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L’Agenzia francese “per lo sviluppo” arma, nel Sahel, soldati accusati di abusi

L’imperialismo è un sistema di sfruttamento che non si presenta solo nella forma brutale di coloro che vengono con dei cannoni a conquistare un territorio, imperialismo è più spesso ciò che si manifesta in forme più sottili, un prestito, un aiuto alimentare, un ricatto.

Questa l’accusa lanciata da Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso, assassinato nel 1987 durante il golpe messo in atto con la complicità degli Stati Uniti e della Francia, contro le potenze occidentali e le loro “striscianti” forme di neocolonialismo e dominio economico-finanziario in Africa.

Ebbene, l’Agenzia francese per lo sviluppo (AFD, Agence française de développement), presunto simbolo della solidarietà francese specialmente in Africa, finanzia progetti opachi per miliardi di euro coperti dal segreto bancario.

A rivelarlo è un’inchiesta condotta Justine Brabant (Mediapart) e Anthony Fouchard (Disclose), frutto di sei mesi di lavoro tra Francia e Repubblica Democratica del Congo, basato su dati pubblici, documenti interni dell’AFD e quasi 70 interviste con ricercatori, dipendenti dell’AFD e delle sue filiali, operatori umanitari e beneficiari di fondi concessi dall’istituzione.

Di seguito riportiamo la traduzione integrale della prima parte dell’inchiesta, nella quale si evidenzia il ruolo cardine svolto da Expertise France, istituzione pubblica legata all’AFD, nel fornire equipaggiamento militare e formazione ai soldati della missione militari congiunte nel Sahel, accusati di esecuzioni sommarie e abusi di ogni tipo.

Senza dimenticare le brutalità di cui l’esercito francese in loco è direttamente responsabile, come il bombardamento di un matrimonio con l’uccisione di 19 civili nel Mali, a gennaio.

Si tratta di un’inchiesta che, oltre a rivelare gli scheletri nell’armadio avvolti dal velo dei finanziamenti per la “cooperazione” e lo “sviluppo”, rischia di accelerare il processo di destabilizzazione geopolitica nel Sahel, regione dell’Africa sub-sahariana.

Qui la Francia è presente militarmente con l’operazione Barkhane dall’agosto del 2014 sotto il velo della “lotta al terrorismo”, ma nella realtà a difesa degli interessi economici e strategici delle sue multinazionali (Total, Bolloré, Alstom, etc.) e dell’azienda statale Areva, che preleva dal Niger circa un terzo dell’uranio utilizzato dall’industria nucleare francese.

Il ritiro delle truppe francesi dal Sahel, per ora solo annunciato dal Presidente Macron, in attesa di un possibile e rapido riassetto politico-militare in grado di garantire il rendimento degli investimenti e il proseguimento del sistema neocoloniale della Françafrique, è stato al centro delle rivendicazioni di numerose manifestazioni che si sono svolte in questo mese in Mali.

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Durante il 2020, 46 veicoli blindati francesi nuovi di zecca sono stati forniti al Mali, al Niger, al Ciad, alla Mauritania e al Burkina Faso. Questi veicoli militari, dei “Bastion” prodotti dalla società Arquus, sono stati consegnati per sostenere la forza militare congiunta, conosciuta come “G5 Sahel”.

Composto dalle forze armate di questi paesi, la missione del G5 è di combattere il terrorismo nelle loro zone transfrontaliere, anche se la Francia ha recentemente annunciato la fine dell’operazione Barkhane e ha iniziato il suo disimpegno dalla regione. Questo “regalo” sarebbe quindi di grande interesse per la Francia: permettere ai soldati africani di sostituirsi ai francesi.

Dietro questa vasta operazione a sostegno del G5 Sahel c’è Expertise France, un’agenzia pubblica francese che dipende in gran parte dall’Agenzia francese per lo sviluppo (AFD, Agence française de développement) e che dovrebbe essere completamente integrata nel gruppo AFD entro la fine del 2021.

La sua vocazione è quella di fornire competenze e formazione su temi diversi come lo sviluppo sostenibile, i diritti umani e la salute ai partner stranieri.

Per mettere insieme questo lotto di veicoli blindati fuoristrada, Expertise France ha beneficiato di un importante contratto con l’Unione Europea. Il contratto vale 196,4 milioni di euro.

Oltre ai veicoli corazzati Bastion, l’agenzia è stata anche incaricata di fornire 676 veicoli fuoristrada ai militari del G5 Sahel, così come 96 droni, più di 3.700 giubbotti antiproiettile, 541 sistemi di visione notturna, generatori, radio VHF e telefoni satellitari. Il problema è che questi eserciti africani equipaggiati con materiale “made in France” sono soggetti a gravi accuse di violazione dei diritti umani.

Violazioni dei diritti umani

Nel luglio 2020, l’ONG Human Rights Watch ha documentato l’esecuzione extragiudiziale di diverse centinaia di persone da parte dei soldati della forza congiunta.

