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Guerra in Ucraina. Una analisi della situazione sul fronte e nelle retrovie

Riprendiamo e pubblichiamo questa lucida analisi della situazione militare sul fronte della guerra in Ucraina di Gianandrea Gajani, analista e direttore del sito specializzato Analisi Difesa. In questi mesi ed anche in questa fase della guerra, Gajani ha esaminato con lucidità e oggettività la situazione senza indulgere alle tentazioni della propaganda di guerra. Buona lettura

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I russi perdono terreno sui fronti ucraini: polemiche a Mosca

Sembrano trovare conferme in queste ore le notizie di fronte ucraina di progressi per ora contenuti sul fronte meridionale. Il ministero della Difesa russo riferisce di duri scontri si registrano nella regione di Mylokayiv e vicino ad Andriyvka, nella regione di Kherson dove i russi cercano di mantenere il controllo dei territori a nord del Dnepr e gli ucraini attaccano dalla testa di ponte a sud del fiume Ingulets.

Kiev ha reso noto di aver conquistato due insediamenti (Arkhanhelske e Myrolyubivka) e di aver sfondato le linee russe lungo il fiume Dnepr puntando verso Novaya  Kakhovka, scendendo da est verso ovest lungo il corso del Dnepr, settore in cui Mosca ammette che sono in corso aspri scontri.

Il segretario della Difesa Usa, Llyod Austin parla di “progressi” in questo settore anche se più lenti rispetto al fronte di Kharkiv/Donetsk dove nel corso del fine settimana è stata riconquistata Lyman.

Nella tarda mattinata del 3 ottobre le forze russe avrebbero fermato l’avanzata delle truppe ucraine lungo il fiume Dnepr, nella regione di Kherson a circa 100 chilometri dall’omonima città, secondo quanto dichiarato all’agenzia di stampa russa TASS dal vice capo dell’amministrazione militare civile della regione, Kirill Stremusov.

“Hanno fatto un tentativo, avanzando lungo il Dnepr ma sono stati respinti e vengono bombardati. C’è stata un’avanzata e sono stati distrutti. Non avanzano più”, ha detto Stremousov, che in precedenza aveva ammesso “un piccolo avanzamento delle unità ucraine”. Secondo la TASs, le forze ucraine stavano avanzando in direzione di Dudchany, località sulle rive del Dnepr.

Nonostante l’offensiva ucraina su tutto il fronte meridionale sia in atto ormai da un mese (secondo diverse fonti con elevate perdite tra le truppe di Kiev) i russi finora sembravano riuscire a contenerla impedendo al nemico di riconquistare i territori oltre il Dnepr inclusa la città di Kherson annessa ufficialmente con l’intero “oblast” omonimo alla Federazione Russa in seguito ai recenti referendum.

Un eventuale cedimento su questo fronte, a cui Mosca ha garantito la priorità convogliandovi le riserve disponibili a discapito della Difesa sui fronti di Kharkiv e Donetsk, rappresenterebbe uno smacco con la rinuncia a territori conquistati nelle fasi iniziali dell’operazione speciale avviata il 24 febbraio.

Da Lyman a Kremina

Il 2 ottobre le forze russe hanno completato il ritiro da Lyman dopo che gli ucraini erano avanzati fino a minacciare di aggirare e circondare il centro abitato isolandovi la guarnigione di circa 5mila militari russi e delle milizie del Donbass.

La ritirata russa da Lyman e da Torske (a ovest di Lyman) da un lato alleggerisce la pressione russa verso Slovyansk e Kramatorsk, obiettivi-chiave dei piani di Mosca per la conquista dell’intero oblast di Donetsk, dall’altro consente agli ucraini di puntare verso l’oblast di Luhansk e di minacciare Severodonetsk e Lysychansk, conquistate dai russi all’inizio dell’estate.

Il ministero della Difesa di Mosca aveva confermato già il 1° ottobre il ritiro da Lyman. “A causa della minaccia di essere accerchiate, le truppe alleate si sono ritirate dall’insediamento di Krasny Lyman su linee più favorevoli. Nonostante le perdite subite, avendo una superiorità significativa di forze e di mezzi il nemico continua la sua offensiva”.

In effetti gli ucraini continuano a premere a nord di Lyman e le nuove linee russe sembrano essere arretrate di circa 20 chilometri, intorno a Kremina, dove peraltro le autorità della Repubblica popolare di Donetsk segnalano attacchi ucraini tesi a sfondare le linee di difesa russe.

“Dopo che abbiamo dovuto lasciare Lyman, i nostri militari si sono trincerati alla periferia di Kreminna e la situazione è piuttosto calda”, ha detto al canale Soloviev Live il portavoce militare Andrei Marochko.

