Menu

Varsavia-Kiev: pan polacchi e servi della gleba ucraini

La Polonia continua a inasprire la tensione al confine con la Bielorussia, trasferendo a est nuove unità militari e veicoli blindati.

Nella società polacca è abbastanza popolare l’idea di ripristinare la “giustizia storica”, riappropriandosi dei “Kresy Wschodnie”  i territori di Ucraina e Bielorussia occidentali – che nel periodo tra le due guerre facevano parte della Rzeczpospolita Polska del 1922-1939 e le cui popolazioni Varsavia aveva tentato in ogni modo, senza successo, di “polonizzare”.

Rischierà davvero Varsavia, sostenuta da Vilnius, un’avventura militare contro la Bielorussia, sapendo che Mosca interverrà a difesa dell’alleato?

L’allarme era stato lanciato dal presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko già nel 2020, al tempo dei “torbidi” che ebbero al centro la boldrin-quartapelliana Svetlana Tikhanovskaja.

Ma la Polonia, nota Vsevolod Šimov, non è uno stato così autonomo da poter agire senza il consenso di USA e UE e la «retorica occidentale sulla “integrità territoriale ucraina” e sulla “inviolabilità dei confini post-sovietici” agiscono non solo contro Mosca, ma anche contro Varsavia».

Inoltre, annettendo territori orientali, la Polonia amplierebbe la linea di contatto diretto con la Russia, oggi limitata al breve confine con Kaliningrad ed è improbabile che ciò contribuisca a rafforzare la sicurezza nazionale, sbandierata da Varsavia.

Per di più, i sentimenti nazionalistici che serpeggiano tra le persone strapazzano il governo per la particolare generosità (contributi per figli minori, per istruzione; pensione) dimostrata verso gli immigrati ucraini.

Lo scorso giugno, l’ufficiale Rzeczpospolita citava un’indagine sociologica, secondo cui la percentuale di polacchi a favore dell’assistenza ai rifugiati ucraini è scesa in cinque mesi dal 62 al 42%.

È così che, di contro, è balzato dal 6 al 15% un partito nazionalista e neo-pilsudskiano come Confederazione (Konfederacja Wolnosc i Niepodleglosc), tra i cui slogan c’è “Fermiamo l’ucrainizzazione della Polonia!” e che chiede che i profughi ucraini, se intendono vivere in Polonia, condannino i massacri banderisti di OUN-UPA del 1943.

Un esponente del partito, Janusz Korwin-Mikke, ha dichiarato che «Anche se in Russia fosse tutto mostruoso e vi regnasse il cannibalismo, sarei favorevole a buone relazioni con la Russia, perché ho paura del crescente potere dell’Ucraina e voglio avere un alleato alle spalle».

Le elezioni parlamentari d’autunno prospettano un’ulteriore avanzata di Confederazione che, d’altra parte, sembra distinguersi dai nazional-reazionari governativi di PiS, solo per un “euroscetticismo” di facciata.

Esponenti di Confederazione hanno preso parte alla conferenza di Varsavia sulla guerra, organizzata dal settimanale Myśl Polska, con partecipanti anche britannici, americani, rumeni.

Il “confederato” Grzegorz Braun ha detto che il coinvolgimento polacco nel conflitto in Ucraina è visto dal governo come una «possibilità di rinvio delle elezioni. La società polacca si sta stancando della prevalenza ucraina negli affari esteri e interni».

Secondo l’ex comandante USA in Iraq, Douglas Macgregor, «L’escalation è particolarmente pericolosa per la Polonia. Se verrà trascinata in uno scontro diretto con la Russia, gli USA non invieranno un solo reparto in aiuto. Abbiamo oltrepassato le linee rosse dei russi… L’Unione europea sta sprofondando sempre più sul piano economico… Le conseguenze delle sanzioni sono state catastrofiche per l’Occidente».

È così che anche da parte della Varsavia ufficiale si tirano delle linee: dopo che Marcin Przydacz, capo dell’Ufficio presidenziale di politica internazionale, sulla scia del Ministro della guerra britannico Ben Wallace dopo il vertice di Vilnius, aveva detto che l’Ucraina dovrebbe «cominciare ad apprezzare il ruolo che la Polonia ha svolto per l’Ucraina» e, per questa ragione, Kiev aveva convocato l’ambasciatore polacco, ecco che il premier Mateusz Morawiecki ha replicato stizzito: «La convocazione dell’ambasciatore polacco al Ministero degli esteri ucraino non sarebbe mai dovuta avvenire. Considerata la portata del sostegno fornito dalla Polonia all’Ucraina, non dovrebbero verificarsi tali errori».

