A Severodonetsk si combatte strada per strada e la sua eventuale conquista da parte russa, secondo diversi esperti militari, potrebbe determinare il destino della regione del Donbass. Il capo dello Stato ucraino Zelenski ha affermato che la situazione in prima linea non è cambiata in modo significativo nelle ultime 24 ore. Severodonetsk, Lysychansk e altre città del Donbass, che sono attualmente obiettivi chiave per le truppe russe, continuano a resistere.
Anche a Severodonetsk, come avvenuto all’Azovstal di Mariupol, un contingente militare ucraino si è asserragliato portandosi dietro alcune centinaia di civili dentro l’impianto industriale Azot, una fabbrica di prodotti chimici. “Circa 400 miitari ucraini sono bloccati nell’impianto Azot di Severodonetsk, afferma l’ambasciatore della Repubblica Popolare di Lugansk in Russia Rodion Miroshnyk sul suo canale Telegram ripreso dall’agenzia Ria Novosti.
“Sono concentrati vicino alla prima guardiola dell’impianto chimico. Anche i 500 civili che si nascondevano dai bombardamenti nel rifugio antiaereo dell’impianto potrebbero rimanere lì. Ci sono anche altri civili nell’area, ma sono in altre parti dello stabilimento”, ha scritto. Secondo Miroshnyk, i militari ucraini stanno cercando di fare delle richieste: lasciare il territorio dell’impianto chimico insieme agli ostaggi e fornire un corridoio per spostarsi a Lysychansk.
Secondo il Kyev Indipendent l’esercito russo continua a cercare di prendere il pieno controllo della città strategica nell’Oblast di Luhansk e di bloccare le truppe ucraine. L’elenco delle città vicine bombardate il 10 giugno dalla Russia comprende Lysychansk, Ustynivka, Zolote e Horske.
Il vice capo dell’intelligence militare ucraina Vadym Skibitsky ha dichiarato che l’Ucraina sta perdendo contro la Russia in prima linea e che ora dipende quasi esclusivamente dalle armi provenienti dall’Occidente per tenere a bada la Russia: “Questa è ormai una guerra di artiglieria. I fronti sono ora il luogo in cui si deciderà il futuro e stiamo perdendo in termini di artiglieria. Tutto ora dipende da ciò che l’Occidente ci dà”, ha detto in una intervista al The Guardian.
“L’operazione militare speciale della Russia in Ucraina terminerà una volta raggiunti i suoi obiettivi” ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov rispondendo ai giornalisti che chiedevano una data per la conclusione delle operazioni militari. Secondo quanto riporta la Tass, Peskov non ha commentato l’affermazione secondo cui i risultati dell’operazione speciale non potrebbero essere raggiunti sotto l’attuale regime ucraino.
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ll primo ministro britannico, Boris Johnson ha dichiarato che il governo del Regno Unito farà di tutto per il rilascio dei due mercenari britannici che sono stati condannati a morte nel processo tenutosi nella Repubblica del Donnetsk. Johnson, che si è detto “sconvolto” dalle condanne a morte inflitte ad Aiden Aslin e Shaun Pinner, ha ordinato ai ministri di fare “tutto ciò che è in loro potere” per ottenere il loro rilascio.
Il portavoce di Downing Street ha affermato che ai due uomini è stata richiesta la protezione ai sensi della Convenzione di Ginevra come membri delle Forze armate ucraine, “motivo per cui vogliamo continuare a lavorare a stretto contatto con loro per cercare di liberarli il più rapidamente possibile”.
La decisione sui mercenari britannici e marocchino, condannati a morte nel Donetsk, è presa “in base alle leggi del Dpr (la Repubblica Popolare del Donetsk, ndr)” e non si deve interferire “con il sistema giudiziario della Repubblica” ha detto il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov che ha esortato “a non speculare sull’argomento della condanna ai mercenari stranieri condannati nella Dpr”.