Un mese dopo, la Missione delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA) ha pubblicato un rapporto che indicava come le forze del Burkina Faso si sono rese colpevoli di almeno 50 esecuzioni sommarie. Le forze di sicurezza e di difesa del Mali sono state accusate di aver giustiziato arbitrariamente 94 persone tra aprile e maggio 2020.

In Niger, un’altra indagine di Human Rights Watch e della Commissione nazionale per i diritti umani (CNDH) ha scoperto che le forze di sicurezza del paese hanno giustiziato 82 persone al di fuori della legge e ne hanno fatte sparire altre 105, tra ottobre 2019 e aprile 2020.

Più recentemente, nell’aprile 2021, l’esercito ciadiano è stato accusato di aver aggredito sessualmente dei civili durante un’operazione in Niger. Tre stupri sono stati riconosciuti ufficialmente.

Contattata, la Expertise France ha declinato ogni responsabilità, dicendo che “finisce quando la proprietà del materiale è trasferita ai beneficiari”. E l’agenzia pubblica specifica come garanzia finale che il sostegno agli eserciti del G5 Sahel è “non letale”.

I Bastion sarebbero quindi consegnati senza armi, il che non impedisce ai paesi del G5 Sahel di armarli dopo la consegna.

Interrogata su questi abusi, l’Agenzia francese di sviluppo ha affermato che “la Francia (…) è estremamente vigile sulle condizioni di utilizzo del materiale e dei finanziamenti forniti ai paesi del G5 Sahel”, senza fornire dettagli su come esercita questa “vigilanza”. Interrogata sull’ipocrisia di vendere attrezzature non letali che saranno poi armate, l’Agenzia ha risposto che “per poter lavorare sul terreno, abbiamo bisogno di sicurezza”.

Il legame tra sicurezza e sviluppo rimesso in discussione

Se la Francia ottenesse delle garanzie che il materiale esportato non è usato per uccidere, bisognerebbe ancora dimostrare che contribuisce alla “sicurezza” e allo “sviluppo” dei paesi interessati, come presuppone l’azione dell’AFD nel Sahel. Tanto più che la realtà sul terreno difficilmente prova l’efficacia di questo approccio.

Nonostante la molteplicità di progetti a sostegno del settore della difesa e della sicurezza, la situazione non fa che peggiorare. Secondo i dati dell’organizzazione Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED), quasi 2.400 civili sono stati uccisi nella zona G5 Sahel solo nel 2020.

Alla domanda su questo deterioramento della situazione della sicurezza, l’AFD si limita a ripetere che “la forza congiunta del G5 Sahel è stata creata per garantire la sicurezza della regione, con l’obiettivo di favorire uno sviluppo economico e sociale favorevole alla popolazione”.

Per il ricercatore Marc-André Boisvert, autore di una tesi di ricerca sulle forze armate maliane, il problema sta nella concezione stessa dei programmi di aiuto, che sono concepiti per il breve termine.

La gente vuole risultati immediati, ma la riforma del settore della sicurezza richiede quindici anni. Non si ferma una guerra dando un aereo e un’armatura. L’Unione Europea spende il suo tempo per addestrare i soldati, ma non c’è un seguito, nessun requisito, niente. Come si può costruire qualcosa di solido e stabile in queste condizioni?”.

Milioni di euro per la formazione

Un altro mandato di Expertise France solleva domande: l’addestramento dei militari del G5 Sahel. Nel 2017, l’agenzia pubblica ha ottenuto un finanziamento dell’Unione Europea di 29 milioni di euro per fornire sostegno alle forze di sicurezza del Mali.

Tre anni dopo, ha ottenuto un finanziamento di 7 milioni di euro per sostenere le Forze di difesa e di sicurezza (FDS) del Burkina Faso nella loro missione di sicurezza del territorio.

Nell’aprile 2020, tuttavia, le FDS sono state accusate da Human Rights Watch di aver giustiziato 31 abitanti della città di Djibo. Un’operazione descritta dall’ONG come “una brutale parodia di un’operazione anti-terrorismo che potrebbe costituire un crimine di guerra”.

Questi eserciti nazionali hanno poca o nessuna credibilità e il più delle volte non hanno il sostegno della loro stessa popolazione. Potremmo formare 5 persone o 100.000, non cambierebbe nulla, perché nessuno affronta i grandi problemi di questi eserciti che sono soprattutto strutturali”, ha detto François Grunewald, direttore del dipartimento “monitoraggio e strategia” del Gruppo URD, un think tank indipendente regolarmente sollecitato dallo Stato per effettuare valutazioni delle sue politiche pubbliche, in particolare nel Sahel.

Queste domande non dovrebbero cambiare la strategia della futura filiale AFD a breve termine. Nel 2020, Expertise France ha raggiunto un volume di attività di 237 milioni di euro e si aspetta di fare ancora meglio nei prossimi anni, in particolare grazie ai budget sempre più importanti disponibili per le questioni militari.

Il gruppo AFD sta già puntando ai finanziamenti del “Fondo europeo per la pace”, di 5 miliardi di euro, istituito dall’UE per il periodo 2021-2027.

Un nuovo strumento finanziario che potrebbe essere usato per il sostegno militare… e quindi letale. L’Agenzia promette per il momento che non lo farà.

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