“È il nostro modo di essere perché ci hanno levato tutto” Non si placa la reazione popolare in seguito alla morte di Nahel M., il 17enne ucciso la mattina di martedì del 27 luglio a Nanterre, nella periferia parigina nord-occidentale, da un agente di polizia che gli ha sparato “a bruciapelo” durante un controllo poliziesco.
Il quotidiano Le Figaro ha rivelato che l’agente in questione – ora in detenzione provvisoria – era stato premiato più volte nella sua carriera, l’ultima delle quali (nel 2020) per il “coraggio” dimostrato durante le mobilitazioni dei Gilets Jaunes.
Il Ministro dell’Interno Darmanin ha mobilitato per la notte di giovedì ben 40 mila agenti su tutto il territorio nazionale, di cui 5 mila nella sola Parigi, senza che per ora sia stato dichiarato “l’etat d’urgence”, come richiesto a gran voce tra l’altro dal leader dei gollisti di LR, E. Ciotti, e dall’estrema destra di Zemmour.
Valérie Pécresse, presidente della regione di L’Ile-de-France (di fatto l’area metropolitana parigina) ha dichiarato che tram e bus resteranno fermi dalle 21 in poi, circolerà solo la RER e la metro.
Lo “stato d’urgenza” era stato promulgato nel 2005 quando a seguito della morte di due ragazzi – Zeyd Benna e Bouna Traoré – a Clichy-sous-Bois, sempre nell’hinterland della capitale francese, in seguito ad un inseguimento poliziesco due ragazzi rimasero folgorati per avere cercato riparo in un edificio adibito a centrale elettrica.
L’Esagono conobbe alcune settimane caratterizzate da continui scontri notturni nelle periferie di diverse città. Un avvenimento che ha marcato profondamente la coscienza degli abitanti dei quartieri popolari, facendo emergere una profonda spaccatura fin qui non ricomposta con l’establishment politico, e che dopo questi quasi due decenni hanno visto peggiorare le proprie condizioni di esistenza.
L’estensione e l’intensità della reazione, già dalla seconda notte, fanno presagire uno scenario simile a quello del 2005 ma in un contesto diverso, perché il corpo sociale (non solo gli abitanti delle periferie) ha conosciuto sulla propria pelle la repressione nei vari movimenti di lotta che si sono succeduti, almeno dalla fine del quinquennio Hollande in poi.
Il processo di delegittimazione del potere politico e delle istituzioni della V Repubblica è ulteriormente avanzato a causa delle blindature che le élites continentali “con passaporto francese” hanno imposto sulle scelte strategiche che hanno impattato ed impatteranno pesantemente sulle condizioni di vita della popolazione.
Ossial’ennesima riforma pensionistica, il precedente stravolgimento dell’istituto dell’assurance-chomage, e recentemente, una legge che mina in profondità il diritto all’abitare stabilendo pene carcerarie e pecuniarie esorbitanti per chi occupa un alloggio, o semplicemente agita l’occupazione come strumento di lotta.
Non ultimo, siamo in un contesto di guerra sia sul fronte esterno – in Ucraina ma non solo – ed interno, dove i margini di azione politica vengono annichiliti a colpi di provvedimenti dell’esecutivo, come dimostra lo scioglimento del collettivo ecologista Les soulèvements de la terre.
L’inflazione in Francia, proprio come in Italia, continua a mordere ed è attorno alle due cifre, senza che a questa sia corrisposto un adeguamento salariale consistente. Una situazione in cui anche lo SMIC, ossia il salario minimo intercategoriale, se basso, può poco per ciò che riguarda l’impoverimento crescente di una fetta sempre più ampia della popolazione.
In questo contesto assistiamo sempre più ad una polarizzazione netta del campo politico con i conservatori che vanno a braccetto con l’estrema destra, influenzando in profondità la Macronie.
