Giovedì sera non si è fatta attendere la reazione popolare alla decisione di Macron di non far votare all’Assemblea Nazionale il contestatissimo ed impopolare progetto di riforma pensionistica ricorrendo al famigerato articolo 49.3 .
Si sono avute manifestazioni spontanee in tutto l’Esagono in quella che può essere definita la prima notte della rabbia: Parigi, Sanit-Étienne, Strasburgo, Bensançon, Bordeaux, Poitiers, Havre, Marsiglia, Rennes, Nantes, Moulins, Amiens, Guéret, Digione, Grenoble, Lione, Lille…
E anche nella serata di venerdì sono previste differenti manifestazioni, e diversi appelli sono circolati per darsi di nuovo appuntamento a Place de la Concorde a Parigi, dove si sono radunati in prima serata diverse migliaia di manifestanti erigendo barricate contro i CRS, scaricato il pavé e acceso il fuoco grazie a dei bancali.
Già dalla prima mattina di venerdì in differenti città ci sono stati blocchi al traffico, come a Parigi, dove all’altezza della Porta di Clignancourt nella Périphérique e diverse manifestazioni selvagge da parte degli studenti in differenti città.
La decisione di Macron ha messo il fuoco alle polveri, rimotivando quei settori che stanno conducendo uno sciopero prolungato, dando slancio alla protesa studentesca – con circa una cinquantina tra Università e Grand École bloccate – consolidando l’opposizione politica parlamentare e compattando l’intersindacale, soprattutto ha dato ragione a quelle componenti più propense ad una lotta più incisiva.
Le 5 Federazioni della CGT (Ferrovie, Energia, Chimica, Porti, Vetro e Ceramica) che si sono coordinate al di là dell’inter-sindacale, la base dei sindaci tradizionalmente moderati (CFDT e FO, tra gli altri), esprimono da tempo la necessità di radicalizzare la lotta che ora trova nelle Assemblee Generali (AG) nei posti di lavoro per decidere il proseguimento dello sciopero, ed in quelle inter-professionali un ulteriore ancoraggio.
E sono i settori strategici che stanno facendo fare un “salto di qualità” al movimento a cominciare dai chimici dove il settore petrolchimico che è fortemente interconnesso va verso non solo il blocco delle forniture ma il vero e proprio arresto degli impianti a partire dalla prossima settimana, con raffinerie ferme, depositi bloccati, terminal metanieri non operativi, replicando ma con un ordine di grandezza più grande l’impatto avuto nelle lotte contrattuali dell’autunno scorso.
Come spiega la CGT sul suo sito: “tutto concorre a pensare che lunedì, le tre più grosse raffinerie francesi saranno ferme”.
La Francia rischia di finire “a secco”
Olivier Mateu, segretario della UD 13 della CGT e candidato ad essere futuro leader della Confederazione, ha detto a BFMTV: “di andare a fare il pieno perché presto non ce ne sarà molto”.
Continua lo sciopero degli “operatori ecologici” in una quarantina di città, in particolare a Parigi dove circa 7 mila operatori del settore hanno incrociato le braccia da 12 giorni, non procedendo alla raccolta ed al trattamento dei rifiuti, con più di 10 mila tonnellate di immondizia non raccolta nelle strade della capitale.
A Ivry-sur-Seine, dove è situato il più grande inceneritore della Syctom, la polizia è intervenuta pesantemente nei confronti di alcuni operai scioperanti presenti sul sito, con pestaggi e uso di gas urticante contro i lavoratori e tre arresti.
Una manifestazione selvaggia del coordinamento studentesco a Parigi in sostegno agli Éboueurs è stata fortemente repressa.
Da più parti giunge il segnale, come nel caso degli arresti dei lavoratori dell’energia afferenti alla CGT a Marsiglia, che Macron userà la “mano pesante” anche contro il movimento sindacale.
I lavoratori dell’Energia, fortemente mobilitati dall’inizio, moltiplicano le loro azioni “Robin le bois” con l’interruzione mirata della forniture di energia, e gli stessi responsabili sindacali non escludono che si verificheranno azioni dirette individuali difficilmente gestibili dall’organizzazione sindacale.
