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Germania. La competizione per guadagnarsi il titolo di “miglior agente USA in Europa”

I Verdi festeggiano la fine dell’agiatezza tedesca, titola Thomas Röper su Anti-Spiegel.ru, esagerando quella che definisce una “esclusività” teutonica. Qui da noi, sappiamo che, quand’anche si dica che tali scelte tedesche vengano prese a modello, c’è in esse ben poco di esclusivo.

In un paese – l’Italia – in cui sentenze di collusione con la mafia, truffe, falsi in bilancio, corruzione, frodi fiscali e leggi ad personam si dissolvono di fronte all’accusa infamante di “intesa col nemico”, sono piuttosto i “festeggiamenti” dei Verdi tedeschi a somigliare a qualcosa di italico.

In un paese – l’Italia – in cui la locuzione “amico dei russi”, sembra diventata da diversi mesi l’insulto più macabro che si possa affibbiare a chiunque, indipendentemente da quali idee o ideologie sia portatore, o gli interessi di quale classe (o settore di classe) rappresenti; un paese in cui se qualcuno si trovi improvvidamente a passare nei pressi dell’Ambasciata russa ricade per direttissima sotto il giudizio inappellabile di Serracchiani-Letta-Quartapelle quale “agente di Mosca” e si ritrova marchiato a vita come “nemico della democrazia e dei valori liberali d’Occidente”.

In questo paese, in cui tutti (con rispetto parlando) i partiti parlamentari si sentono vincolati al giuramento di fedeltà euro-atlantica, “svolte” del tipo dei Verdi germanici sono considerate “scelte doverose”. Ma di ciò si parla diffusamente nelle pagine centrali del giornale.

Dunque, cosa ha detto Thomas Röper?

Lungi dal diffondere idee rivoluzionarie, ha semplicemente scritto che «La Germania è un Paese unico al mondo, perché in nessun altro Paese è possibile che ottengano risultati elettorali significativi, o addirittura vadano al governo, dei partiti che si mettono apertamente contro gli interessi del proprio Paese, della propria economia e del benessere dei propri cittadini… Il partito di cui stiamo parlando è quello dei Verdi».

Dichiarando “nemiche” Russia e Cina e chiedendo di troncare le relazioni con esse, i Verdi chiedono in pratica di rendere inaccessibile il costo dell’energia, bloccando così l’economia, oltre a programmare un’enorme carenza di merci, essendo la Cina «il più grande partner commerciale estero della Germania», in particolare per quanto riguarda chip per computer.

In politica economica, insomma, i Verdi «si comportano come un attentatore suicida»: fanno saltare in aria l’economia tedesca per arrecare un danno minimo al nemico.

Alla recentissima conferenza dei Verdi sul clima, l’eurodeputata Viola von Cramon-Taubadel (nel video dal minuto 57) ha detto tra l’altro di non aver «mai ricevuto così tanto sostegno per la nostra politica estera e di sicurezza a tutti i livelli… l’elogio è rivolto in particolare ad Annalena… È apprezzata da tutti. Dalla popolazione, dai media critici e indipendenti, dai diplomatici» e dalla rappresentante della Rada ucraina presente alla Conferenza, «con cui ogni giorno siamo in contatto».

E l’elogiata Viola racconta di come, a Washington, il suo collega di partito Robert Habeck (vice Cancelliere e Ministro dell’economia) l’abbia «fatta finalmente finita con il Nord Stream 2» e di come, la mattina dopo, «i miei colleghi polacchi mi abbiano battuto il cinque».

Dopo l’attentato al Nord Stream, oggi Berlino dipende per il gas dalla Polonia, che si appresta a sostituire la Germania come hub del gas nell’Europa centrale. Varsavia riceve infatti il gas dalla Norvegia, ha realizzato un terminale per il gas di scisto USA e controlla persino il gasdotto russo Jamal-Europa, che passa per la Bielorussia.

In qualsiasi paese del mondo, scrive Röper, un partito così apertamente contrario «agli interessi del proprio paese e che addirittura festeggi un attacco terroristico alla propria industria, sarebbe classificato come estremista o terrorista». E, conclude, nelle carte della RAND Corporation è scritto nero su bianco che è interesse USA «indebolire l’economia tedesca per rafforzare l’economia statunitense, mediante migrazione di capitali e capacità produttive dalla Germania agli USA»; e in ciò un ruolo attivo è affidato proprio ai Verdi tedeschi.

Non solo. Come pronosticato dal solito George Friedman, in una nota della StratFor di oltre dieci anni fa, il futuro ruolo della Polonia in Europa, la vede accaparrarsi un territorio di almeno 1 milione di kmq, inglobante la parte occidentale della Russia e buona parte dell’Europa orientale, con una popolazione di cento milioni di abitanti: in altri termini, il vecchio piano di una Polonia dal mar Baltico al mar Nero, per «il recupero delle secolari terre polacche».