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Un generale ucraino, Andriy Naumov, a capo del dipartimento di sicurezza interna, secondo Ukrainska Pravda, è stato arrestato per sospetto riciclaggio di denaro dalle guardie di frontiera serbe. Il generale aveva lasciato l’Ucraina il 23 febbraio, poche ore prima che la Russia lanciasse il suo attacco.
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leandro locatelli
Petizione diretta al Presidente Mario Draghi e al ministro Cartabia
Andrea Rocchelli, fotogiornalista italiano era andato a documentare gli orrori della guerra in Ucraina, precisamente nel Donbass, ed è stato ucciso per questo. E’ stato assassinato insieme all’attivista per i diritti umani (e interprete) Andrej Nikolaevič Mironov, dal fuoco ucraino, il 24 maggio 2014. William Roguelon, unico sopravvissuto all’attacco, dichiarerà che il gruppo è stato bersagliato da numerosi colpi di mortaio e armi automatiche dalla collina Karachun, dove era stanziata la Guardia nazionale dell’Ucraina e l’esercito ucraino. Gli assassini non sono i russi ma i nostri alleati, addestrati e armati da noi. I “buoni”. Quelli che difendono la libertà. Nel luglio 2017 le indagini hanno portato all’arresto di Vitaly Markiv mentre rientrava in Italia, militare della Guardia nazionale ucraina col grado di vice-comandante al momento dell’arresto ma soldato semplice all’epoca dei fatti, con cittadinanza italiana. Markiv è stato sottoposto a misure detentive di custodia cautelare in attesa del processo che si è aperto a Pavia nel maggio 2018. Durante lo svolgimento del processo, Markiv viene anche accusato dentro e fuori l’aula di simpatie neonaziste. Si legge su Wikipedia: “Il 12 luglio 2019 la corte penale di Pavia ha giudicato Vitaly Markiv colpevole per concorso di colpa nell’omicidio di Rocchelli e Mironov e lo ha condannato a 24 anni di reclusione. Lo stato Ucraino è stato anch’esso giudicato colpevole nella medesima sentenza quale responsabile civile”. Markiv però se la cava, dopo l’intervento delle autorità dell’Ucraina che prendono le sue difese. Ed ecco il colpo di scena: “Il 3 novembre 2020 la Corte d’Assise d’appello di Milano, pur ritenendo colpevoli le forze armate ucraine dell’omicidio dei giornalisti, ha assolto Vitaly Markiv con formula piena escludendo alcune testimonianze chiave dall’impianto accusatorio per un vizio di forma”. Sul tablet e sullo smartphone sequestrati a Markiv, secondo i Ros, sono conservate oltre duemila fotografie. Alcuni scatti mostrano un uomo incappucciato, con una catena di ferro al collo, rinchiuso nel bagagliaio di un’automobile, una Skoda Octavia. In alcune immagini scattate poco dopo, si vede lo stesso uomo, con il volto ancora coperto, gettato in una fossa mentre qualcuno non inquadrato nella ripresa lo ricopre di terra. Altre fotografie ritraggono Markiv davanti alla stessa Skoda Octavia. Quando nell’aula è stata mostrata una foto di agenti della guardia nazionale ucraina con alle spalle una bandiera nazista, Markiv ha chiesto di prendere la parola e ha detto: «Non voglio che la guardia nazionale sia presentata come nazista. La bandiera ritratta in quella foto è soltanto un bottino di guerra» Peccato che il nemico fossero gli autonomisti del Donbass. Non c’è pace senza giustizia, non si annulla una sentenza per vizio di forma, dopo l’intervento delle autorità Ucraine che hanno parlato di complotto e di processo politico, intervento supportato anche da politici di lungo corso italiani. Chiediamo al presidente del consiglio Draghi ed al ministro della Giustizia Cartabia la revisione del processo. Ci sono due vittime innocenti, assassinate perché testimoniavano con il loro lavoro verità scomode, non ci possono essere colpevoli in libertà. La responsabilità penale è personale, indicare come responsabile l’intero esercito ucraino è inutile e sbagliato. Verità e giustizia per Andrea e Andrej.
Puoi firmare la petizione qui: https://chng.it/J4kY6Zdj