Il neofascismo prende sempre più spazio, banalmente comprandosi testate giornalistiche di rilievo, come è accaduto con il quotidiano sportivo Paris-Match e quello domenicale JDD, acquistati dal gruppo Vivendi, di proprietà di Bolloré, il magnate che ha di fatto creato il fenomeno Zemmour, cometa neo-fascista riapparsa nei cieli della politica dopo le elezioni presidenziali proprio in questi giorni.
Dall’altra parte abbiamo il campo della sinistra radicale della NUPES che, nonostante le differenze al suo interno ed alcuni posizionamenti “ballerini” sulla politica internazionale – comunque la LFI rimane per l’uscita dalla NATO della Francia e critica l’operato della UE “da sinistra” – sa da che parte stare.
Ovvero nei picchetti degli operai in sciopero sgomberati dalla polizia durante le mobilitazioni contro la riforma delle pensioni, nei commissariati quando vengono arrestati gli attivisti nel corso delle manifestazioni, al fianco dei manifestanti anche quando si mettono in campo pratiche di azione diretta come per esempio a Sainte-Soline contro il progetto di megabacini idrici, nella marche blanche lanciata dalla madre del 17-enne ucciso, e così via, oltre a fare una opposizione reale e non di facciata in Parlamento.
E’ sempre bene ricordarlo: la Nupes ha fatto incetta di voti proprio nelle periferie, tra i giovani e la “knowledge class”, senza però riuscire ad arginare l’astensionismo.
Insomma niente a cui spartire sul piano della pratica, qui in Italia, con l’inconsistenza della dirigenza del M5S o dell’Alleanza Verdi-Sinistra.
Ciò che colpisce in questi giorni, nelle varie interviste uscite sui diversi organi di informazione che fanno “inchiesta” tra gli abitanti di Nanterre, è il livello di coscienza che fa emergere quanto la Francia in alcune suoi territori sia di fatto uno “Stato Fallito” non più in grado di assicurare un granché ai suoi cittadini.
Non esiste più un’istruzione di qualità, non più un impiego, non più un alloggio dignitoso, e nemmeno il diritto alla vita.
Una Francia dove l’ascensore sociale si è rotto da tempo e nessuno vuole o sa ripararlo, con un razzismo strutturale dove la linea del colore determina se in caso di mancato stop ad un controllo di polizia vieni “freddato” o meno, oltre ad essere ancora uno stigma come una “colonia interna”.
Una Francia dove sta riemergendo uno zoccolo duro reazionario – chiamiamolo “fascismo plurale” – non relegato ai margini della politica, ma che ha una sorta di potere di veto sulle scelte di fondo dell’esecutivo, comunque ascrivibili motu proprio ad una versione molto autoritaria del neo-liberalismo e del “neo-colonialismo interno”.
L’imponente marcia a Nanterre – più di 6mila secondo le sottostimate cifre ufficiali – svoltasi ieri pomeriggio precede una notte di sommosse che è l’unico linguaggio che rende visibili gli esclusi.
Come ha affermato un ragazzo di Nanterre intervistato da Mediapart: “I media hanno cercato di infangare la memoria di Nahel cercando di accollargli dei precedenti giudiziari inesistenti. Senza il video registrato da un testimone, la versione dei poliziotti che hanno affermato di essere stati investiti dall’auto, avrebbe avuto la meglio.
E così, perché delle celebrità come Omar Sy hanno preso la sua difesa, che è “buono” venire a farne il suo ritratto.
Voi cercate tutti di fare degli scoop su di un morto. Giocate ad avere un’ informazione che un altro non avrà. Forse si sarebbe dovuti venire a vedere prima a capire come è cresciuto, come lo Stato ci ha trattato nelle nostre cités, come la polizia ci maltratta“.
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Giovanna Tripodi
senza un partito popolare di ispirazione marxista questi movimenti durano poco e si riducono a pericolosi sfoghi di rabbia ( giusta ma inconcludente ).
Emiliano
il problema non è la caduta ma l’atterraggio….