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“El Cambio es Imparable”, la nuova Colombia del Pacto Histórico

Con più 12 milioni e 280 mila voti, cioè il 50,4% di coloro che si sono recati alle urne, Gustavo Petro ha vinto le elezioni presidenziali in Colombia; la vice-presidente sarà Francia Màrquez.

Il 7 agosto si celebrerà l’investitura di Petro come successore di Iván Duque, che per due volte aveva rivestito la carica.

Per la prima volta nella storia della Colombia indipendente, una coalizione progressista vince le elezioni presidenziali.

Un successo ottenuto con circa un milione di voti di scarto contro un outsider di estrema destra, Rodolfo Hernández, su cui il vecchio assetto di potere uribista – legato a doppio filo a Washington – aveva giocato le sue ultime carte al primo turno il 29 maggio, senza riuscire stavolta a spuntarla.

Tra le classi popolari e le comunità più svantaggiate la retorica populista anti-corruzione dell’imprenditore 77enne – che  verrà processato proprio per corruzione – non ha attecchito. La sua campagna elettorale condotta sui social (che l’hanno fatto conoscere come “il vecchio di Tik Tok”) non ha fatto sufficientemente presa.

La maggioranza di coloro che si sono recati alle urne gli hanno preferito un messaggio di cambiamento sostanziato da proposte concrete, portato aventi dai candidati del Pacto Histórico, figure riconosciute per il loro storico impegno contro l’attuale sistema di potere e che hanno battuto il paese “palmo a palmo”.

Petro, economista di formazione, negli Anni Ottanta ha militato nella formazione guerrigliera M-19 ed è stato esule politico. La rquez, afro-discendente, è stata sempre una leader ambientalista e femminista in una delle comunità più svantaggiate del paese, già da adolescente, dalla fine degli Anni Novanta. Entrambi sono stati più volte minacciati di morte.

La maggioranza dei votanti ha scelto per far cambiare volto al paese ed un programma conseguente: pace, riforma agraria, transizione ecologica, uno sviluppo agro-industriale sostenibile, garanzie sociali fin qui appannaggio solo delle classi più abbienti, lotta al razzismo ed alle discriminazioni, una cooperazione rafforzata con i paesi del continente a cominciare dal Venezuela, dal Cile e probabilmente dal Brasile di Lula.

A Bogotà, dove Petro è stato sindaco, il PH ha vinto con il 60% dei voti, nei dipartimenti più impoveriti del Paese – in cui comunque il 39% della popolazione vive sotto la soglia di povertà – come Chocó, Putumayo, Nariño e Cauca, ottiene l’80% dei consensi, perde solo nei bastioni dell’uribismo.

La vittoria del PH è lo sbocco di quell’inedito movimento politico-sociale, il Paro National, sviluppatosi nell’aprile dell’anno scorso grazie all’unità di tutte le forze progressiste e frutto di un processo democratico di scelta dei candidati con le primarie del 13 marzo, in cui Petro ha ottenuto la stupefacente cifra di 4 milioni e 500 mila voti; e 700 mila voti la Márquez.

É chiaro che di fronte alla possibilità di cambiamento rappresentata dal voto alle presidenziali il PH avrà di fronte tre ostacoli.

Il primo è di tipo politico-istituzionale, considerati i numeri di cui gode nel Parlamento eletto il 13 marzo, in cui è risultata la formazione più votata al Senato, con 17 eletti, ma la seconda alla Camera, con 25 deputati, contro i 32 del Partido Liberal, tradizionale formazione di centro-sinistra.

Dalle urne allora uscì, nonostante l’affermazione politica del Pacto, un parlamento di fatto tripartito con PH, Liberali e Conservatori come attori maggiori, ed in cui l’uribismo politico, benché sconfitto, non è scomparso, ancora forte di 14 senatori e 16 deputati.

Il PH avrà bisogno di intessere ulteriori alleanze per aspirare a governare il paese e per attuare, almeno in parte, il suo ampio programma progressista.

É chiaro che la mobilitazione popolare sarà indispensabile per realizzare quell’agenda del cambiamento per la quale si sono espressi la maggior parte dei votanti al secondo turno delle presidenziali.

Il secondo ostacolo è legato ai perni che il sistema di potere uribista mantiene nelle istituzioni, senza parlare della sua base di consenso tra la borghesia compradora e gangsteristica, arricchitasi con l’estrattivismo selvaggio, ad appannaggio delle multinazionali straniere, ed il narco-traffico.

L’ESMAD – Escuadrón Móvil Antidisturbios -, le forze armate, la giustizia ed i media sono alcuni dei tasselli della democradura colombiana che daranno del filo da torcere a Petro, anche per conto dei loro padrini politici nord-americani.

Il terzo ostacolo sono gli USA che hanno almeno 7 basi militari in Colombia, addestrano le forze armate, guadagnano dalle vendita di armi al Paese (il quarto per spese militari in tutto il continente), e l’hanno usato come retroterra per le operazioni di destabilizzazione in tutta l’America Latina (dal Venezuela ad Haiti), è sono primus inter pares dell’Alleanza Atlantica di cui la Colombia fa parte.

Gli Stati Uniti sono stati i principali artefici del famigerato Plan Colombia ed i maggiori affossatori del processo di pace, firmato nel 2016 all’Avana.

Ma al di là di questi oggettivi impedimenti la Colombia potrà giovarsi di un vento progressista che ha cominciato a spirare impetuoso da circa 4 anni in tutta la Nuestra América, che tra alterne vicende si è andato affermandosi con numerosi successi elettorali e potrebbe avere il suo coronamento con le elezioni di ottobre in Brasile.

Per ora, come dimostra anche il fallimento politico del vertice delle Americhe voluto da Biden – dal quale erano state escluse Cuba, Nicaragua e Venezuela – gli Stati Uniti sono in profonda difficoltà a riarticolare una propria presa sul continente, mentre l’Unione Europea è al palo con il suo progetto neo-coloniale sull’America Latina, soprattutto dopo l’escalation bellica in Ucraina.

Come Rete dei Comunisti siamo orgogliosi di avere sostenuto con numerose iniziative il Pacto Histórico all’interno della campagna nazionale in solidarietà con l’America Latina, campagna che vogliamo rilanciare con maggior forza in previsione delle elezioni in Brasile ed in generale dell’agenda politica dell’Autunno.

Siamo tutt’ora e con più forza convinti che l’America Latina è una speranza per tutta l’umanità.

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