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A cinque anni dalla scomparsa di Fidel Castro

Fidel Castro, che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere e frequentare, personalmente lo sento come il padre politico, rivoluzionario, e spirituale anche”.

Esordisce con queste parole il professor Luciano Vasapollo rispondendo a FarodiRoma che gli ha chiesto un ricordo del Lider Maximo a cinque anni della sua “scomparsa fisica”, espressione con cui l’economista dell’Università La Sapienza sottolinea la storicità di questa grande figura:

un gigante della storia (storia con la S maiuscola), un gigante dell’autodeterminazione dei popoli, un guerrigliero – scandisce – che con Che Guevara e gli altri loro compagni ha reso concreto, reale, il progetto socialista, e lo ha fatto in piena guerra fredda, a una distanza più che ravvicinata dall’Impero, cioè dal paese capitalista per eccellenza. In tutte le circostanze ha combattuto sempre contro coloro che pensavano di poter fare del mondo intero un solo grande impero economico basato sul profitto”.

Gabriel Garcia Marquez diceva che Fidel è stato ‘l’elemento, la forza principale della rivoluzione, ma anche la sua più grande debolezza’. Io penso che questa frase alludesse al fatto che Fidel fin dal ’53 ha voluto sempre smascherare la corruzione, sia la corruzione ovviamente dei nemici, ma anche laddove si presentava all’interno delle file rivoluzionarie”, spiega Vasapollo.

A FarodiRoma l’economista ricorda la sua lunga collaborazione con Fidel: “l’ho visto con continuità nei 12 anni nei quali abbiamo organizzato a Cuba i forum sulla Globalizzazione, un evento enorme che si è ripetuto ogni 12 mesi con 1200-1300 invitati ogni volta, tra i quali gli economisti marxisti come me erano una minoranza e c’erano numerosi studiosi neoliberisti, i rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, ed anche capi di stato. Ricordo assolutamente la convinzione profonda che ci trasmetteva mostrandoci con i fatti cos’è la democrazia socialista, e la sua capacità di difenderla sempre con la forza della ragione”.

Tutto questo – osserva il professor Vasapollo – in un’epoca non certamente favorevole al socialismo e il sogno di realizzare nel resto del Continente Latino Americano la piena contaminazione del fermento rivoluzionario è rimasto in buona parte un sogno, ma certo le sue idee le ha esportate nel mondo, e se non l’ha fatto con le armi, con la forza delle armi, l’ha fatto con le armi della critica, con la sua grande battaglia delle idee, offrendo il suo appoggio e supporto morale a quanti erano convinti della necessità della lotta per la liberazione di tutti i popoli. Un appoggio fatto non delle chiacchiere ma di concreta solidarietà internazionalista”,

Venticinque anni fa – continua Vasapollo – sono stato testimone diretto di quel grandissimo e storico discorso alla FAO, che in 7 minuti ha testimoniato al mondo come la rivoluzione sia realizzabile con la creazione dello Stato socialista. E nella sua esposizione, come in ogni sua politica, non ha mai dimenticato però l’umanesimo che è la spiritualità del suo pensiero rivoluzionario che affonda le sue radici in Martì e Gramsci.

La sua oratoria raggiungeva una profondità capace di soddisfare i più alti livelli scientifici, non solo, diciamo così, manifestando notevole padronanza dell’oratoria scientifica nelle più diverse materie, ma ha sempre dimostrato allo stesso tempo di confrontarsi e sapersi confrontare con la gente semplice del Popolo, con i lavoratori sempre tenendo un livello teorico, mantenendo sempre, in questo modo, una possibilità rivoluzionaria di intervenire nel divenire della storia, non di chiacchierare, ma di intervenire nel processo del divenire storico, nei contenuti più importanti di prospettiva reale”.

La sua – conclude Vasapollo – è stata la battaglia delle idee che ha dimostrato di funzionare in tutto il mondo non solo in America Latina, uno strumento potente per creare quella che si chiamava la filosofia della prassi, offrendo un rapporto teorico con un grande significato pratico, la grande, diciamo così possibilità potente di mobilitare i popoli sui progetti di liberazione, con una relazione tra tattica e strategia, una tattica radicale che porta una strategia umanista per l’uomo e il suo miglioramento come destinatario delle sue parole.

Senza di lui oggi il mondo ha mostrato spesso di essere sprovvisto della sua arma principale, quella parola che si converte in prassi, in capacità di trasformazione, in capacità di rispondere sempre ai propositi e agli interessi collettivi.

Quindi amore, empatia per gli interlocutori e, diciamo così, possibilità sempre e comunque di essere non solo testimoni diretti ma attori nelle dinamiche di classe del popolo, per pensare e riflettere e trasformare praticamente il mondo”.

* da IlFarodiRoma

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