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L’accordo sul nucleare iraniano tentenna. Ritorsione di Teheran verso Israele

Gli Stati Uniti adesso devono prendere una decisione per concludere l’accordo sul nucleare dell’Iran del 2015 insieme con le altre potenze mondiali. L’affermazione, rilevata dalla Reuters, è del portavoce del ministero degli Esteri iraniano tra i timori che i colloqui in corso a Vienna possano fallire.

Gli sforzi per concludere un nuovo accordo sul nucleare iraniano sono stati lasciati nel limbo dopo che una richiesta dell’ultimo minuto da parte della Russia – ora in contrasto con l’Occidente per l’invasione dell’Ucraina – ha costretto le potenze a sospendere i colloqui per un tempo indeterminato nonostante avessero a disposizione un testo in gran parte completato.

Il 5 marzo scorso, il ministro degli Esteri russo ha chiesto inaspettatamente ampie garanzie che il commercio russo con l’Iran non sarebbe stato influenzato dalle sanzioni imposte a Mosca per l’invasione dell’Ucraina – una richiesta che le potenze occidentali hanno ritenuto inaccettabile e Washington ha insistito sul fatto che non sarebbe stata d’accordo.

Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian visiterà oggi la Russia.  “Stiamo attualmente prendendo una pausa dai colloqui sul nucleare“, ha fatto sapere il portavoce iraniano  Saeed Khatibzadeh. “Non siamo al punto di annunciare un accordo ora poiché ci sono alcune importanti questioni aperte che devono essere decise da Washington”.

Il portavoce di Teheran ha descritto la visita del ministro degli Esteri iraniano a Mosca come “una piattaforma per colloqui seri, franchi e lungimiranti” tra due paesi che hanno dimostrato che “possono lavorare a stretto contatto, con decisione e con successo su problemi complessi“.

Poco prima della delegazione iraniana, in Russia c’era stata la visita del ministro degli Esteri del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, il quale in una conferenza stampa aveva dichiarato di aver discusso i colloqui sul nucleare iraniano con il suo omologo russo Sergei Lavrov durante una visita a Mosca.

Ma su uno scenario diventato più incerto sull’accordo sul nucleare iraniano, si aggiungono le tensioni su campo e soprattutto nella guerra a distanza tra Israele e Iran.

Dopo un raid israeliano in Siria che ha ucciso due ufficiali iraniani presenti nel paese, l’Iran ha lanciato domenica una dozzina di missili contro Erbil, capitale della regione autonoma curda irachena, in un attacco che ha preso  di mira gli Stati Uniti e i loro alleati israeliani. I media statali iraniani hanno affermato che il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane ha effettuato l’attacco contro i “centri strategici” israeliani a Erbil, come vendetta per i recenti attacchi aerei israeliani che hanno ucciso il personale militare iraniano in Siria.

I missili sono caduti vicino al consolato Usa a Erbil. Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan ha detto alla CBS News che l’attacco missilistico non ha colpito alcuna struttura o cittadino statunitense. La stazione televisiva satellitare Kurdistan24, situata vicino al consolato statunitense, ha detto invece di aver subito danni dall’attacco.

Anche Israele non ha confermato né smentito eventuali perdite tra il suo personale militare e di intelligence presente nell’enclave curda in Iraq. A Erbil e nell’enclave curda nel nord dell’Iraq sono sicuramente e notoriamente presenti militari e intelligence statunitensi, mentre il governatore curdo di Erbil, Umid Khouchnaw, ha nuovamente negato qualsiasi presenza israeliana nella regione, definendo le accuse di Teheran “infondate”.

Secondo però il noto reporter investigativo ed esperto di Medio Oriente, Seymour Hersh, “l’intelligence di Tel Aviv è silenziosamente al lavoro nella regione nord-irachena, fornendo addestramento ad unità curde e, cosa più importante per Israele, guidando covert-operation all’interno del Kurdistan siriano ed iraniano” scriveva in un reportage nel 2004.

Più recentemente anche i media israeliani riportavano che la filiale israeliana della Motorola Inc. e la Magalcom Communications and Computers hanno firmato centinaia di milioni di dollari di contratti con il governo curdo, compresa la costruzione di un moderno aeroporto di Erbil. Tra i consulenti risultano esserci figure militari e politiche israeliane, in particolare l’ex capo del Mossad, Dani Yatom.

Nel Kurdistan iracheno puoi trovare centinaia di merci per vari scopi con l’etichetta “made in Israel”: motocicli, trattori, giubbotti antiproiettile, ambulanze e persino Kalashnikov modernizzati. Più intense si sono fatte anche le relazioni diplomatiche tra Israele e il governo dell’enclave curda nel nord dell’Iraq.

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2 Commenti


  • Vannini Andrea

    MAI PIU’ NESSUNA SOLIDARIETÀ ALLA ‘CAUSA’ KURDA. CHI SI PROSTITUISCE ALL’IMPERIALISMO USA MERITA SOLO DISPREZZO E RIBREZZO.


    • Redazione Roma

      In questo caso non si tratta del PKK ma dei curdi iracheni che hanno altre organizzazioni e altri obiettivi, per onestà va detto

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