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Cuba. Il golpe “soft” è ancora in marcia?

Fabián Escalante a sedici anni si trovava nel fondo di una segreta, torturato dagli aguzzini della dittatura di Batista, sul punto di essere assassinato. Solo la vittoria della guerra rivoluzionaria, la fuga del dittatore e di alcuni suoi sgherri, gli salvò la vita. Fabián Escalante era a sedici anni, come lo è tuttora, un militante comunista, un rivoluzionario.

Oggi però Fabián è anche uno studioso, un ricercatore e un analista che gode di un enorme prestigio a Cuba, e non solo. Prestigio accumulato negli anni e sul campo, perché il Generale di Divisione Fabián Escalante è stato tra i fondatori della Seguridad del Estado, i servizi di intelligence cubani, che ha diretto per molti anni.

In questa epoca di “post/verità”, di guerra mediatica, guerra psicologica, di tentativi di golpe “soft”, che di morbido non hanno proprio nulla, scorre il sangue; è sempre bene sapere chi è a parlare, per contestualizzare e comprendere bene che cosa dice.

L’autorevolezza della persona che ha scritto il breve articolo che vi proponiamo di seguito, vista la fonte, non lascia dubbi sull’affidabilità delle analisi.

Il clamore internazionale suscitato dagli avvenimenti accaduti l’11 e il 12 luglio in alcune località di Cuba sembra essersi sopito. Non avviene lo stesso con quella che il Presidente cubano Díaz Canel, nel discorso tenuto in Messico una settimana fa in occasione del giorno dell’indipendenza messicana, ha definito: “una guerra totale” del governo di Washington contro Cuba e la sua Rivoluzione.

I fronti sono molteplici: economico, commerciale, finanziario, in una parola il bloqueo. Sul fronte politico-diplomatico, uno degli ultimi esempi, l’ignobile operazione montata dalla indecente destra europea, al parlamento di Bruxelles alcuni giorni fa con una mozione contro Cuba.

Il fine? Quello di isolare la maggiore delle Antille e arrivare primo o poi a sabotare l’accordo di dialogo politico e di cooperazione economica in vigore tra l’Avana e la UE. Per non parlare della guerra mediatico/comunicativa, psicologica e cibernetica.

Poi c’è il terreno più spinoso, per loro, quello che vorrebbero usare come detonatore per una esplosione sociale che apra il cammino a un intervento “umanitario” a suon di missili, e al definitivo abbattimento della Rivoluzione socialista cubana.

Questo terreno sono le piazze e le strade di Cuba.

Su questo campo di battaglia però l’imperialismo, i suoi pifferai magici, i suoi mercenari, hanno vita dura. Le forze rivoluzionarie sono, non è retorica né sottovalutazione del nemico, la netta maggioranza, nonostante prebende e canti di sirena dell’avversario.

La non sottovalutazione del nemico però, implica conoscerlo; conoscere le sue dinamiche, il suo modus operandi, le sue tattiche.

Per comprendere quanto sta avvenendo a Cuba, e l’allerta lanciata da Fabián Escalante con l’articolo che segue, su quello che potrebbe avvenire nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, non bisogna solo ritornare agli avvenimenti dell’11 di luglio, e neanche alle pagliacciate di San Isidro del novembre passato.

La data d’inizio di questo lungo processo si può situare nel 2004, a partire da una riunione dei vertici di settore della CIA nella sezione di interessi (“l’ambasciata”) degli Stati Uniti a l’Avana.

In quella riunione, avvenuta alla presenza di un agente della Seguridad del Estado – Raul Capote, infiltrato tra le file della CIA – si delinearono le direttrici per la costruzione in vitro di un nuovo tipo di controrivoluzione.

Una controrivoluzione con un viso non ricoperto di sangue e fango come la precedente; una controrivoluzione dalla faccia apparentemente “pulita”, in realtà sempre disposta a far scorrere il sangue, anche se per interposta persona.

Contropian, ha pubblicato già differenti contributi sul tema, in particolare di due autori: Javier Gòmez Sànchez e Ernesto Limia Díaz.

In conclusione, crediamo che l’esortazione lanciata da Fabián Escalante vada raccolta. I popoli oppressi dell’America Latina lo sanno bene. Al cadere della Rivoluzione cubana, cosa che non avverrà facilmente – ma il processo di destabilizzazione già in atto paventa un pericolo reale – l’azzeramento dei processi di liberazione e emancipazione umana dalla barbarie del capitalismo, sarebbe drammatico non solo a Cuba, ma in tutto il continente, in tutto il mondo.

