Menu

Il ritiro russo da Kherson tra risvolti militari e politici

L’annuncio russo del ritiro dai territori sulla riva destra del Dnepr potrebbe segnare una svolta, forse più politica che militare, nel conflitto in Ucraina. E’ questa la premessa di una lunga analisi di Gianandrea Gajani, esperto militare e direttore della pagina specializzata Analisi Difesa.

“I vertici ucraini, incluso il presidente Volodymyr Zelensky, hanno mostrato per ora molta cautela nei confronti dell’annuncio” scrive Gajani secondo le cui stime “le forze di Mosca sul lato destro del Dnepr sono stimate in oltre 20 mila uomini (addirittura 40 mila secondo alcune stime) appartenenti ai migliori reparti di fanteria leggera (fanteria di Marina e truppe aviotrasportate) che finora hanno difeso con successo la testa di ponte oltre il Dnepr che avrebbe dovuto aprire ai russi la strada per prendere Odessa attaccandola da nord invece che dal mare”.

“Il ritiro dalla città di Kherson costituisce una sconfitta sul piano militare e simbolico per i russi poiché la città è l’unico capoluogo regionale conquistato dall’inizio del conflitto e la regione di Kherson è una delle quattro annesse alla Federazione Russa in seguito ai referendum di fine settembre. Una sconfitta, o più probabilmente un ridimensionamento delle ambizioni dell’operazione speciale varata da Mosca il 24 febbraio, ma non una disfatta”.

Secondo Analisi Difesa il ripiegamento da Kherson fa seguito al repentino ritiro in settembre dalla regione di Kharkiv di fronte all’offensiva ucraina, che sfondò facilmente linee difensive quasi del tutto sguarnite di armi e truppe consentendo agli ucraini di mettere le mani su almeno un centinaio di mezzi corazzati e d’artiglieria russi.

L’evacuazione dei civili da Kherson verso la Crimea e il territorio russo ha riguardato 88 mila abitanti della città (che prima della guerra ne contava 300 mila) e 115 mila dell’intera regione. “Di fatto i russi hanno evacuato la popolazione, fedele a Mosca, per sottrarla ai bombardamenti ucraini e soprattutto alle feroci rappresaglie che le milizie nazionaliste inserite nei servizi di sicurezza di Kiev hanno perpetrato (nel silenzio dei media occidentali) nei territori riconquistati dall’esercito ucraino” – scrive Gajani – sottolineando come “Per Kiev si tratterebbe in realtà di deportazione della popolazione ucraina ma questa valutazione, comprensibile in termini di propaganda, non sembra credibile. Oltre 3 milioni di cittadini ucraini hanno infatti trovato rifugio in Russia e almeno altrettanti vivono nei territori controllati da Mosca e dalle forze secessioniste mentre in diverse aree lungo la prima linea vi sono varchi (come nell’oblast di Zaporizhzhia) in cui i cittadini ucraini possono muoversi tra i territori controllati da Kiev e quelli in mano a russi e separatisti”.

“Il governo ucraino tendeva negare che quella in corso sia anche una guerra civile come dimostrano gli oltre 50 mila combattenti ucraini degli eserciti secessionisti di Donetsk e Luhansk e i il fatto che a Kiev sono stati messi fuori legge 12 partiti, incluso quello arrivato secondo alle ultime elezioni, con l’accusa di essere “filorussi”.

Analisi Difesa passa poi a esaminare le ripercussioni interne alla Russia della decisione di ritirarsi da Kherson. “A sostenere le buone ragioni del piano di ritirata sono scesi in campo anche i due maggior esponenti del fronte nazionalista-patriottico e fautori della guerra in Ucraina: il leader della milizia privata Wagner, Yevgeny Prigozhin e il leader ceceno Ramzan Kadyrov, vicino al Cremlino.Segno che questa volta non ci saranno faide contro i comandanti militari come è accaduto nei mesi scorsi e che tutti a Mosca concordano nel ridurre il rischio di lunghe battaglie d’attrito che comporterebbero gravi perdite”.