I 4 sindacati delle Ferrovie (CGT-Cheminots, UNSA-Ferroviarie, SUD-Rail e CFDT-Cheminots), hanno fatto appello per il prolungamento delle sciopero, moltiplicare le azioni questo week-end, ed a “agire in massa il prossimo 23 marzo” – giornata prevista dall’intersindacale per il nono sciopero inter-professionale con mobilitazione nazionale.
In differenti città i manifestanti hanno invaso le stazioni ed i binari come a Bordeaux o a Tolone.
Le organizzazioni degli insegnanti hanno fatto appello per l’interruzione del regolare svolgimento delle prove della BAC (la maturità), riformata dall’ex ministro Blanquer.
In generale, la CGT in un comunicato ha spronato a realizzare “azioni visibili” nelle giornate che precedono la mobilitazione del 23: “la CGT fa appello per intraprendere ovunque e particolarmente, lunedì. Martedì, mercoledì prossimo, delle azioni visibili che favoriscano l’impegno dei militanti per alimentare la costruzione di una poderosa giornata interprofessionale unitaria di scioperi e manifestazioni”.
Sul fronte politico parlamentare, nella giornata di venerdì sono state consegnate due richieste di “mozioni di sfiducia”, una presentata dal gruppo “centrista” LIOT (Libertés, Indipéndent, Outre-mer et Territoires) che raccoglie una decina di deputati, e co-firmata dalla NUPES, ed un’altra dal RN.
Le mozioni che saranno votate all’inizio della settimana prossima
Per poter essere sfiduciato il governo, contando sul voto trasversale e compatto delle opposizioni mancherebbero una trentina di voti, cioè la metà dei 61 deputati di LR.
La NUPES conta 149 deputati, il RN della Le Pen 88, LIOT 20, cioè 257 eletti, ed il numero che deve essere raggiunto per avere la maggioranza assoluta è pari a 287.
Le mozioni di sfiducia sono prassi consolidata nella vita della V Repubblica “creata” da De Gaulle nel 1958, ma solo in un caso nel 1962 – con la caduta del primo governo Pompidou – sono state risolutive.
Il governo di Elisabeth Borne ha superato “indenne” già dodici mozioni di sfiducia provocate dal mancato voto in parlamento sul Budget e sulla Sécurité sociale.
Una ipotesi peregrina quella della sfiducia, ma non impossibile, considerato il livello di “sfaldamento” dei gollisti, e i mal di mancia creata nei deputati anche tra le fila della Macronie.
Sempre venerdì è stata depositata una richiesta di referendum d’iniziative partagée (RIP) sulla riforma delle pensioni da 252 parlamentari, uno strumento mai usato dalla sua formulazione con la riforma costituzionale del 2008 che prevede la possibilità di organizzare una consultazione popolare su una proposta di legge, per iniziativa di un quinto dei membri del Parlamento e sostenuta da un decimo degli elettori, cioè 4,87 milioni di persone.
Ma è chiaro che l’ultima parola l’avrà il movimento popolare che punta al ritiro della riforma tout court.
Ciò a cui stiamo assistendo in Francia, mapotenti ondate di sciopero e manifestazioni si stanno sviluppando in Gran Bretagna, Portogallo e Grecia, è lo sviluppo di una nuova stagione di lotte nella crisi dove l’inflazione morde e l’instabilità economica è una costante.
Una nuova fase dove sembrano saltate le vecchie regole della governance, e le contraddizioni si esprimono con una intensità piuttosto inedita rispetto agli ultimi 30 anni almeno.
Una fase in cui i corpi intermedi che hanno mantenuto un radicamento sociale ed una prassi conflittuale come alcune organizzazioni, così come i soggetti che hanno dato una rappresentazione politica dignitosa alle classi subalterne, ed in generale il corpo di attivisti mobilitati per questioni che si stanno sempre più politicizzando, possono giocare un ruolo nello sviluppo della lotta di classe nel mondo che sta sorgendo.
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Giovanni
Altro che Cgil, Meloni e paccottiglia varia, se solo Landini ricordasse le proprie origini sindacali, altro che pacificazione….
Giancarlo Staffo
Ora schierarsi contro la guerra può diventare la scelta decisiva contro Macron