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Cile. 29 giugno 1973-2023. Il re è nudo…

In questi ultimi giorni, a poca distanza dal 29 giugno, giorno del “Tanquetazo”, primo tentativo di golpe armato tentato e fallito nel 1973 contro Salvador Allende Gossenz, Presidente democraticamente eletto, e a un paio di mesi dal 50° anniversario del sanguinoso colpo di Stato portato a termine l’11 settembre dello stesso anno, il Presidente cileno Gabriel Boric esterna davanti alle telecamere il suo neopensiero sulla Unidad Popular: “Si parla molto della Unidad Popular e penso che sia un periodo da rivedere. E da sinistra dobbiamo essere in grado di analizzarlo in modo molto più dettagliato e non solo da una prospettiva mitica”.

Questo giornale ha più volte segnalato l’ambiguità di Boric e del suo governo, che, dietro una verniciata di rosa e colori vari, sta portando avanti l’agenda delle destre nazionali e del neoliberismo transnazionale. Insomma ne ha fatte di cotte e di crude per garantire la continuità degli interessi del capitale multinazionale in tutti i campi.

Non ha neanche sfigurato davanti al suo predecessore in tema di repressione a studenti e popolazioni in lotta. È riuscito pure a insinuare la flessibilità selvaggia nell’orario di lavoro mascherandola furbescamente da “conquista delle 40 ore”. Ha garantito il suo appoggio alla guerra in Ucraina (ovviamente dalla parte di Zelensky) pur nel contesto del resto del Sudamerica che proclama la necessità di pace.

Ha criticato la gestione dei “diritti umani” in paesi come Cuba, Venezuela e Nicaragua, mentre in Cile, malgrado le promesse elettorali, ha mantenuto in carcere molti dei prigionieri della rivolta del 2019 e continua a celebrare processi farsa contro i Mapuche servendosi di “testimoni segreti”.

Ma comunque, finora, non era arrivato a rinnegare ufficialmente l’esperienza storica della Unidad Popular. A onor del vero, nei fatti già si era espresso abbondantemente in questo senso, visto che tutti gli atti del suo governo sono andati in direzione ostinata e contraria a tutti i proclami che aveva fatto in campagna elettorale quando si pavoneggiava assimilandosi al Presidente Allende.

In realtà già in campagna elettorale, pian pianino, aveva fatto progressive e prudenti marce indietro nel programma, per non risultare sgradito a chi conta….

Gli atti, i fatti concreti del suo governo sono andati sempre più lontano dalla direzione che ha segnato quell’esperienza memorabile ed epica che fu il governo di Allende. Non aveva però ancora avuto la sfacciataggine di prenderne le distanze formalmente, visto che dopotutto era stato votato (illusoriamente…), da molti di coloro che sono andati alle urne, per essere il secondo Allende.

Un’altra parte di coloro che lo avevano votato, invece, non si era proprio fatta illusioni sulla statura politica e/o rivoluzionaria di questa persona, ma l’ha votato solo per la paura di mettere la presidenza in mano a Kast, rappresentante del più becero pinochettismo di ritorno.

Tra coloro che si erano illusi e si erano persino fortemente impegnati per il successo elettorale di Boric c’era addirittura Miguel Lawner, architetto, ex Direttore Generale della Corporazione di Miglioramento Urbano (CORMU) del governo di Allende.

Lawner si è anche fattivamente impegnato per il governo di Boric sulle questioni abitative e urbane, ed è quindi con grande amarezza che prende atto dell’offesa alla realtà storica fatta dalle dichiarazioni di Boric, che vuole “smitizzare” gli enormi risultati ottenuti dalla Unidad Popular nelle condizioni allora date.

Vale la pena di riportare qua le parole di Lawner sulla Unidad Popular:

Il prestigio di Allende è dovuto alla capacità di aver realizzato le grandi trasformazioni promesse nella sua campagna elettorale, nel pluralismo, nella democrazia e nella libertà, come lui stesso ha più volte affermato.

Il Parlamento cileno ha approvato all’unanimità la nazionalizzazione delle grandi compagnie nordamericane proprietarie dei giacimenti di Calama, Sewell ed El Salvador. È stata creata Codelco [ndt: compagnia nazionale del rame] e, nonostante le severe restrizioni imposte dagli Stati Uniti, si è riuscita ad incrementare la produzione mineraria.

Avevamo promesso di portare a termine la Riforma Agraria, ponendo fine al latifondo cileno che teneva inutilizzati i migliori terreni seminativi, e lo abbiamo fatto.

Avevamo promesso di costruire 100.000 case durante il primo anno di governo, destinate preferibilmente ai settori a basso reddito, e lo abbiamo fatto.

