Agevolato dalla Cina, ma non solo, il percorso di riavvicinamento tra l’Iran e l’Arabia Saudita, culminato con l’accordo firmato a Pechino sulla ripresa delle relazioni diplomatiche e per l’apertura delle rispettive ambasciate entro due mesi, è decisamente un fatto rilevante per l’agenda politica del Medio Oriente e delle relazioni internazionali nel loro complesso. Segnali positivi sull’accordo sono già arrivati da paesi come l’Iraq e l’Oman.
Tanto nervosismo invece a Washington e Tel Aviv.
Il giornale israeliano Times of Israel riferisce che un alto funzionario in viaggio con Nentanyahu in Italia, ha cercato di attribuire la colpa dell’accordo raggiunto da Arabia Saudita e Iran al precedente governo israeliano e alla debolezza combinata dell’amministrazione Biden. “C’era una sensazione di debolezza americana e israeliana, quindi l’Arabia Saudita si è rivolta ad altri canali”, ha detto l’alto funzionario israeliano, informando i giornalisti che erano in viaggio con Netanyahu in Italia.
Il funzionario israeliano ha affermato che i colloqui tra Riyadh e Teheran sono iniziati nel 2021 durante il mandato di Naftali Bennett e il governo di unità di breve durata di Yair Lapid, quando l’amministrazione Biden era più impegnata a rientrare nell’accordo sul nucleare iraniano. “Di conseguenza, l’Arabia Saudita si è rivolta alla Cina, che ha fatto da contrappeso agli Stati Uniti e ha contribuito a mediare l’accordo annunciato venerdì”.
Indubbiamente anche per Washington questo accordo è uno smacco che rimette in discussione decenni di egemonia sui processi in Medio Oriente e può mettere fine a diverse “guerre per procura” come quella nello Yemen o in Siria.
L’accordo tra Iran e Arabia Saudita è stato firmato dall’ammiraglio iraniano Ali Shamkhani, segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale e dal consigliere per la sicurezza nazionale saudita e ministro di Stato Musaid Al Aiban, alla presenza del direttore della commissione Affari esteri del Comitato centrale del Partito comunista cinese, Wang Yi.
L’intesa è arrivata in un momento di altissima tensione tra Iran, Israele e Stati Uniti, con questi ultimi due che stanno lavorando ai preparativi per un eventuale attacco militare ai siti nucleari iraniani, dopo che l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha dichiarato che l’Iran dispone ormai di particelle di uranio arricchito all’83,7 per cento, una percentuale molto vicina al 90 per cento necessario per fabbricare una bomba nucleare.
Al momento, in Medio Oriente l’unica potenza regionale che dispone di armi atomiche e Israele che però si è rifiutata di sottoscrivere il Trattato di Non Proliferazione nucleare e vieta le ispezioni dell’Aiea nei propri impianti atomici.
I rapporti tra Arabia Saudita e l’Iran erano tesi sin dai primi anni della nascita della Repubblica Islamica. Dal 2016, Riad aveva tagliato qualsiasi rapporto con Teheran a seguito dell’irruzione di manifestanti iraniani nelle missioni diplomatiche saudite di Teheran e Mashhad in risposta all’esecuzione, da parte saudita, dell’importante religioso sciita Nimr al Nimr.
I due paesi si sono schierati su fronti contrapposti in Yemen, dove l’Arabia Saudita guida una coalizione internazionale che il 26 marzo 2015 è intervenuta militarmente nel paese per sostenere le forze yemenite filo-presidenziali contro le milizie dei ribelli sciiti Houthi.
Inoltre la contrapposizione frontale in questi anni è avvenuta anche in paesi come la Siria e il Libano. In Siria, l’Iran ha sostenuto il governo Assad mentre Riad ha prestato il suo sostegno ai ribelli. In Libano i sauditi hanno istigato il fronte delle forze che si sono contrapposte ad Hezbollah nei difficili e fragili equilibri su cui si è retto il paese.
Da varie fonti viene confermato che proprio lo Yemen è stato uno dei principali dossier nei colloqui a Pechino tra Riad e Teheran.
Sugli altri dettagli dell’accordo, fonti iraniani affermano che le parti si sono dette concordi a riprendere le relazioni diplomatiche entro massimo due mesi. Anche per Riad l’accordo riguarda “una road map per riprendere le relazioni diplomatiche entro massimo due mesi”. L’Arabia Saudita ha precisato che “deve esserci un accordo e un incontro tra i ministri degli Esteri per attivarlo”. In cambio di questa ripresa delle relazioni, Arabia Saudita e Iran si sono anche detti concordi a riattivare l’accordo sulla sicurezza del 2001, “che era la cosa più importante”, e sulla “non interferenza negli affari interni”.
L’accordo giunge inoltre dopo le voci, diffuse in particolare dai media statunitensi, di una frattura tra Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, in particolare per il disimpegno di Abu Dhabi nella guerra in Yemen e per la decisione di Riad di portare avanti l’alleanza Opec+ per il taglio della produzione petrolifera con la Russia.
L’Iran e l’Arabia Saudita sono stati i principali fornitori di petrolio della Cina e nel 2022 hanno rafforzato ulteriormente i rapporti non solo sul piano economico, ma anche politico. Secondo quanto riferito dall’agenzia Nova – che riprende l’agenzia di stampa iraniana “Mehr” – dopo la visita del presidente iraniano Ebrahim Raisi a Pechino a febbraio, l’ammiraglio Shamkhani ha avviato intense trattative con la controparte saudita, al fine di dare seguito agli accordi che vedono per la prima volta la Cina quale attore diplomatico a livello regionale.
Un attento osservatore del Medio Oriente come Michele Giorgio scrive su Pagine Esteri che: “A Pechino si è confermata più di tutto la volontà dell’Arabia saudita, per decenni alleata di ferro degli Usa, di portare avanti una diplomazia autonoma da Washington, multipolare, sia per il prezzo del greggio che nei rapporti con Russia, Pechino e ora anche Teheran”.
Il mondo sta cambiando, significativamente. E la sua dimensione multipolare avanza tumultuosamente.
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