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Il Messico congela relazioni commerciali con il Perù del golpe

Due giorni fa il Messico ha ufficialmente deciso di congelare i rapporti economici e commerciali con il Perù. Nella sua conferenza stampa quotidiana, il presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador ha spiegato che non si tratta di una rottura, ma di una pausa fino a data definirsi.

Obrador ha affermato: “finché in Perù non ci sarà una normalità democratica, non vogliamo relazioni economiche o commerciali con loro”. Tale dichiarazione è seguita a una domanda sul passaggio di consegne che avverrà proprio tra Perù e Messico alla guida dell’Alianza del Pacífico, una struttura di integrazione economica tra i due paesi citati, Cile e Colombia.

In termini economici non si parla di una questione di poco conto. Il Messico è il quarto partner commerciale del Perù, il quarantunesimo a parti invertite invece. In numeri, nel 2022 gli scambi hanno raggiunto un valore di quasi 3 miliardi di dollari, e la parte del leone in essi è svolta dal rame e da suoi prodotti derivati, con 191 milioni di dollari di esportazioni verso Lima.

Difatti, una tale scelta sembra colpire di più soprattutto il Messico, che ha un sostanzioso surplus commerciale con il Perù. Il paese andino rappresenta anche la seconda destinazione per gli investimenti messicani in America Latina, che raggiungono la cifra di 17 miliardi di dollari.

D’altra parte, le autorità economiche di Lima hanno fatto notare che solo a metà del 2024 questo processo arriverà a perfezionamento. Il direttore dell’Associazione degli Esportatori peruviana, Edgar Vásquez, ha sottolineato che ciò accadrà “probabilmente tre mesi prima che [Obrador] lasci il suo governo, perché l’anno prossimo ci saranno le elezioni”.

Una decisione che andrebbe a incidere dunque sugli indirizzi economici della successiva presidenza, e che non è detto che si realizzi. Ma intanto si tratta di un messaggio molto chiaro, in una cornice di tensione diplomatica che si protrae dalla destituzione a Lima di Pedro Castillo lo scorso dicembre.

Sin dall’inizio da Obrador erano arrivate diverse critiche, e nei mesi successivi ha ribadito il sostegno al precedente capo di stato. Il presidente messicano ha evidenziato come in Perù, paese pieno di importanti risorse naturali, sono tante le mire di varie multinazionali, che non vedevano di buon occhio l’elezione di Castillo, vicino alle istanze dei settori popolari.

A fine marzo Castillo ha fatto arrivare a Città del Messico una lettera di ringraziamento per il sostegno avuto sin dal primo giorno della crisi politica. I rapporti tra i due paesi si sono definitivamente incrinati quando è stato concesso il diritto d’asilo a Lilia Paredes, moglie del presidente peruviano destituito e anch’essa sotto indagine, e ai suoi due figli Arnold e Alondra.

Nel febbraio scorso Gustavo Petro, presidente della Colombia, è stato indicato come “persona non grata” per l’opposizione all’attuale presidente peruviana, Dina Boluarte. Il 25 maggio il parlamento di Lima in seduta comune ha infine approvato una mozione della Commissione esteri (con 65 voti a favore, 40 contrari e 2 astensioni) che affibbia la stessa etichetta anche a Obrador.

Nella mozione si censura la ripetuta ingerenza di Obrador negli affari interni del Perù, “un fatto che viola la nostra sovranità”. Lo scorso 15 maggio Obrador aveva nuovamente definito la Boluarte una “usurpatrice”, motivo per cui è stata rivendicata come legittima la decisione di non consegnare al Perù la presidenza di turno dell’Alianza del Pacífico.

Nel testo è stata espressa anche l’accusa al presidente messicano di “aver rifiutato di riconoscere il diritto dello Stato peruviano di esercitare la presidenza pro tempore” dell’alleanza economica citata, impedendone il suo progresso e allargamento. Ipotesi già messa in crisi dalle tensioni sorte anche con la Colombia.

Insomma, di nuovo l’America Latina presenta, come da diverso tempo a questa parte, una dialettica politica accesa, che si collega immediatamente con una situazione internazionale in rapida evoluzione. Come spesso abbiamo detto, l’America Latina è una speranza per l’umanità, per la rottura della catena imperialista euroatlantica e dell’unipolarismo statunitense.

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2 Commenti


  • M.P.

    Cuba: 1/3 della popolazione ha lasciato il paese.
    Venezuela: 1/3 della popolazione ha lasciato il paese.
    È questo il futuro dell’America Latina?
    Ah, dimenticavo … tutta colpa del bloqueo nordamericano!
    Cordiali Saluti. :-/


    • Redazione Roma

      Il senso del suo commento è chiaramente strumentale. Nell’articolo si parla di Messico e Perù e lei tira fuori Cuba e Venezuela che le stanno antipatiche. Un giochetto stupido. Tra l’altro i suoi dati sono sballati. Risultano 2milioni di cubani all’estero su una popolazione di 11 milioni e 3 milioni di venezuelani all’estero su una popolazione di 28 milioni. In Messico sono 12 milioni su 130 milioni di abitanti. In Perù sono 3,2 milioni su 23 milioni di abitanti. In Italia sono 5 milioni su una popolazione di 60 milioni. Faccia lei le percentuali.

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