Abbiamo promesso di dare gratuitamente mezzo litro di latte al giorno a ogni bambino cileno, e l’abbiamo fatto.

Abbiamo promesso di aumentare le retribuzioni dei lavoratori e nel 1971 la partecipazione percentuale delle retribuzioni al lavoro era del 61,7% del reddito geografico, un tasso non noto in precedenza in Cile.

Avevamo promesso di rendere possibile il riposo a tutti i settori che prima non avevano mai potuto godersi una vacanza (che nelle nostre Prime 40 Misure chiamiamo turismo popolare), e lo abbiamo fatto. In un anno abbiamo completato 16 Stabilimenti Balneari Popolari situati nelle migliori spiagge del Cile.

Abbiamo promesso di facilitare la lettura per tutti i cileni e abbiamo creato l’Editoriale Quimantú, che ha iniziato a pubblicare le migliori opere di scrittori cileni e stranieri, in tirature fino a 60.000 copie, per il valore di due pacchetti di sigarette.

In 275 giorni, abbiamo costruito l’edificio più bello mai costruito in Cile: UNCTAD III, che ha stupito i 3.000 delegati stranieri presenti a tale incontro, per l’eccezionale integrazione tra Arte e Architettura.

Potrei continuare ad elencare numerosi altri successi, ma non rientrano in questa breve colonna. Ripeto: abbiamo fatto tutto nel pieno rispetto delle istituzioni pubbliche, cosa che naturalmente ha suscitato la feroce reazione dei settori oligarchici che hanno visto lesi i loro oscuri interessi e hanno cominciato, prima che Allende si insediasse, a cospirare per rovesciare il governo, in complicità con il Dipartimento di Stato nordamericano e il suo braccio esecutivo: la CIA.

L’esperienza di Allende si basava sulla tesi della costruzione di un modello di società socialista attraverso mezzi pacifici, a lungo elaborata dalle organizzazioni politiche della sinistra cilena.(https://radio.uchile.cl/2023/06/16/boric-y-la-up/)

La posizione ormai apertamente revisionista assunta da Gabriel Boric viene chiaramente denunciata anche da Marcos Roitman Rosenmann, cileno, accademico alla Complutense di Madrid che ha collaborato con l’avvocato Joan Garcés alla strategia che portò in tribunale Pinochet.

Qui di seguito un suo articolo che ripercorre gli eventi che dal 29 giugno 1973 arrivano, con la complicità della Democrazia Cristiana e il tradimento di alcuni generali, alla tragica conclusione dell’11 settembre.

Cile 1973-2023. Dal tradimento di Pinochet alla spudoratezza di Gabriel Boric

L’attuale presidente del Cile, Gabriel Boric, fa sua la posizione della destra intellettuale cilena che accusa la Unidad Popular per il colpo di Stato e di incapacità nel momento di costruire un ampio consenso. Si sente a suo agio in questa posizione. L’obiettivo è quello di mantenere il punto sul fatto che Allende e il suo governo non sono stati in grado di creare consenso.

Una post-verità installata nelle menti delle nuove generazioni politiche che oggi al governo prendono le distanze dal progetto politico che ha significato per il Cile il momento della confluenza del movimento popolare in una proposta capace di cambiare e torcere il braccio del capitalismo dipendente.

L’impudenza di Gabriel Boric si basa sul testo di Daniel Mansuy: Allende, la sinistra cilena e l’U.P. Non c’è voluto molto per trovare una risposta a quella bugia. È stato Miguel Lawner a sottolineare che: “Il presidente Gabriel Boric ci raccomanda di leggere il libro…di Mansuy…, nipote dell’ex ammiraglio Ismael Huerta, uno dei principali istigatori del colpo di Stato… Sono profondamente addolorato, ma non posso tacere davanti all’offesa recata alla memoria storica. L’apprezzamento di Salvador Allende è universale ed è ben lontano, lontanissimo dal corrispondere a un mero mito, generato pagando con la propria vita la fedeltà alle istituzioni democratiche”.

Boric vuole riscrivere la storia, negare i fatti e fare sua la narrazione del fallimento e della sconfitta politica dell’U.P.

Ma facciamo un po’ di memoria: Dopo mille giorni di assedio, la borghesia cilena, i partiti politici di destra e il governo Nixon-Kissinger, rompono la funzione non deliberativa delle forze armate. Tra il 29 giugno 1973, data del fallito putsch, e l’11 settembre non riposano. La Contraloría General de la República [ndt: preposta a salvaguardare il principio di legalità costituzionale degli atti delle istituzioni], in mano alla Democrazia Cristiana, dichiara parzialmente incostituzionale il decreto che formava i tre settori dell’economia, sociale, misto e privato.

