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La Siria riammessa nella Lega Araba. Medio Oriente in movimento

La Siria torna a partecipare alle riunioni della Lega Araba. La decisione è leggibile nella dichiarazione finale rilasciata al margine di una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri della Lega Araba, svoltasi ieri al Cairo, durante la quale si è deciso di reintegrare la Siria nell’organizzazione dopo circa 12 anni in cui Damasco aveva subito l’ostracismo di molti paesi arabi.

Era il novembre 2011 quando al Cairo, dopo lo scoppio della guerra civile in Siria, i ministri degli Esteri arabi – allineati con le posizioni di Usa e Unione Europea – avevano deciso di sospendere l’adesione della Siria alla Lega araba finché Damasco non avesse attuato le disposizioni dell’iniziativa araba.

In quell’occasione, i titolari della diplomazia dei Paesi arabi avevano annunciato sanzioni economiche e politiche contro Damasco e avevano esortato l’esercito siriano a non usare la violenza contro i manifestanti anti-Assad.

Il segretario generale della Lega Araba Ahmed Aboul Gheit ha affermato che Assad potrebbe partecipare a un vertice della Lega Araba che si terrà in Arabia Saudita alla fine di questo mese “se lo desidera”.

Rispondendo alla domanda se Assad possa partecipare al vertice, che si terrà a Riyadh il 19 maggio, Aboul Gheit ha detto in conferenza stampa al Cairo: “Se vuole, perché la Siria, da questa sera, è membro a pieno titolo Lega Araba, e da domani mattina hanno il diritto di occupare qualsiasi seggio”.

La decisione di reintegrare la Siria arriva poche settimane prima del vertice della Lega araba previsto il 19 maggio prossimo in Arabia Saudita. L’ultima volta c’era stato il tentativo dell’Algeria di favorire il rientro di Damasco nella Lega Araba ma aveva trovato l’opposizione di Arabia Saudita ed Egitto.

E’ passato meno di un anno e la situazione politica in Medio Oriente è completamente cambiata. In particolare l’accordo tra Iran e Arabia Saudita ha cambiato radicalmente la geografia delle relazioni nella regione e nei rapporti con gli USA.

In primo luogo abbiamo assistito al disinnesco di un sanguinoso conflitto regionale nello Yemen ma era subito emerso che ci si stava avviando anche verso una cessazione del conflitto in Siria, almeno per quanto riguardava Damasco e i paesi di influenza saudita.

Il giornale Middle East Eye ricorda che l’Arabia Saudita ha resistito a lungo al ripristino delle relazioni con Assad, ma dopo il suo recente riavvicinamento con l’Iran – il principale alleato regionale della Siria – ha affermato che era necessario un nuovo approccio con Damasco. Non solo.

Quello che colpisce – scrive Middle East Eye –  è che quei paesi che stanno normalizzando i rapporti con il regime di Assad sono tra i più importanti alleati strategici degli Stati Uniti nella regione. Gli Stati Uniti hanno rifiutato , almeno per ora, la normalizzazione con Assad e non sembrano avere alcun interesse a riabilitare il regime siriano a livello regionale o internazionale”

Già il 27 febbraio scorso, il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukri era arrivato a Damasco per la prima visita di un alto funzionario egiziano dall’inizio della rivolta siriana nel 2011.

A seguito del disastroso terremoto che ha colpito Siria e Turchia, il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti Abdullah bin Zayed ha visitato la capitale siriana e ha partecipato a un incontro con Assad. Giorni dopo, Ayman Safadi, il ministro degli Esteri giordano ha visitato Damasco nel primo viaggio del genere di un alto funzionario giordano dall’inizio della guerra civile siriana.

Tra i punti indicati nella dichiarazione della Lega Araba varata ad Amman vi è la formazione di una commissione di collegamento ministeriale composto da Giordania, Arabia Saudita, Iraq, Libano, Egitto e dal segretario generale della Lega, incaricato di seguire la realizzazione della dichiarazione di Amman – elaborata il 1 maggio scorso in Giordania – e continuare a dialogare con il governo di Damasco al fine di raggiungere una soluzione globale alla crisi siriana che affronti tutte le sue conseguenze, con passi “concreti ed efficaci” secondo la metodologia del “passo dopo passo” e in linea con la risoluzione numero 2254 del Consiglio di sicurezza.

La commissione dovrà presentare relazioni periodiche al Consiglio della Lega araba a livello ministeriale. Nella dichiarazione, le parti si sono impegnate a preservare la sovranità, l’integrità territoriale e la stabilità della Siria sulla base della Carta della Lega araba, e di continuare e intensificare gli sforzi volti a uscire dalla crisi.

Infine, i ministri hanno accolto con favore i precedenti incontri sulla Siria svoltisi a Gedda, in Arabia Saudita, il 14 aprile, e ad Amman, il primo maggio, ribadendo il proprio desiderio di profondere sforzi tesi a risolvere la crisi siriana, affrontando tutte le conseguenze a livello umanitario, politico e di sicurezza, e le ripercussioni sui Paesi vicini, sulla regione e sul mondo, con riferimento ai flussi di rifugiati, al terrorismo e al traffico di sostanze stupefacenti.

A subire le conseguenze di questa riavvicinamento tra Siria e Lega Araba sarà soprattutto Israele che ha visto naufragare in poche settimane tutto il processo di normalizzazione con i paesi arabi attraverso gli accordi di Abramo voluti dagli Usa di Trump.

“Si assottigliano pure le possibilità per il governo israeliano di portare negli Accordi di Abramo la ricca e influente Arabia Saudita” – scrive Michele Giorgio – “Un obiettivo che Netanyahu credeva di avere a portata di mano appena un paio di mesi fa.

Non solo Riyadh all’inizio di marzo si è riconciliata con la nemica Teheran e il processo di avvicinamento tra i due paesi va avanti, ma l’Arabia saudita adesso stringe i rapporti con le leadership palestinesi, allontanando l’obiettivo fondamentale degli Accordi di Abramo: normalizzare le relazioni di Israele con i paesi arabi dimenticando l’occupazione militare dei Territori palestinesi”.

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