Se nei prossimi giorni e nelle prossime settimane si dovessero concretare nuovi maggiori pericoli per la Rivoluzione cubana, in ogni latitudine tutti saremo chiamati a difenderla. Come ci chiede Fabián, quindi, alla battaglia.

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Qualcosa in più sull’attualità cubana

Fabián Escalante Font, da “La Pupila Insomne”, 23 settembre 2021

La controrivoluzione interna riorganizza le sue forze per passare all’offensiva. Per prima cosa chiamando a uno “sciopero nazionale” l’11 ottobre, dicendo che è per ottenere la “liberazione dei prigionieri politici”.

Poi – secondo alcuni social network – un gruppo di “attivisti”, evidentemente controrivoluzionari, hanno fatto visita alla sede del Consiglio Amministrativo della capitale, per chiedere l’autorizzazione a tenere una marcia pacifica contro la “violenza” a novembre, naturalmente dopo l’apertura del Paese al turismo internazionale prevista dalle autorità competenti.

Secondo un giornalucolo di Miami, la marcia è “contro la violenza, per esigere il rispetto dei diritti di tutti i cubani, per la liberazione dei prigionieri politici e la risoluzione delle differenze attraverso mezzi democratici e pacifici”. Inoltre “chiedono protezione alle autorità e i normali servizi delle telecomunicazioni”.

Uno dei suoi partecipanti ha precisato ai media a lui vicini, da intendersi media controrivoluzionari, che auspicano che manifestazioni simili siano replicate in tutto il paese. A questo scopo, i leader protestatari brandiscono i diritti concessi dalla Costituzione cubana, che stabilisce la protesta pubblica come un diritto del popolo.

In breve, il piano – senza dubbio messo in piedi dalla CIA e dai suoi associati, generosi finanziatori di questi “leader” – consiste nell’organizzare una massiccia attività controrivoluzionaria, proprio nei giorni in cui Cuba riapre le porte al turismo internazionale.

Nel frattempo, i bombardamenti di bugie e mezze verità pullulano sui social network contro i principali leader del governo, in particolare il presidente Díaz Canel, infangando le azioni concrete che il governo rivoluzionario sta portando avanti – prendendo risorse da dove non ce ne sono – per migliorare le condizioni di vita dei quartieri svantaggiati e vulnerabili.

A Miami, un settore della comunità cubana, manipolato dai membri fondamentalisti del Congresso Marco Rubio, María Elvira Salazar assieme a i loro accoliti, preparano le proprie armi, coordinano e finanziano le loro pedine locali affinché, in stretto contatto con i loro pari dell’Isola, possano contribuire a creare un clima di destabilizzazione sociale.

Senza dubbio questa è la STRATEGIA EVERSIVA.

In circostanze come quelle attuali – pandemia, inasprimento del blocco, carenze, ecc. – non possiamo sottovalutare il nemico, e se vogliono alzare il tiro (come si diceva dalle mie parti), dobbiamo accettare la sfida, con PIÙ RIVOLUZIONE come ci ha insegnato Fidel.

Azioni di massa, per mostrare la nostra forza, mobilitazioni politiche e patriottiche locali, sembrano essere la cosa giusta da fare, approfittando di ogni opportunità. Bisogna dare al nemico il suo stesso sciroppo, vuole dare una dimostrazione di forza, quindi facciamo quello che sappiamo fare, cioè mobilitare il popolo.

Inoltre, insisto su questo, rafforzare le basi delle nostre organizzazioni con “idee nuove”, ma con maggiore urgenza, con concetti che vadano oltre il ripetuto “cambiamento di stile e di metodi di lavoro”, poiché nulla di tutto ciò è stato realizzato nonostante il tempo speso per cercare di attuarlo.

I comunisti, che militano ai vertici della struttura, devono scendere – per quanto possibile – nelle organizzazioni di base, nei nuclei di zona, affinché da lì alla testa del resto delle forze rivoluzionarie, oltre a dialogare e ad ascoltare i conflitti e le necessità locali, si possa passare alla controffensiva.

Il nemico dell’Umanità, il governo degli Stati Uniti e le sue agenzie sovversive si preparano a dare il colpo finale alla Rivoluzione, finché pensano che siamo deboli, questo è ciò che vogliono, questo è probabilmente ciò a cui mirano Biden e la sua amministrazione come premio di consolazione per le sconfitte internazionali e locali che hanno subito.

Quindi, agiamo come sappiamo fare, con il popolo in prima linea. E anche se ad alcuni non piace: Le strade appartengono ai rivoluzionari, come ha avvertito Díaz Canel. Quindi, ALLA BATTAGLIA!

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