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La “guerra asimmetrica” dell’Ucraina, con i droni una tantum

Dal punto di vista di chi sceglie di combatterle, le guerre asimmetriche sono sempre vantaggiose perché le aspettative sono molto basse e ogni colpo messo a segno, di qualsiasi rilevanza, acquista grande significato e con poca spesa (un IED, un camion bomba o, come in questo caso, droni aerei o acquatici) è possibile creare problemi, sia mediatici che pratici, a un avversario meglio piazzato.

Il rovescio della medaglia, naturalmente, è proprio questo: le guerre asimmetriche vengono combattute da chi non ha la possibilità di impensierire realmente il proprio avversario con metodi convenzionali, cioè con scontri militari sul campo.

Non è un caso che l’aumento di questo tipo di attacchi, da parte ucraina, avviene dopo che la controffensiva sul fronte non è riuscita a raggiungere gli obiettivi prefissati.

Certo, nulla impedisce di utilizzare queste tattiche insieme alla controffensiva, per provocare ulteriori problemi alla Russia, e probabilmente il piano originario era questo: ma al momento la controffensiva latita e si fa ricorso dunque solo a queste azioni che hanno grandissima risonanza dal punto di vista mediatico, anche se la loro efficacia pratica è limitata.

Qualche finestra rotta a Mosca e una nave danneggiata a Novorossijsk (nella foto 1, la Olenegorsky Gornyak è appoggiata a un rimorchiatore per evitare che si sbilanci a sinistra, dove è stata colpita) non compensano la mancanza di una breccia nelle linee difensive russe, ma aiutano a “vendere” l’idea che la Russia sia impreparata e indifesa, e che i droni ucraini possano colpire a piacimento qualsiasi obiettivo.

Questo è parzialmente vero – non qualsiasi obiettivo ma parecchi, e anche a lunga distanza. Mosca è raggiungibile, così come i porti russi sulla costa orientale del Mar Nero, almeno quelli più vicini alla Crimea; così come è raggiungibile, e si è visto da poco, il ponte di Crimea e la Crimea stessa.

Del resto, che i droni siano un problema molto grosso per qualsiasi difesa non lo scopriamo ora: se mi è consentita una battuta, si chiamano infatti difese “antiaeree”, “antinave” e “antisommergibile”, non “antidroni”.

L’architettura di difesa va ripensata e va ripensata soprattutto la distanza alla quale ci si può ritenere sicuri. Questo, naturalmente, vale per tutti i contendenti (abbiamo visto che anche i droni russi tendono ad essere piuttosto efficaci) e vale anche per chi contendente non è: mi chiedo l’Italia che tipo di difese antidrone abbia predisposto o stia predisponendo. Credo che il numero sia zero.

Dal punto di vista pratico la Russia prenderà le sue contromisure, che poi sono molto low-tech: reti di metallo a protezione degli ingressi dei porti, più marinai di vedetta e l’aggiunta di qualche mitragliera alle navi, anche a quelle come la Olenegorsky Gornyak, appunto quella colpita l’altra mattina, che sono – sì – appartenenti alla flotta militare, ma sono navi da trasporto e da sbarco e sono pochissimo armate (2 cannoncini binati da 57 mm, uno a poppa e uno a prua, 4 lanciamissili Strela da 8 missili e 2 lanciarazzi A-215 Grad-M da 22 razzi, tutte armi inadatte a fronteggiare minacce provenienti dal mare.

A finale“, come dicono dalle parti mie, è un traghetto SNAV corazzato che trasporta 450 tonnellate di materiale).

Tutto questo non sarà però sufficiente, soprattutto se, come appare molto probabile, il ricorso a questi metodi di attacco si intensificherà da parte ucraina. Credo che molti nello stato maggiore russo stiano ponendosi seriamente il problema della sicurezza strategica, visto che la Russia ha iniziato questa guerra proprio per questo motivo, a parte le amenità sulla “denazificazione” e sulla protezione degli abitanti del Donbas.

Finché all’Ucraina rimane costa, nessuna nave russa è al sicuro e non è al sicuro la Crimea e le sue linee di trasporto. Il che pone il comando russo di fronte a un problema complicato: accettare le perdite – che finora, come abbiamo visto, non sono elevate – e continuare con la propria strategia di erosione dell’esercito e dell’economia ucraina finché non perderà la sua capacità di difesa, o intraprendere una campagna complicata e costosa, sia in uomini che in materiale?

Il comando e la leadership russa sono molto contrari alle perdite, lo abbiamo detto tante volte, per motivi pratici e di politica interna (difficoltà a rimpiazzare i caduti senza mobilitare altri soldati, cosa che avrebbe ricadute pesanti sull’economia e, forse, sul morale della popolazione).

Ma anche queste sono perdite. Se gli attacchi di questo tipo dovessero continuare e magari ottenere risultati migliori, la linea dell’azione di forza potrebbe passare.

Chiudo con Repubblica, ovviamente. Mentre TUTTE le testate mondiali, anche quelle ucraine e le altre italiane tipo Corriere e La Stampa, segnalano che la Olenegorsky Gornyak è stata danneggiata e rimorchiata in porto (vedi sempre la foto 1), Repubblica titola come si vede nella seconda foto: “Affondata la nave d’assalto Olenegorskij Gornjak“.

Se si va a leggere l’articolo, però, ci si trova di fronte al capolavoro (foto 3): l’attacco ha provocato “l’affondamento della nave d’assalto anfibia ‘Olenegorskij Gornjak’, che si sarebbe appoggiata su un fianco e sarebbe stata poi trainata in secca prima che colasse a picco“.