In ogni caso, però, la Polonia da sola non sarebbe in grado di realizzare il sogno di Józef Piłsudski di una Polonia “da mare a mare” e allora dovrebbero intervenire gli USA, con la dislocazione di forze militari in Romania, Bulgaria, Paesi baltici, Polonia.

Inoltre, ancora secondo George Friedman, «Io intendo studiare la teoria messa in campo da Piłsudski. È un piano che blocca i russi, li allontana dai tedeschi e limita le insidie turche all’Europa sudorientale. I polacchi dovrebbero essere i leader del blocco e i rumeni l’àncora meridionale».

In marzo, la TV polacca aveva mostrato l’ennesima cartina con la prossima suddivisione dell’Ucraina (regioni di L’vov, Volyn’ e Ternopol’ sotto controllo polacco) tra Budapest, Varsavia, Bucarest, ecc.

Oggi, dice lo storico russo Igor’ Šiškin, la secolare “alterigia polacca” – una reazione alle quattro o cinque spartizioni della Polonia tra XVIII e XX secolo – sembra venir solleticata da Washington, che spinge Varsavia a intervenire in Ucraina, anche “fuori degli schemi NATO”, per muover guerra alla Russia e riprendersi i cosiddetti “Kresy Wschodnie (territori orientali) della vecchia Rzeczpospolita del 1772, comprese Bielorussia e Ucraina occidentali, “polonizzate” tra il 1920 e il 1939.

E un altro storico russo, Evgenij Spitsyn, afferma che se Varsavia, non paga dei 17 miliardi di euro che riceve annualmente da Bruxelles, insiste con la richiesta di 1,3 trilioni di euro dalla Germania per “riparazioni di guerra”, la crisi economica potrebbe portare Berlino a formalizzare ciò di cui oggi farfugliano solo alcune frange della destra tedesca: la richiesta di restituzione dei territori tedeschi (principalmente Pomerania, Slesia, Prussia orientale) che, nel 1945, Iosif Stalin aveva “regalato” alla Polonia.

In sostanza, di fronte alla minaccia rappresentata per gli USA da una “alleanza” tra industria cinese, risorse russe e tecnologia tedesca, Washington, foraggiando economicamente e militarmente la “boria polacca”, mira alla creazione di un territorio cuscinetto – una Polonia “da mare a mare”, appunto – che isoli l’ovest dall’est, col soffocamento dell’economia tedesca.

Per quanto riguarda il fianco sud-orientale, esposto, secondo Friedman, alla minaccia turca, proprio in questi giorni Recep Erdoğan ha però dichiarato che, a differenza dei paesi europei alacremente impegnati nella ricerca di gas, la Turchia non ha di questi problemi e anzi, con il sostanziale accordo russo-turco, il 12 ottobre «lo stesso Putin aveva dichiarato che l’Europa può acquistare dalla Turchia il gas russo» dirottato dai condotti settentrionali verso il mar Nero.

Due giorni dopo, ancora Erdoğan dichiarava che i relativi dipartimenti dei due paesi erano stati incaricati di procedere «senza indugio» a dar corpo all’iniziativa.

A questo punto, come osserva Oleg Adamovič su Komsomol’skaja Pravda, se la UE giura di non voler acquistare gas da Mosca, Ankara può semplicemente vendere una miscela in cui il gas russo sia mescolato a quello dell’Azerbajdžan o di altri paesi del mar Caspio, così che «tutti possano salvare la faccia», stipulando contratti non con Gazprom, ma con qualche impresa turca.

Tanto più che, da parte russa, tutta l’infrastruttura è pronta: quello che oggi si chiama “Turkish Stream”, prima del 2015 era il “South Stream”; manca soltanto da posare alcune tubature sotto il mar Nero fino alla Turchia.

Ora, pur volendo giudicare forse un po’ troppo ottimistiche le considerazioni del cinese Global Times su un’Europa che «tende alla globalizzazione e al multipolarismo, mentre gli USA perseguono solo modi per mantenere la propria egemonia e un mondo unipolare», non si può non chiedersi quale competizione sia in corso tra settori diversi del capitalismo italiano e da quali partiti (di nuovo, con rispetto parlando) essi siano rappresentati, nella squallida e stomachevole sceneggiata fatta passare per “i problemi del paese”, cioè della classe borghese, stretta tra “fedeltà atlantica” e avidità di profitto senza confini.

È davvero un peccato, pensano gli italici padroni alla maniera del Nestore omerico: purtroppo «gli dei non danno mai tutte insieme le cose ai mortali».

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