Va detto però che oltre ad azzerare per il momento le possibilità russe di prendere Mykolayv e Odessa, “il ritiro oltre il Dnepr comporta anche una maggiore esposizione della Crimea e soprattutto dell’istmo che collega la penisola ai territori ucraini sotto il controllo russo all’artiglieria lungo raggio ucraina che dalla riva sinistra del fiume avrà a tiro gli obiettivi nell’istmo situati a poco più di 70 chilometri in linea d’aria”.

I segnali politici del ritiro russo da Kherson

L’analisi di Gajan affronta poi i fattori politici e diplomatici che emergono dalla scelta della Russia di ritirarsi oltre il Dnepr. “Il ritiro russo da Kherson rappresenta un importante segnale politico inviato da Mosca ma rivolto all’Occidente, soprattutto agli Stati Uniti, non agli ucraini. Non deve sfuggire che l’annuncio del ritiro è stato effettuato il giorno dopo le elezioni di mid-term negli Stati Uniti: circostanza definita “curiosa” dal presidente Joe Biden che considera il ritiro annunciato un “ulteriore segnale dei problemi che i russi stanno affrontando”. Difficile però non trovare nella coincidenza temporale la conferma che Washington e Mosca stanno trattando segretamente una via d’uscita dal conflitto. Certo Biden ha aggiunto che “rimane da vedere se le autorità ucraine saranno pronte a scendere a compromessi con la Russia” ma è altrettanto chiaro che tali opzioni non sono nelle mani di Kiev”.

“L’Ucraina è in ginocchio tra danni di guerra, morti militari re civili, black-out elettrico che minaccia di costringere milioni di cittadini a cercare un rifugio in Europa per l’inverno. Solo il sostegno militare ed economico dei paesi della NATO consente a Kiev di continuare a combattere, a dare da mangiare alla popolazione, a pagare gli stipendi con un PIL quasi dimezzatosi dall’inizio della guerra e che il blackout elettrico divenuto ormai una costante quotidiana potrebbe ridurre di un ulteriore 40 per cento. E’ evidente quindi che l’Occidente ha a disposizione la leva degli aiuti militari ed economici per indurre Zelensky a trattare. Forse non a caso ieri, mentre il Pentagono annunciava nuovi aiuti militari caratterizzati da forniture di missili antiaerei, il Wall Street Journal ha reso noto che il Pentagono ha deciso di non fornire a Kiev i grandi droni armati americani Grey Eagle nel timore che questo potesse portare a un’escalation del conflitto”.

Anche tenendo conto che molti ambienti politici statunitensi (in maggioranza repubblicani ma anche democratici) sono stanchi di questa guerra, per le conseguenze economiche e perché ne temono i rischi di potenziale escalation non si può escludere che il Congresso uscito dalle elezioni di mid-term possa imprimere una svolta nella gestione del conflitto impostata finora dagli Stati Uniti sulla volontà di prolungarlo per logorare la Russia.

Secondo la valutazione di Gajani su Analisi Difesa “Il ritiro russo da Kherson offre quindi a Washington una ulteriore opportunità per indurre gli ucraini a sedersi al tavolo delle trattative potendo vantare successi militari e ridotte ambizioni territoriali da parte di Mosca. Con un tempismo non casuale l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, ha detto in un’intervista apparsa oggi sul quotidiano russo Izvestija che gli Stati Uniti potrebbero porre fine al conflitto in Ucraina con “uno schiocco di dita”.

Fonte: Analisi Difesa

Su questo vedi anche:

Guerra in Ucraina. Si è aperta la trattativa?

Guerra in Ucraina. Contrasti nell’amministrazione Usa sui negoziati con la Russia

Ucraina. Completato il ritiro russo. Le truppe ucraine entrano a Kherson

Le truppe russe si ritirano da Kherson. Preludio di un negoziato?

Stati Uniti. Su Kiev si “raffreddano” gli entusiasmi, crescono gli inviti a negoziare

 

 

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *