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I “guai” di Biden con i vecchi alleati nel mondo arabo

La guerra in Ucraina potrebbe cambiare anche la geografia politica del petrolio che abbiamo conosciuto fino ad oggi. La spinta verso un mondo multipolare sembra far riemergere anche le ambizioni di rivalsa di quello che è stato definito “il polo islamico“, sia verso gli Stati Uniti che verso il grande gioco fin qui determinato dalle grandi potenze occidentali.

I mass media riferiscono che dopo le dichiarazioni di Biden sul blocco dell’acquisto del petrolio dalla Russia, la Casa Bianca abbia tentato- ma  senza successo – di organizzare colloqui telefonici tra il presidente Usa e i leader di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti – i principi Mohammed bin Salman e Sheikh Mohammed bin Zayed al Nahyan.

L’obiettivo era tentare di convincere le due petromonarchie al contenimento dei prezzi globali del petrolio che rischiano di mettere in ginocchio i paesi capitalisti occidentali ancora più che la Russia sottoposta a sanzioni.

Le indiscrezioni su questo flop di “Sleeping” Joe Biden, sono trapelate sul “Wall Street Journal”, in un contesto già segnato dal fortissimo aumento dei prezzi di energia e materie prime a livello globale ma anche di una “caduta”delle relazioni tra Stati Uniti e petromonarchie già emersa da tempo.

Secondo il Wsj, la Casa Bianca “aveva aspettative per un colloquio telefonico, ma non è avvenuto”. Biden ha tenuto un colloquio con il re saudita Salman lo scorso 9 febbraio; il ministero degli Esteri degli Emirati, invece, ha annunciato che il colloquio tra il presidente Usa e Mohammed bin Zayed verrà ricalendarizzato.

E’ lo stesso Wall Street Journal, a ricordare che l’Arabia Saudita avrebbe espresso delle lamentele per il deterioramento delle relazioni con gli Usa coinciso con l’insediamento di Biden alla Casa Bianca. Sia Riad che Abu Dhabi vorrebbero ottenere inoltre dagli Stati Uniti un sostegno più consistente nella guerra intrapresa dai due Paesi nello Yemen.

Infine, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti non nacsondono più la volontà di ricevere maggiore sostegno ai loro programmi nucleari in funzione anti-iraniana, specie in vista di un probabile ripristino dell’accordo internazionale sul nucleare di Teheran. Infine, e non certo per importanza, l’Arabia Saudita, vorrebbe dagli Usa garanzie sull’immunità per il principe ereditario Mohammed bin Salman, accusato dai servizi di intelligence statunitensi per l’uccisione del giornalista Jamal Khashoggi avvenuta nel 2018 in Turchia.

Occorre inoltre segnalare che in questi giorni, sia l’Arabia Saudita che gli Emirati Arabi Uniti, nonostante tutto hanno tenuto aperte le relazioni con la Russia, sottolinea un documentato servizio dell’agenzia Nova.

I due paesi hanno rifiutato le richieste di Washington di isolare Mosca e confermato la volontà di cooperare con la Russia in seno all’alleanza Opec+, il formato con cui dal 2016 i 14 Paesi Opec e dieci produttori al di fuori del cartello petrolifero guidati dalla Russia regolano le forniture di petrolio sui mercati globali.

Gli Emirati Arabi Uniti si sono addirittura astenuti nel voto sulla risoluzione presentata dagli Stati Uniti contro la Russia al Consiglio di Sicurezza dell’Onu lasciando di stucco gli Usa. E’ vero però che il 2 marzo, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite – senza poteri vincolanti –  gli Emirati e l’Arabia Saudita come la gran maggioranza degli Stati aderenti alle Nazioni Unite, hanno invece votato a favore della risoluzione di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina. Ma è la stessa scelta che hanno fatto anche altri paesi sulla “lista nera” di Washington come Venezuela, Cuba, Nicaragua, Iran etc.

Nei giorni scorsi sia l’erede al trono dell’emirato di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed Al Nahyan, che il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, hanno avuto colloqui telefonici con il presidente russo Putin, confermando così la volontà di avere un ruolo da “mediatori” nella crisi ma senza schierarsi apertamente.

Secondo l’agenzia Nova, nel colloquio avvenuto lo scorso primo marzo con il presidente russo, il principe ereditario di Abu Dhabi ha chiesto una “risoluzione pacifica” del conflitto in Ucraina che “garantirebbe l’interesse di tutte le parti e la loro sicurezza nazionale”, confermando che proseguirà il coordinamento “con le parti interessate al fine di aiutare a trovare una soluzione politica sostenibile alla crisi in corso”.

Posizione analoga è stata espressa dall’erede al trono saudita, Mohammed bin Salman, che nella conversazione telefonica avvenuta lunedi con il presidente russo ha annunciato che Riad  “è pronta a compiere sforzi per mediare tra tutti le parti coinvolte nel conflitto“.

Arabia Saudita, Emirati, Bahrein insieme a Israele, non gradiscono affatto la volontà dichiarata dagli Stati Uniti di raggiungere un accordo sul nucleare con l’Iran nel tentativo di allontanare Teheran dalla Russia. I colloqui di Vienna sarebbero giunti ormai nella loro fase finale.

Dopo l’elezione di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti, Emirati e Arabia Saudita hanno espresso il loro malcontento per quello che ritengono un progressivo disimpegno di Washington dal Medio Oriente, portando i loro rapporti con gli Stati Uniti ad un livello molto simile a quello che aveva caratterizzato l’amministrazione di Barack Obama, il quale appoggiò le primavere arabe del 2011 e firmò nel 2015 l’accordo sul nucleare con l’Iran.

Il rafforzamento delle relazioni delle due petromonarchie del Golfo con la Russia era già iniziato durante l’amministrazione Obama, era proseguito durante la presidenza Trump ma ha subito una forte accelerazione con l’amministrazione Biden, coinvolgendo anche dossier delicati come quelli sugli armamenti.

Lo scorso dicembre, gli Emirati hanno deciso di inviare un segnale a Washington, non solo sospendendo i colloqui con l’amministrazione Biden relativi all’acquisto dei caccia di quinta generazione F-35 ma consentendo a Mosca di utilizzare il Dubai Airshow come vetrina per il debutto internazionale dell’Su-75 Checkmate, considerata la risposta russa al velivolo analogo prodotto dalla statunitense Lockheed Martin.

L’Arabia Saudita, ha visto invece un brusco raffreddamento dei rapporti con gli Stati Uniti quando Biden ha consentito la pubblicazione di un rapporto dell’intelligence statunitense che implicava il principe Mohammed nell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi nel 2018.

Ma che all’amministrazione Biden non piacesse il principe ereditario saudita era emerso anche dal fatto che il presidente degli Stati Uniti, al contrario di Putin, si era finora rifiutato di parlare direttamente con il principe Mohammed bin Salman, considerando come unica sua controparte l’anziano re Salman.

Inoltre il principe ereditario saudita starebbe utilizzando la leva petrolifera per inviare messaggi forti agli Stati Uniti, rifiutandosi di aumentare la produzione di petrolio.

L’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec), in cui è decisivo il ruolo dell’Arabia Saudita, e i produttori guidati dalla Russia, stanno gradualmente abbandonando i tagli alla produzione decisi nel 2020 per far aumentare i prezzi e contrastare la crisi di super offerta legata alla pandemia di Covid-19. Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia i prezzi del petrolio sono saliti ai massimi dal 2012.

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