Una partecipata manifestazione ha avuto luogo lunedì nella città di Sidone, a sud di Beirut, in occasione della visita dell’ambasciatrice francese Anne Grillo, per esigere la liberazione di Georges Abdallah, comunista libanese e combattente della resistenza palestinese, detenuto in Francia dal 1984 e, di fatto, il prigioniero politico di più lunga data in Europa.
I manifestanti si sono riuniti all’ingresso del teatro comunale dove si stava svolgendo un incontro durante il quale era prevista la partecipazione dell’ambasciatrice francese, la quale è stata contestata al grido “Libertà per Georges Abdallah!” e poi scortata dentro al teatro comunale.
Gli agenti di sicurezza sono intervenuti e hanno respinto i manifestanti a manganellate, come si vede in questo video.
Al termine dell’iniziativa, l’ambasciatrice è stata costretta ad aspettare all’interno dell’edificio per circa un’ora, mentre all’esterno proseguivano le proteste dei manifestanti, prima di scappare a gambe levate da un’uscita laterale.
Questa mobilitazione fa eco all’attesa della decisione del Tribunale amministrativo di Parigi che dovrebbe pronunciarsi il prossimo 10 febbraio sull’ordine di espulsione che condiziona la liberazione di Georges Abdallah e il suo ritorno in Libano, paese che si è detto più volte disposto e pronto ad accoglierlo.
La Rete dei Comunisti, che insieme a Cambiare Rotta e OSA ha organizzato il tour di proiezione in Italia del docu-film “Fedayn, le combat de Georges Abdallah”, era presente lo scorso 27 gennaio al presidio della Campagne unitaire pour la libération de Georges Abdallah durante l’udienza di esame della richiesta presentata dall’avvocato Jean-Louis Chalanset.
Nel 2012, il Tribunale di applicazione delle sentenze aveva dato un avviso favorevole alla liberazione di Georges Abdallah, a condizione che fosse espulso in Libano, ma la sua espulsione fu bloccata dall’ex ministro Manuel Valls, perché le autorità francesi avevano sostenuto che Abdallah rappresentasse “una minaccia alla stabilità della comunità internazionale”.
In un “gioco giudiziario” truccato e marcio, si tratta di una decisione del tutto politica: infatti, è il ministro dell’Interno francese – quindi il governo – che “deve firmare”, ma questi si rifiuta categoricamente, sotto le pressioni degli USA e dell’entità sionista di Israele.
“Siamo venuti a denunciare la visita dell’ambasciatrice francese nella città di Sidone, poiché l’ambasciatrice francese non è la benvenuta sulla terra dell’eroica capitale della resistenza. Il suo paese ha detenuto nelle sue prigioni il nostro eroe rivoluzionario, Georges Ibrahim Abdallah, per 38 anni”, dice un giovane attivista libanese.
Dopo l’espulsione del suo ambasciatore dal Mali e la contestazione del suo convoglio militare in Burkina Faso, la Francia è sempre meno gradita – se lo fosse mai stata – tanto nel Sahel quanto nel Medio Oriente, in particolare in Libano, dove si fa sentire la recrudescenza della crisi politica e sociale degli ultimi anni.
Infatti, a pochi giorni dalla catastrofica esplosione nel porto di Beirut dell’agosto 2020, il presidente Emmanuel Macron si era recato immediatamente in Libano per dettare l’agenda politica delle “riforme strutturali”.
In quell’occasione era stato contestato da numerosi manifestanti che chiedevano la liberazione di Georges Abdallah e mal tolleravano il tentativo di imporre la sua presenza da padrone in un presunto “giardino di casa” del neo-colonialismo francese.
Corrono tempi duri per la “grandeur” francese, costretta a fare i conti con le molteplici e differenti espressioni di indipendenza dal giogo neo-coloniale ed imperialista. Dal canto nostro, non posso che augurarci che mille resistenze fioriscano ai vecchi e nuovi tentativi di soffocare il diritto di autodeterminazione dei popoli di tutto il mondo.
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