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Chi piange per l’Ucraina e non per il Donbass

Commossi dal demo-pianto di Enrico Letta, perché «L’Italia non può fare di più con l’invio di armi all’Ucraina», abbiamo deciso di fare la nostra parte. E cominciamo a farla con il riportare le notizie giunte ieri dalla Repubblica popolare di Lugansk, che sembra scomparsa – per qualcuno, mai comparsa – dall’elenco degli ordini di giornata del “pensiero unico”.

E dalla LNR ci dicono che anche ieri si sono ripetuti i tiri d’artiglieria ucraini sui villaggi della Repubblica più vicini alle zone ancora sotto controllo delle bande neo-naziste.

E siccome un giornalone torinese ha pubblicato la “confessione” di un «Colonnello russo catturato dalle forze ucraine», il quale avrebbe detto ai propri aguzzini che a Mosca «Ci hanno mentito, ci è stato detto che Kiev era sotto un regime nazista», quando invece tutti sanno che, dal febbraio 2014, a Kiev, coorti di cherubini altro non fanno che mandare all’inferno (purtroppo in questa terra) comunisti e altra gentaglia che se lo merita, allora vogliamo seguire anche altre informazioni dalla LNR.

E queste informazioni ci parlano di un’altra confessione, uscita però, questa volta, dalla bocca di un ex agente di polizia ucraino, passato volontariamente ai “separatisti”, che insieme ad altri tre colleghi aveva rischiato di essere mandato all’altro mondo perché, in un villaggio del distretto di Novoajdar, erano accorsi alle urla di aiuto di due ragazze, alle prese con alcuni squadristi.

Dopo esser stati disarmati e picchiati, i poliziotti erano stati condotti in un locale, in cui sedeva il caposquadra della banda armata, che aveva costretto uno dei poliziotti a posare la testa su un grande ceppo al centro della stanza e aveva quindi preso in mano una sciabola…. Qui il racconto si interrompe.

Per quanto riguarda invece la Repubblica popolare di Donetsk, la Tass riportava ieri che, nella giornata di martedì, nonostante le milizie della Repubblica, già il giorno prima, avessero raggiunto il confine con la regione di Zaporože, in un altro settore le forze armate di Kiev avevano bersagliato almeno una ventina di volte 12 villaggi con artiglierie da 122 mm e mortai da 120 e 80 mm.

La guerra c’è, eccome; ma non solo nella parte di Ucraina in cui risuonano le sette trombe angeliche, come declama l’informazione a comando. Anche se, sembra che il dipartimento comunicazione dell’ONU abbia proibito al proprio personale di definire guerra l’attacco russo all’Ucraina.

La notizia è riportata da Colonel Cassad, su fonte del The Irish Times, specificando che l’ONU raccomanda di utilizzare, a proposito della situazione in Ucraina, le parole “conflitto” o “offensiva militare”, invece che “guerra” o “invasione”.

Dunque, chiosa Colonel Cassad, la Russia «non ha dichiarato guerra all’Ucraina, ma conduce un’operazione speciale in Ucraina. L’Ucraina non ha dichiarato guerra alla Russia. Pertanto, dal punto di vista del diritto internazionale, poiché nessuno ha dichiarato guerra a nessuno, allora questa non è una guerra, ma un conflitto.

La situazione non è nuova: ad esempio, la Turchia conduce operazioni in Siria e Iraq per raggiungere i propri obiettivi, ma non dichiara guerra a Baghdad e Damasco. E nemmeno quelle la dichiarano. Quindi, ufficialmente non è una guerra. E nemmeno dal punto di vista del diritto internazionale. Anche se vediamo operazioni di combattimento ad alta intensità in un vasto teatro di operazioni».

Una specificazione, quella dell’ONU, che farà certo piacere agli ucraini; così come lo fa da otto anni ai civili del Donbass.

Tutto può essere. D’altronde, i bombardamenti ucraini su città e villaggi del Donbass, che vanno avanti dal 2014, non sono mai stati preceduti da una “dichiarazione di guerra” di Kiev alle Repubbliche popolari; tantomeno lo sono stati i massacri di civili da parte delle formazioni neo-naziste, così care alla “informazione” di casa nostra.

A ogni modo, che sia “guerra” o “conflitto militare”, per l’Italia cambia poco, dato che con il Decreto legge del febbraio scorso, il Consiglio dei ministri ha autorizzato comunque l’esportazione di missili antiaerei e controcarro, mitragliatrici, munizioni e mine anticarro all’Ucraina.

Il punto è, casomai, come la mettiamo con la norma della stessa UE, che vieta di effettuare trasferimenti di armi nel caso in cui ci sia il rischio che queste siano coinvolte in gravi violazioni del diritto internazionale, come crimini di guerra o crimini contro l’umanità?

