della settimana scorsa persino Roger Stone, agente operativo di lungo corso del GOP, ha consigliato a tutti i Trumpiani di fede storica di “stare alla larga dalla manifestazione”. “E’ solo una sceneggiata, non conosco una singola persona nel movimento MAGA (2) che ha intenzione di parteciparvi” e ha dichiarato “patrioti, state alla larga da Washington!”
Jared Holt, un ricercatore esperto di movimenti radicali per il Laboratorio digitale di ricerca forense dell’Atlantic Council (3) ha recentemente scritto sul suo sito che il raduno puzzava molto di “fregatura”: “Sono altamente scettico sulla possibilità che qualsiasi militante si muova senza una specifica indicazione condivisa sulle piattaforme utilizzate più frequentemente da questi gruppi”.
Le sue valutazioni sono state suffragate anche da un portavoce del Southern Poverty Law Center
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“Grande è la confusione sotto al cielo” per citare il Grande Timoniere. “e quindi la situazione è eccellente”.
Ci si chiede perché tanto e tale riguardo per qualcosa che era prevedibile finisse in un flop; chi pesca nel torbido e chi intorbidisce le acque.
Soprattutto per chi la situazione è eccellente, quando si alimenta qualcosa che è sembrato essere una finzione.
Non dimentichiamo quali metodi infami “dovette” usare J. Edgar Hoover per riuscire a piegare in qualche modo il Black Panther Party. Il metodo che usa il Potere per dividere chi lo minaccia e per auto conservarsi.
Resta l’avvertimento lanciato dalla Polizia in forza a Capitol Hill e la decisione dell’amministrazione Biden di mobilitare anche risorse extra.
La preoccupazione a ben nove mesi dall’assalto del 6 gennaio è ancora nell’aria; tuttavia i movimenti Trumpiani non sembrano godere di ottima salute. L’invito è a vigilare mentre si avvicinano le elezioni di midterm.
1. Grand Old Party, il Partito Repubblicano
2. acronimo per Make America Great Again, il movimento dei “patrioti” seguaci dell’ex presidente Donald Trump
3. L’Atlantic Council è un think tank americano con sede a Washington, D.C. il cui scopo è “Promuovere la leadership americana e promuovere accordi internazionali basati sul ruolo centrale della comunità atlantica nell’affrontare le sfide del XXI secolo”
4. Il Southern Poverty Law Center (SPLC) è un’organizzazione legale americana senza fini di lucro, impegnata nella tutela dei diritti delle persone, riconosciuta a livello internazionale per i suoi programmi di educazione alla tolleranza e le sue vittorie legali contro gruppi razzisti e per l’impegno nell’individuazione dei gruppi d’odio, ovvero di quei gruppi che propagandano idee di odio razziale o religioso.
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