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Elezioni in Francia. La crisi politica nel cuore dell’Unione Europea

Domenica 19 giugno si è svolto il secondo turno delle elezioni legislative in Francia, chiudendo così la tornata elettorale iniziata lo scorso 10 aprile con le presidenziali che hanno visto il presidente Emmanuel Macron confermarsi per altri cinque anni all’Eliseo, solo dopo aver battuto al ballottaggio Marine Le Pen (Rassemblement National).

I risultati delle elezioni legislative hanno portato ad una posizione tripolare all’interno dell’Assemblée Nationale. La coalizione Ensemble! a sostegno di Macron – formata da La République en marche, MoDem, Horizons e dal Parti radicalottiene 245 deputati, perdendo la maggioranza assoluta (289) e facendo retrocedere il “partito” LREM del presidente Macron nel numero dei seggi (da 314 a 170).

L’alleanza della Nouvelle Union populaire écologique et sociale (NUPES) sarà la prima forza di opposizione e potrà contare su 133 deputati, ai quali se ne aggiungeranno altri 20 classificati sotto l’etichetta di “Altri di sinistra”.

La France insoumise – forza trainante della coalizione, con il 21,95% dei voti raccolti al primo turno delle presidenziali e avendo sfiorato il ballottaggio – ottiene 72 deputati, allargando e rafforzando così il suo gruppo parlamentare rispetto agli attuali 17 deputati.

Tra i nuovi membri, sono presenti figure importanti delle lotte politiche e sociali che hanno caratterizzato le piazze francesi durante il primo quinquennato di Emmanuel Macron, come Rachel Kéké, cameriera e portavoce del collettivo delle “femmes de chambres” che per due anni ha lottato per i propri diritti contro la direzione della catena alberghiera Ibis.

Nonostante la NUPES non sia arrivata ad avere i numeri necessari per instaurare quel rapporto di forza che avrebbe potuto portare Jean-Luc Mélenchon ad essere primo ministro e determinare una “cohabitation” politica, possiamo identificare alcuni fattori chiave di questo risultato positivo, così come le prossime sfide che attendono il suo percorso all’opposizione.

Il programma della NUPES, espresso nelle 650 misure concrete per governare il paese ed invertire la catastrofe delle politiche neoliberiste, ha saputo tradurre, in termini di rappresentanza politica, le rivendicazioni delle lotte sociali e sindacali (aumento dello SMIC, congelamento dei prezzi e degli affitti, pensione a 60 anni, garanzia di reddito per i giovani sotto ai 25 anni) e, al tempo stesso, articolare un progetto di governo di rottura e alternativo.

Se già il Partito socialista, il Partito comunista e i Verdi hanno rifiutato la proposta di Mélenchon di costituire un gruppo parlamentare unitario della NUPES, ora per La France insoumise si pone la sfida di dare continuità a questo programma sia attraverso una maggior strutturazione del proprio corpo militante che con un rafforzamento del rapporto diretto con il blocco sociale: due condizioni fortemente intrecciate per consolidare l’opposizione politica e sociale a Macron e al prossimo governo.

Ma le vere difficoltà sono tutte in capo a Macron e alla formazione di un “nuovo” governo, non potendo contare su una maggioranza solida ed essendo costretto a cercare un accordo che, in questo momento, non vede la disponibilità neanche della destra liberista dei Républicans.

All’orizzonte si prefigura un’ulteriore stretta autoritaria e repressiva per imporre il “passaggio di forza” dell’agenda neoliberista di Bruxelles per riportare il deficit pubblico al di sotto del 3% entro il 2027.

Non possiamo non prendere seriamente in considerazione la progressione storica del Rassemblement National che ottiene 89 seggi rispetto agli 8 di cinque anni fa, quando non riuscì nemmeno a formare un gruppo parlamentare proprio.

La propaganda reazionaria, razzista e classista ha permesso a Marine Le Pen di raggiungere questo exploit elettorale, confermando di essere la “miglior assicurazione sulla vita a favore di Macron”.

Come l’esperienza in declino della Lega di Salvini e le recenti dichiarazioni di Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, la destra nazionalista non intende essere in alcun modo un’opposizione ai progetti neoliberisti imposti dalla Commissione Europea attraverso i suoi zelanti esecutori – siano essi Macron o Draghi – ma sempre pronti a raccogliere e rilanciare gli inviti ad una “opposizione responsabile”.

L’affermarsi a livello elettorale del Rassemblement National è il risultato delle politiche anti-sociali di Macron e della sua retorica di voler costituire un “argine all’avanza dell’estrema destra”, essendone in realtà il grande fautore e responsabile.

Pertanto, attraverso un nutrito gruppo di deputati all’Assemblée Nationale rischia concretamente di fornire ulteriore legittimità all’operato dei gruppuscoli dell’estrema destra e dei sindacati fascistoidi della polizia francese.

Il sistema istituzionale della “Quinta Repubblica” è da tempo ormai al suo capolinea, incapace di far fronte alle sue stesse storture strutturali. Queste elezioni francesi hanno comprovato la profonda crisi di legittimità dell’attuale classe dirigente europea.

Ad ogni tappa di questo processo elettorale, il presidente Macron ha visto precipitare ulteriormente il suo consenso e trovarsi sempre più in difficoltà nel garantire la tenuta di quella governance politica a livello continentale.

Il rilancio del processo di integrazione e il salto di qualità dell’Unione Europa da polo a super-Stato imperialista rischiano di vedere parzialmente indebolito – almeno al suo interno – uno degli attori fondamentali nel “Triangolo di comando” europeo.

L’imperialismo europeo, che ha nella Francia il suo pivot militare e la sua “testa d’ariete” per gli interessi geo-strategici in Africa e nel Medioriente, si trova a fare i conti con un’impasse politica che rischia di rallentare il suo corso.

Dal canto nostro, non possiamo che adoperarci al fianco delle organizzazioni politiche, sociali e sindacali francesi per abbattere definitivamente la “Macronie” e l’apparato di poteri ed interessi che rappresenta, tanto a livello nazionale che internazionale.

La crisi politica, economica e sociale, aggravata dal contesto di guerra e dalle crescenti tensioni militari tra potenze concorrenti, colpisce duramente nel cuore dell’Unione Europea: costruire l’alternativa a questo sistema è quanto mai un’urgenza inderogabile.

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