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El Salvador, la moderna autocrazia del politico twittero elevata a modello

E dire che Nayib Bukele veniva dalle fila della ex guerriglia del Frente Farabundo Martì (Fmln). Suo padre aveva avuto persino un ottimo rapporto col leader del Partito comunista salvadoregno, comandante Schafik Handal. Forse anche perché erano tutti di origine palestinese, di Betlemme, da dove la famiglia Bukele emigrò un secolo fa.

Sta di fatto che Nayib, 41 anni, ha iniziato la sua carriera politica nel 2012 come sindaco del municipio di Nueva Cuscatlán; per essere eletto nel 2016 primo cittadino di San Salvador.

In pratica l’unico giovane brillante sul quale il Frente aveva investito. Ma rivelatosi ben presto riottoso alle rigide e talvolta settarie dinamiche interne. Tanto da finire con l’essere espulso per una battuta non più che impertinente nei confronti di una sua consigliera comunale.

Paradosso vuole che Nayib Bukele nel 2019 sia stato eletto già al primo turno alla massima carica dello stato subentrando a due mandati presidenziali di fila del Frente (con entrambi i relativi ex capi di stato rifugiatisi nel frattempo nel Nicaragua orteguista) riducendolo elettoralmente ai minimi termini già al primo tentativo. Per poi due anni dopo stravincere anche le elezioni parlamentari col suo partito Nuevas Ideas.

L’ottenuta maggioranza assoluta dei seggi lo ha indotto un mese dopo ad operare un “mini” golpe istituzionale per assoggettare anche il potere giudiziario. Di qui la deroga incostituzionale che gli permetterà di ricandidarsi il prossimo anno. In politica estera Bukele aveva buoni rapporti con Trump; mentre ora che c’è Biden cicaleggia con la Cina.

Ma come spiegare un successo così fulminante e incontrastato? Il twittero Nayib maneggia i social come nessun altro. Entusiasma da subito le disperate giovani generazioni che sono la stragrande maggioranza della popolazione e che, come ad altre latitudini, non credono più negli antichi bipartitismi.

Col suo spigliato spirito imprenditoriale da millennial si avventura a legalizzare (primo paese al mondo) la circolazione del bitcoin. Gli va parecchio male, visto che la criptomoneta non è decollata, con investimenti di soldi pubblici andati in fumo; e nonostante il gemellaggio con la piazza finanziaria svizzera di Lugano.

Subito sterza allora sull’azzeramento della maras, le bande giovanili importate dagli Usa (che facevano di El Salvador uno dei paesi più violenti al mondo). Con loro tenta in un primo momento invano un patto di non belligeranza. Decreta allora lo stato di emergenza (tuttora vigente) ficcando dentro in un anno e mezzo 73mila giovani pandilleros (o presunti tali); violando ogni garanzia del diritto.

Sta di fatto che il numero degli assassinii nelle zone sotto il controllo della bande è precipitato. E gli abitanti di quei quartieri marginali, sollevati pure dalle pratiche quotidiane delle estorsioni, respirano.

Il consenso di Bukele supera così il 70%. Anche se sul problema originario delle disuguaglianze sociali non ha pressoché messo mano.

Insomma, la sua è un’autocrazia moderna, assurta a modello in tutto il subcontinente latinoamericano.

* da il manifesto

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