Attualmente, scrive Affari Internazionali «pare non ci sia alcuna notizia di gravi violazioni di questo tipo da parte dell’esercito di Kiev». Se qualcuno ne è così sicuro, noi ci chiediamo invece come possano usare quelle armi i battaglioni neo-nazisti o i reggimenti nazionalisti inquadrati nell’esercito “regolare”, o anche quelle migliaia di criminali che Vladimir Zelenskij ha scarcerato e armato per mandarli al fronte.

Questo, naturalmente, dal punto di vista strettamente “giuridico”. Cosa significhi politicamente la decisione bellicista italiana, pensiamo non ci sia bisogno di spiegarlo ai lettori di Contropiano.

In ogni caso, la questione di sapere in quali mani vadano a finire le armi degli “alleati” europeisti, pare sia ben chiara alle forze russe, che non offrono alcuna resa alle bande neo-naziste, cui, ad esempio, non si estende l’appello ad arrendersi, con le relative istruzioni, rivolto alle forze “regolari” ucraine assediate a Mariupol, e riprodotto da Colonel Cassad.

Il volantino è rivolto solo alle forze armate, senza alcun accenno alle bande naziste, che continuano a tenere la popolazione in ostaggio, non permettendole di lasciare la città attraverso i corridoi umanitari lasciati aperti (lì, così come in altre città) dai reparti russi, mentre l’accerchiamento si fa sempre più stretto.

In “compenso”, la Tass, riporta le dichiarazioni di Joe Biden, secondo cui gli USA «sono intenzionati ad adempiere i propri impegni per la difesa collettiva nella NATO», anche se Washington, è consapevole «che gli alleati europei non potranno unirsi al divieto di importazione di prodotti energetici russi».

Ma, in fondo, le demo-lacrime lettiane lasciano il tempo che trovano, perché, come scrivono le Izvestija, Biden ha dichiarato che «USA e alleati continuano a ritmo quotidiano a inviare armi all’Ucraina e a intensificare l’aiuto umanitario».

E, per quanto riguarda l’Italia, pare istruttiva l’intervista del direttore di AnalisiDifesa, Gianandrea Gaiani, a Il sussidiario, in cui tra le altre, alla domanda su cosa significhino le parole di Draghi rivolte a Zelenskij su «l’Italia vi sostiene», risponde che questo vuol dire «che abbiamo sostanzialmente aderito al piano von der Leyen: blocco totale dei rapporti economico-finanziari con Mosca, sequestro dei beni degli oligarchi russi e aiuti militari all’esercito ucraino. Ma fornire adesso armi, reperite dai magazzini del nostro esercito, a Kiev, significa diventare belligeranti».

E, come di consueto, tanto per distinguerci, tali armi «non vengono vendute, ma fornite gratuitamente, come del resto fanno anche altri paesi della Ue. A differenza di altri, però, che hanno fornito con trasparenza l’elenco, il nostro governo ha varato un decreto in cui è stata secretata la lista dettagliata delle forniture, lista che quindi non conosce neppure il Parlamento».

Sì, in questo Letta ha davvero ragione, affermando che «Non possiamo fare di più in termini di aiuti militari all’Ucraina: è duro da dirlo». Infatti non la dice tutta. Chissenefrega di Parlamento e piazze: facciamo come ci pare e voi non dovete sapere quanto e come lo facciamo.

D’altra parte, lo abbiamo sempre fatto, come ci è parso. Se oggi «È straziante sentire gli ucraini dire “con le vostre armi e i vostri aerei chiudete i nostri cieli», vorremmo domandargli quanto strazio gli hanno fatto, negli ultimi otto anni, i bombardamenti ucraini sul Donbass.

Anzi, auguriamo di cuore al signor Letta, che il 12 marzo, come da lui stesso annunciato, sarà a Firenze per la manifestazione organizzata dal sindaco Dario Nardella, di ritrovarsi a braccetto con quegli ucraini che, sempre a Firenze, lo scorso 26 febbraio, scandivano gli slogan cari ai filo-nazisti di Stepan Bandera, e anche con quegli ucraini che, ospitati da Left, svelano l’autentico carattere dell’europeismo di Kiev, sproloquiando su «L’anti-imperialismo degli idioti».

Siamo sicuri che, con gli e gli altri, Letta e Nardella ci si troveranno bene.

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1 Commento


  • E Sem

    Non dimentichiamoci che stiamo parlando di un conflitto reso possibile e favorito dall’ incapacità diplomatica e strategica dei nostri governi, in particolare del nostro governo. Come I bimbi sotto pressione che reagiscono con “spacco tutto”, questi individui reagiscono alle inevitabili umiliazioni personali in modo al dir poco “non razionale”. Al di la dell’immensa tragedia evitabilissima in corso, per noi si profila un immediato futuro tragico. Per favore impegnamoci a togliere questo gravoso fardello dalle spalle di questi infelici.

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