L’8 luglio i presidenti del Senato, Eduardo Frei Montalva e della Camera dei Deputati, Luis Pareto, hanno redatto un comunicato in cui si legge: il governo “intende imporre uno schema ideologico e programmatico che la maggioranza del Paese rifiuta”.

Il 27 luglio l’estrema destra ha assassinato il Capitán de Navío [ndt: uno dei più alti gradi della Marina Militare cilena] e assistente personale del presidente, Arturo Araya Peeters, e il 22 agosto la Camera dei deputati, controllata dall’opposizione, ha puntualizzato: “è un fatto che l’attuale governo della repubblica, sin dal suo inizio, ha cercato di conquistare il potere con l’ovvio scopo di sottoporre tutte le persone al più stretto controllo economico e politico da parte dello Stato e ottenere così l’instaurazione di un sistema totalitario, assolutamente opposto al sistema rappresentativo che la Costituzione istituisce; che a tal fine il Governo non è incorso in isolate violazioni della Costituzione e della legge, ma ne ha fatto un sistema permanente di condotta, (…) violando abitualmente le garanzie che la Costituzione assicura a tutti gli abitanti del repubblica e permettendo e sostenendo la creazione di poteri paralleli, illegittimi, che costituiscono un gravissimo pericolo per la nazione, con tutto ciò ha distrutto elementi essenziali del quadro istituzionale e dello Stato di Diritto”. Invita quindi le forze armate a intervenire, “…al fine di… assicurare l’ordine costituzionale della nostra Patria…”.

Il giorno prima, il 21 agosto, donne di “Potere Femminile”, militanti della Democrazia Cristiana, del Partito Nazionale e di Patria y Libertad [ndt: formazione di estrema destra], hanno accompagnato le mogli dei generali a casa del comandante in capo dell’esercito Carlos Prats e l’hanno insultato, chiamandolo codardo, sollecitando l’intervento delle forze armate per rovesciare il governo costituzionale. Il giorno successivo, il generale Prats presenta le sue dimissioni. Nella lettera si legge: “Avendo constatato nei giorni scorsi che coloro che mi denigravano erano riusciti a turbare i criteri di un settore degli ufficiali dell’esercito, ho stimato… di non diventare un fattore di rottura della disciplina e di alterazione dello Stato di Diritto”

Guillermo Pickering, comandante delle scuole militari e Mario Sepúlveda, comandante della seconda divisione (Santiago), generali con comando di truppa, si dimettono in solidarietà con Prats. Il direttore generale dei Carabineros, Jose María Sepúlveda Galindo, rimane fermo. Starà con il presidente a La Moneda l’11 settembre. Anche il vicedirettore Jorge Urrutia e i generali Rubén Álvarez e Orestes Salinas non cedettero al golpe, i ribelli ricorsero a un mediocre generale, sesto nella catena di comando, Cesar Mendoza. Nella Marina, il suo comandante, Raúl Montero, sarà trattenuto a casa sua.

Agli ammiragli Daniel Arellano, Hugo Poblete Mery, al capitano René Durandot e al tenente Horacio Larraín, costituzionalisti, viene tolto il comando, e Toribio Merino si autoproclama capo della Marina e sequestra il comandante in capo della Marina, Raúl Montero. Pinochet, un codardo che ha giurato fedeltà, si unisce al putsch. Brady, generale golpista al comando della guarnigione di Santiago, garantisce la mobilitazione delle truppe. Il colpo di stato è consumato l’11 settembre. L’esercito e l’aviazione bombardano La Moneda. Inizia l’arresto e l’assassinio di dirigenti e militanti della Unidad Popular.

Ciò che ha portato al colpo di Stato non è stato il fallimento delle politiche del governo di Salvador Allende, piuttosto sono stati i suoi successi. Perché fare un colpo di Stato se il progetto è un fallimento ed è già sconfitto? Ma questa verità comporta due virtù, che mancano a Gabriel Boric e al suo governo: l’onore e la dignità.

 

*Marcos Roitmann (Santiago del Cile 1955) è professore di ruolo presso l’Università Complutense di Madrid. Ha collaborato con l’avvocato Joan Garcés alla strategia che portò in tribunale il dittatore Pinochet. È autore di diversi libri sull’America Latina: Con la ragione o con la forza, Storia e memoria dei Colpi di Stato, Dittature e Resistenze in America Latina, XXI Secolo. La sua firma compare su prestigiose testate internazionali come Le Monde Diplomatique.

 

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