Quindi non è affondata. È come titolare “X morto di infarto” e poi scrivere nell’articolo “è stato poi ricoverato prima che morisse“. Pezzo firmato, eh. Dall’inviato Paolo Brera, che sostiene di essere a Izmail e che, evidentemente, non ha letto il capitolo 9 del Περί ἑρμηνείας di Aristotele, appunto a proposito di battaglie navali.

PS – possibilissimo che i danni subiti siano tanto gravi da far decidere in futuro per la rottamazione della nave. Il senso del discorso non cambia.

*****

Correttamente, Marinetraffic segnala come ultima posizione della petroliera russa Sig il braccio di mare dove è stata colpita ieri sera, perché ha poi smesso di navigare autonomamente (nella prima foto, il drone ucraino in avvicinamento).

Altrettanto correttamente, nella scheda della nave la dà nel porto di Kavkaz, quello più vicino, dove è stata rimorchiata (foto 2).

Non si segnalano vittime o feriti tra i membri dell’equipaggio, solo danni allo scafo: la terza foto (mi scuso per quel watermark enorme, purtroppo non posso rimuoverlo) mostra la sala macchine allagata.

Può essere una coincidenza (raramente lo è, in queste circostanze) ma non è la prima volta che la Sig è sotto attacco dei droni marini ucraini: martedì 1 agosto era stato segnalato un attacco senza successo a due navi da guerra, i pattugliatori “Vasily Bykov” e “Sergey Kotov”, provenienti dalla Siria.

Assieme a loro c’era appunto la Sig, che martedì nessuno aveva considerato come il bersaglio dell’attacco ma che, a questo punto, dobbiamo credere lo fosse.

Si tratta ad ogni modo di una nave civile, anche se trasportava carburante per il contingente militare russo in Siria, il che, stiracchiando un po’ la definizione di “dual use“, potrebbe con molta generosità farla considerare un bersaglio militare.

Alcune considerazioni.

La prima, immediata: finora la Russia non ha colpito navi civili che trasportavano merci o carburante in Ucraina, né nel Mar Nero né, ovviamente, altrove, né ucraine né, ovviamente, di paesi terzi.

È chiaro che l’attacco alla Sig è di un ulteriore tentativo, da parte ucraina, di allargare il conflitto, sperando che finalmente passi la “linea-Medvedev” (urla belluine, missili sparati a caso) e la Russia affondi qualche nave che trasporta Bradley per l’Ucraina, magari statunitense e in mezzo all’Atlantico. Ovviamente nulla di tutto questo accadrà.

La seconda: bisogna vedere se ci saranno altri attacchi a navi mercantili. Perché se passa il principio che le navi mercantili si possono colpire impunemente fintanto che sono russe, qualche ritorsione ci sarà, e abbiamo già verificato come la capacità russa di fare danni all’Ucraina è parecchio superiore a quella ucraina di farne a lei.

La terza: non credo sia un caso che sia stata colpita la Sig, credo che abbia invece molta importanza il fatto che fosse utilizzata per rifornire il contingente russo in Siria. È probabile che o l’Ucraina abbia agito da proxy occidentale per danneggiare la logistica russa in quel teatro, o che sempre nell’ottica di provare ad allargare il conflitto speri in qualche ritorsione russa in quella zona, dove la situazione è abbastanza tesa tra il contingente russo e quello statunitense.

Ma siccome, appunto, allargare il conflitto conviene all’Ucraina ma non alla Russia, nemmeno questa cosa succederà anche se mi aspetto a breve che qualche drone USA non ritorni alla base, in Siria o sul Mar Nero. Ma abbiamo già visto che questo non è sufficiente a fare entrare gli Stati Uniti nel conflitto, ovviamente.

La quarta: nell’arco di 24 ore sono state colpite due navi dallo stesso modello di drone, ed entrambe non sono affondate. Se non fossero state rimorchiate è probabile che lo avrebbero fatto, ma ad ogni modo il carico bellico dei barchini ucraini, che pare essere 400-450 chili di esplosivo, non sembra sufficiente ad affondare una nave, che sia da guerra o civile, sebbene le petroliere siano bestie belle grosse e non è facilissimo tirarle a fondo (per fortuna).

Anche per i droni vale dunque la regola del “due su tre” che si applica ai carri armati: non è possibile che le tre caratteristiche più importanti siano tutte e tre presenti in massimo grado.

Per i carri sono velocità, corazzatura e armamento, per i droni – navali e aerei – autonomia, dimensioni e carico esplosivo. Se li vuoi piccoli, per evitare che non vengano scoperti, e in grado di colpire a lunga distanza, non puoi ovviamente metterci su una tonnellata di esplosivo.

È vero che così rischi di fare pochi danni, ma abbiamo anche già detto che lo scopo principale di queste operazioni è quello di occupare lo spazio mediatico, operazione anche oggi perfettamente riuscita.

Infine, siccome la pubblicità è l’anima del commercio, credo vada segnalato come tre giorni prima dell’attacco del 2 agosto la CNN abbia diffuso un servizio in esclusiva sui droni navali ucraini: https://edition.cnn.com/…/ukraine-drones…/index.html.

PS – siccome mi è capitato di sentire anche questa, no, “Sig” non ha niente a che vedere col nefasto motto, che tra l’altro si scrive “Sieg”. Сиг in russo significa lavarello (è un pesce).

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1 Commento


  • Marzo Carlo

    Una delle spiegazioni “russe” sul perché sia stata attaccata una petroliera è quella di provocare un disastro ambientale che colpirebbe principalmente le coste delle vacanze dei Russi.

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