Il portavoce del Gruppo Orientale delle Forze Armate ucraine, Serhiy Cherevaty, ha annunciato per le forze russe “ora è molto importante mantenere Kreminna” perché la sua conquista aprirebbe alle truppe ucraine la riconquista della regione di Lugansk e di Severodonetsk e Lysychansk.

Una conferma che i russi continuano a soffrire una forte carenza di truppe aggravata ulteriormente dalla superiorità numerica degli ucraini che sembrano voler buttare nella mischia tutte le riserve disponibili per sostenere le controffensive sui due fronti nonostante perdite molto elevate.

Secondo Kiev le autorità russe puntano alla mobilitazione forzata nei territori occupati dell’Ucraina mentre sarebbero non meno di 100 mila i riservisti russi che entro le prossime settimane ottobre potrebbero già essere schierati sui fronti ucraini dove i russi restano all’offensiva solo sui fronti di Bakhmut e Avdivka, nella regione di Donetsk.

La Russia ammette peraltro difficoltà burocratiche (dovute probabilmente al mancato aggiornamento delle liste del personale richiamabile) nella rapida mobilitazione dei 300 mila riservisti, necessari a bilanciare la mobilitazione generale ucraina che ha permesso a Kiev di mettere in campo in questi mesi forze stimate in quasi mezzo milione di combattenti incluse Guardia Nazionale e Milizia Territoriale.

Polemiche a Mosca

Dopo le polemiche esplose in diverse regioni russe dove si evidenziavano ingenti richiami di uomini appartenenti alle minoranze, in Yacuzia (Siberia Orientale) circa 300 persone sono state rimandate a casa dopo essere state chiamate alle armi per errore, come ha riferito il capo della Camera civica regionale Nikolay Bugayev, ripreso dall’agenzia di stampa statale russa TASS.

Lo stesso Putin ha ammesso gli errori nella mobilitazione rivolgendosi al Consiglio di Sicurezza Nazionale: “‘Durante questa campagna di mobilitazione vengono sollevate molte domande e dobbiamo correggere prontamente i nostri errori e non ripeterli’”.

Sui media russi intanto si esprimono critiche anche per il mancato controllo completo dei territori dei quattro “oblast” annessi e per l’incapacità di sostenere e rinforzare la guarnigione di Lyman (elemento evidenziato anche dal think-tank statunitense Insititute for the Study of the War -ISW) mentre sui canali televisivi di stato non si nasconde che la situazione militare è difficile.

Eclatanti le critiche espresse dal leader ceceno Ramzan Kadyrov al comandante delle forze russe sul Fronte Centrale in Ucraina, il colonnello generale Alexander Lapin, per aver fallito nel settore di Lyman e addirittura al capo di stato maggiore generale, il generale dell’esercito Valery Gerasimov, di aver coperto i fallimenti di Lapin.

A Kadyrov (che aveva evocato persino il ricorso alle armi nucleari tattiche) ha risposto oggi il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ha ribadito come “la Repubblica cecena ha dato un grande contributo alla conduzione dell’operazione speciale” e che Kadyrov fin dall’inizio l’operazione militare speciale ha fatto molto, ha dato un contributo molto grande e continua a darlo”. Tuttavia “nei momenti difficili, le emozioni dovrebbero essere comunque escluse dal processo decisionale, per il quale preferiamo comunque attenerci a valutazioni molto equilibrate e oggettive”.

Le critiche del leader ceceno sono state condivise dal proprietario del Gruppo Wagner i cui contractors hanno svolto un ruolo non secondario nel conflitto. Tali critiche, espresse da due fedelissimi di Putin, sono state riprese da blog e canali televisivi e sembrano voler accentuare le critiche ai vertici militari probabilmente con un duplice obiettivo.

Da in lato proteggere il Cremlino dall’ombra della sconfitta e delle difficoltà sul campo di battaglia e dall’altro sottolineare il ruolo e la motivazione delle truppe e milizie “irregolari” (come quelle cecene e del Gruppo Wagner) rispetto alle forze armate regolari indicate come afflitte da inefficienza e corruzione.

A Mosca sembra quindi si cerchi un capro espiatorio per questa ennesima ritirata che riduce a circa il 20 per cento il territorio ucraino sotto controllo russo ma il rischio è di minare la compattezza della leadership politica e militare russa.

Anche perché, come rileva l’ISW, fonti in Russia come in Ucraina rilevano che la decisione di continuare a rafforzare il fronte meridionale di Kherson e Zaporizhia a discapito del fronte del Donbass è stata senza dubbio una scelta politica, confermata anche dopo lo sfondamento delle linee sul Fronte settentrionale, nell’oblast di Kharkhiv, da cui i russi si sono ritirati lasciando al nemico Izyum e Kupyansk.

@GianandreaGaian

Foto: TASS, Ministero della Difesa Ucraino e Ministero della Difesa Russo

da Analisi Difesa

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