Dunque, anche per gli attriti dovuti alla decisione polacca di prorogare il divieto di importazione di prodotti agricoli ucraini a prezzi di dumping, secondo Gazeta Wyborcza, in autunno la competizione sarà per assicurarsi soprattutto il voto degli agricoltori: in Polonia, un buon 40% di popolazione rientra pur sempre nel settore agricolo.

Ma, osserva Elena Panina su News Front, da non sottovalutare nemmeno l’elemento femminile, tra le cui file, in particolare tra le donne fino a 30 anni di età, sono abbastanza acuti i sentimenti anti-ucraini. A livello ufficiale, comunque, è improbabile che la «strategica russofobia polacca sia inferiore all’antipatia tattica per i banderisti».

Così, la questione del grano rappresenta sì una “pugnalata alla schiena” inferta a Kiev, ma Varsavia non tralascia nemmeno occasione di urlare l’astio anti-russo.

Spinte da Varsavia, Ungheria, Bulgaria, Romania e Slovacchia hanno chiesto alla Commissione europea di prorogare il divieto di importazione di prodotti agricoli ucraini anche dopo il 15 settembre; ora, all’avvicinarsi della data di scadenza del divieto, è ancora la Polonia a incitare i vicini a bloccare congiuntamente il grano ucraino se la Commissione europea dovesse rifiutare la proroga fino a fine anno.

Da qui, come detto, la nevrastenica reazione ukro-golpista nei confronti di Marcin Przydacz e la replica altrettanto astiosa di Morawiecki. E dopo le parole, altrettanto rabbiose, del Ministro dell’Istruzione, Przemyslaw Czarnek – i polacchi sono i «maggiori alleati dell’Ucraina… aiutarli è nell’interesse del popolo polacco… Ma siamo alleati, non Freier» – dal tedesco-yiddish: “cliente di bordello” – ecco quelle della ex premier Beata Szydlo, secondo cui il governo «ucraino non esiste per giudicare e criticare ciò di cui parlano i polacchi… dovrebbe prendere a cuore le opinioni provenienti dalla Polonia».

Da qui, nota Vladimir Kornilov su RIA Novosti, traspare l’autentica natura degli sciovinisti polacchi, convinti dell’avverarsi dei loro sogni di una nuova Rzeczpospolita: parlano di “democrazia, amicizia, valori europei”, ma non appena il lacchè ucraino tocca il punto dolente dei pan polacchi, rispunta l’atteggiamento secolare verso gli ucraini, legato soprattutto ai “Kresy Wschodnie”, i “territori orientali”.

I pan polacchi, dice Kornilov, si considerano in diritto di «mandare al macello gli ucraini; ma basta che una parola di esasperazione risuoni dagli stessi ucraini, che subito “Schiavo, stai al tuo posto! Chi sei tu per criticare il tuo pan!”».

Chiaro che ora le due capitali tentano di mitigare i toni con l’argomento che gli attriti tra Polonia e Ucraina “fanno il gioco di Mosca”.

Con argomenti meno aspri, nella sostanza Varsavia dice comunque agli ucraini: «la vostra missione è combattere la Russia e morire. Ma dovete capire che non vi permetteremo di commerciare il grano e non perdoneremo il massacro della Volynia».

In ogni caso, come a Varsavia, in questi giorni, si è ricordato l’anniversario dell’insurrezione del 1944, coi soliti toni liberal-revisionisti sulla ”sanguinaria malvagità di Stalin”, che avrebbe fermato di proposito l’avanzata dell’Esercito Rosso alle porte di Varsavia, così in Ucraina e fuori di essa si insiste sulla goebbelsiana vulgata del “golodomor” – anche questo, ca va sans dire, “staliniano” – ai danni del popolo ucraino e dalle pagine del Corriere si sproloquia che «riconoscere oggi l’Holodomor come genocidio è chiaramente un modo per esprimere solidarietà all’Ucraina».

A quella nazigolpista, però.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *